Le diseguaglianze come armi di distruzione di massa

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Secondo le nuove analisi dell'Università delle Nazioni Unite (UNU), i diritti sociali, economici e umani nel Sud del mondo sono seriamente minacciati dal crescente potere dei mercati globali e dalla sempre minore capacità dei governi nazionali di proteggere i cittadini dalle oscillazioni di mercato

Il rapporto dell'Unu ("The Globalisation of Human rights" e pubblicato per la Giornata Mondiale per i Diritti Umani) afferma che la globalizzazione ha portato benefici solo parziali quanto ai diritti umani nel mondo.

Da una parte, la globalizzazione sta incoraggiando un sentimento più ampio di comunità e di solidarietà internazionale e, sostiene il rapporto, lo si vede nell'aumento senza precedenti di azioni collettive nei conflitti locali, sotto forma di interventi umanitari.

Jean-Marc Coicaud, tra gli autori dello studio, dichiara che esiste un consenso internazionale su diritti e bisogni primari dell'uomo che attraversa i confini geo-politici, religiosi e culturali.

Ma il rapporto dice anche che le ineguaglianze sono peggiorate a causa della globalizzazione, un processo caratterizzato dall'aumento della mobilità di idee, persone, beni e capitali oltre i confini nazionali.

Henry Shue, ricercatore al dipartimento di politica e relazioni internazionali del Merton College di Oxford e co-autore dello studio, afferma: "La globalizzazione ha favorito i ricchi e i potenti, proprio perché è stata progettata dai ricchi e i potenti con questo obiettivo".

L';Unu, creata nel 1973 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e con sede a Tokio, è una comunità internazionale di studiosi impegnati in ricerca, formazione avanzata e divulgazione delle analisi relative ai nuovi problemi globali.

Mentre le disuguaglianze si aggravano, l'impegno internazionale verso i diritti umani rimane decisamente limitato. La comunità internazionale non ha ancora dimostrato un serio impegno verso i diritti umani al di là dei singoli confini nazionali, afferma Coicaud.

Negli anni la comunità globale ha speso 20 miliardi di dollari in interventi umanitari in tutto il mondo, comprese Bosnia, Ruanda e Somalia: un'inezia, se si considera che nello stesso periodo, i soli Stati Uniti hanno stanziato un budget annuale per la difesa di 280-300 miliardi di dollari.

Anche confrontato al più modesto budget annuale del Giappone per la difesa - 40 miliardi di dollari - appare chiaro che c'è una scarsa volontà da parte dei paesi ricchi di utilizzare risorse al di fuori dei propri confini sulla questione dei diritti umani, ha dichiarato Coicaud all'IPS.

E aggiunge: "I paesi sono orientati verso l'uso della forza quando pensano siano in gioco i loro interessi nazionali, ma non agiranno fuori dai propri confini nella difesa dei diritti umani".

Gli Stati Uniti non hanno esitato ad intervenire non appena hanno visto nell'Iraq una minaccia alla propria sicurezza nazionale. Coicaud sostiene che la tutela dei diritti umani non è solo una questione morale, ma è la chiave della sicurezza globale.

L'instabilità politica, le agitazioni sociali, i milioni di affamati e le masse insoddisfatte politicamente manovrabili, sono serie minacce per la sicurezza globale.

Le soluzioni non sono solo di natura militare ma richiedono una visione più ampia, continua Coicaud. E' urgente una forma di investimento che tenga conto dei diritti delle persone all'interno delle loro comunità.

Per investimento, Coicaud non intende un aumento dei rapporti commerciali, ma piuttosto una maggiore tutela dei diritti sociali e civili nel processo di globalizzazione.

Ruth Gavison, docente dell'Università Ebraica di Gerusalemme e co-autrice dello studio, afferma che gli effetti della globalizzazione sono immensi e stanno incidendo drammaticamente sul potere dei governi di alleviare le difficoltà sociali ed economiche dei cittadini.

Nelle 216 pagine del documento sono citati diversi fattori che minano il progresso sociale ed economico di molti paesi, come la mobilità di aziende, lavoro e capitale e le profonde differenze del costo del lavoro nel mondo.

I lavoratori non qualificati nel mondo sviluppato non possono competere con il costo del lavoro nei paesi in via di sviluppo. Il rapporto rileva che, mentre la produzione si sposta altrove, gli immigrati arrivano nei paesi industrializzati pronti a lavorare in condizioni che gli occidentali non ritengono più accettabili.

Un altro fattore è il processo decisionale sull'economia mondiale; Gavison ha dichiarato che "molto spesso, sono le classi benestanti di alcuni paesi a decidere, nei forum internazionali, accordi vantaggiosi per loro, al di là dell'interesse nazionale".

La dipendenza dalle tecnologie e dal capitale occidentale aumenta la vulnerabilità delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo e dei loro leader.

Coicaud ha affermato che se la globalizzazione ha ampiamente favorito l'economia della Cina, l'Africa, che non ha infrastrutture adeguate, ne è tagliata fuori.

Ed ha aggiunto che la maggior parte dei paesi africani non ha le condizioni di base, come l'alfabetizzazione e i sistemi di trasporto. Ma soprattutto mancano politiche fiscali adeguate ed efficaci per finanziare queste strutture e creare altri servizi pubblici.

Senza un sistema fiscale i paesi sono legati agli aiuti, e questo significa dipendenza, istituzioni statali lontane dalla popolazione locale, e corruzione.

Difendere i diritti è ancora più difficile senza le tasse che sostengono il sistema giudiziario e legislativo e altri servizi. Secondo gli esperti, la comunità internazionale potrebbe fare molto per migliorare la situazione.

Prima di tutto, bisogna rivedere le attuali politiche dello sviluppo che, come afferma Coicaud, non sono molto efficaci. Poi, è importante che le nazioni in via di sviluppo, e soprattutto le loro élite, si assumano maggiori responsabilità nella creazione del proprio futuro.

Queste élite possono scegliere tra innalzare alte mura per difendersi dai poveri, o aiutare a migliorare le condizioni per arrivare a conquistare i diritti individuali, compreso il diritto alla sicurezza alimentare.

"Dietro queste mura, i ricchi diventano anch'essi vittime e soffrono per la perdita dei propri diritti".

Lo stesso concetto potrebbe essere esteso alla comunità internazionale. Per garantire la sicurezza ed evitare di vivere segregati dentro recinti, i paesi ricchi devono contribuire a rafforzare i diritti civili e sociali di quelli poveri, conclude Coicaud.

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