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Lager nordcoreani: prigionieri obbligati a produrre di più per i cinesi
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Foto: Unsplash.com
Le autorità nordcoreane obbligano i prigionieri nei campi di concentramento a produrre di più. Secondo fonti in Corea del Nord di Daily NK, che ha sede nella capitale sudcoreana ed è legato al ministero per l'Unificazione del Sud, l’aumento di produzione nei lager del regime di Kim Jong-un rientra in una serie di accordi con compagnie cinesi.
I campi interessati sarebbero quelli di Kaechon and Paekto, dove questo mese gli inviati del ministero della Sicurezza sociale hanno compiuto diverse ispezioni per controllare i livelli di fabbricazione. I prodotti finiti sono di solito capi d’abbigliamento, parrucche e ciglia finte.
La produzione è ripresa dopo l’arrivo di materie prime dalla Cina, prima bloccate dalle restrizioni per il Covid-19. Subito dopo le prime avvisaglie della pandemia, Kim ha fatto chiudere i confini nazionali, compreso quello con il gigante cinese. Il lavoro forzato nei campi permetterebbe di produrre beni destinati all’export in un ambiente chiuso e controllato, riducendo così il pericolo di diffusione di contagi.
La Corea del Nord dipende politicamente ed economicamente dai cinesi. Nel 2019 il commercio bilaterale con la Cina ha rappresentato il 95,4% di quello totale realizzato dal Paese. Nel 2007 la quota era del 67,1%; a causa delle sanzioni internazionali per contenere il programma nucleare e missilistico nordcoreano, Pechino è l’unico vero partner del regime di Kim.
Per superare l’attuale crisi economica, segnata da una cronica mancanza di cibo per la popolazione, l’uomo forte di Pyongyang ha annunciato “nuove misure rivoluzionarie” per favorire lo sviluppo agricolo. L’ordine di Kim è partito durante il 4° Plenum del dell’8° Comitato centrale del Partito dei lavoratori – al potere nel Paese dalla fine della Seconda guerra mondiale – che si svolge in questi giorni...