www.unimondo.org/Notizie/Le-radici-di-un-futuro-possibile-238273
Le radici di un futuro possibile
Notizie
Stampa

Foto: Venezia2022.it
Negli ultimi anni diversi movimenti critici nei confronti del sistema dominante hanno cominciato a confrontarsi e a convergere attorno a tre questioni chiave: la necessità di contrastare la crisi ecologica in uno scenario post-crescita; l’affermazione che questo processo debba procedere attraverso una prospettiva decoloniale e l’ambizione che questo obiettivo debba essere raggiunto senza riprodurre sistemi di dominio e sfruttamento (classismo, patriarcato, omotransfobia, xenofobia e razzismo, abilismo…). Immaginare un sistema economico che non rischi di riproporre schemi di dominio vuol dire decostruire costrutti culturali complessi e interiorizzati, riportare i margini al centro della discussione collettiva e dargli parola e potere.
Il 10 settembre 2022, avevo appena terminato di partecipare al convegno sulla Decrescita che avevamo organizzato a Venezia per celebrare il decennale dalla Conferenza Internazionale del 2012 (1). Quella sera siamo andati tutti inisieme verso il Venice Climate Camp per partecipare a un evento co-organizzato dalla conferenza Venezia2022 e gli attivisti dei movimenti climatici.
Le relatrici di quell’evento erano Vandana Shiva, Ilham Rawoot e Havin Guneser e il titolo della conferenza era riprodotto a caratteri cubitali su uno grosso striscione all’ingresso del campeggio: “Degrow the North, Decolonize the South, Defund Capitalism”.
Era la prima volta che vedevo in Italia la parola “Decrescita” usata al di fuori di spazi o gruppi direttamente coinvolti nel movimento. Ero piuttosto impressionato. Fui ulteriormente colpito nel trovare la parola decrescita associata al concetto di decolonialità.
In quello slogan ho trovato alcuni concetti chiave attorno ai quali sembra si stia prefigurando lo scenario di cambiamento di cui abbiamo bisogno per affrontare la crisi multilivello in cui ci troviamo.
- Un nuovo terreno di incontro
Quello che ho potuto osservare in Italia negli ultimi tre anni è che diversi movimenti critici nei confronti del sistema dominante hanno cominciato a confrontarsi e a convergere attorno a tre questioni chiave:
- la necessità di contrastare la crisi ecologica in uno scenario post-crescita;
- l’affermazione che questo processo debba procedere attraverso una prospettiva decoloniale
- e l’ambizione che questo obiettivo debba essere raggiunto senza riprodurre sistemi di dominio e sfruttamento (classismo, patriarcato, omotransfobia, xenofobia e razzismo, abilismo….).
È un processo ancora embrionale, pieno di contraddizioni e di incognite, ma si possono trovare segni concreti di questa convergenza ad esempio nell’alleanza formatasi lo scorso anno tra il movimento per il clima e il collettivo di fabbrica della ex-GKN (2) o, più recentemente, nella settimana di lotta unificata tra il movimento per il clima e il movimento transfemminista di questi giorni (3).
Decrescita, Decolonialità e Intersezionalità potrebbero essere considerati i tre concetti attorno ai quali si sta raccogliendo un movimento plurale di trasformazione.
Ma perché sono così importanti?
- Tante crisi diverse, una sola causa
Stiamo vivendo una delle epoche più incerte della storia umana, caratterizzata da una crisi multilivello su scala globale.
Una prospettiva cruciale, che dobbiamo assumere per interpretare il presente e provare a immaginare un futuro collettivo, è capire che queste crisi non sono separate l’una dall’altra e non possono essere affrontate separatamente.
Riscaldamento globale, crollo della biodiversità, aumento della povertà e delle disuguaglianze locali e globali, guerre e conflitti, colonialismo e imperialismo, sfruttamento dei lavoratori e delle donne, crisi assistenziale e della cura, pandemie virali, peggioramento della qualità della vita e della salute mentale… Questi non sono effetti evitabili di questo sistema economico, ma sono caratteristiche intrinseche del capitalismo, un’economia basata sulla massimizzazione della crescita, e conseguenze dirette del suo funzionamento e della sua storia.
Decostruendo la narrativa dominante diventa chiaro che queste crisi non possono essere affrontate all’interno dell’attuale sistema socio-economico-culturale ma è necessario immaginare una transizione verso nuovi sistemi, in grado allo stesso tempo di dare risposte a tutte queste richieste di cambiamento...