La silenziosa crisi dell’istruzione in America Latina

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Foto: Unsplash.com

In America Latina, in tempi di pandemia, l’istruzione dei più giovani è un lusso che non tutti si possono permettere. Dopo essersi convertito nel focolaio globale del virus, con curve ancora spaventosamente in impennata e senza piani efficaci di gestione sanitaria e di ritorno alla normalità, il continente latinoamericano si trova avviluppato nell’ennesima emergenza, quella educativa. La pandemia da COVID-19 ha costretto più di 170 milioni di studenti latinoamericani (il 95% del totale) a una clausura casalinga senza lezioni faccia a faccia, trovando inoltre molti sistemi educativi e docenti impreparati alla didattica a distanza. In un contesto di cambiamento radicale nei metodi di insegnamento, gli effetti della modalità virtuale sull’aumento delle disuguaglianze educative saranno una delle principali sfide da affrontare nel continente.

Durante la pausa estiva per alcuni, le vacanze e gli intervalli dalle lezioni imposte dai vari paesi per altri, ci si domanda come sarà il ritorno alle aule, come recuperare il contatto con i ragazzi che in tanti mesi non hanno potuto frequentare le lezioni virtualmente, come colmare il divario generato tra coloro che hanno avuto questa possibilità e coloro che hanno dovuto dedicarsi ad altro. Il Banco Interamericano de Desarrollo (BID) stima che circa 1,2 milioni di studenti latinoamericani non torneranno in classe dopo la quarantena, determinando uno degli abbandoni scolastici più massicci della storia contemporanea. Di fronte alla crisi economica prolungata che si prospetta, tante famiglie in difficoltà ritengono cruciale il ruolo dei propri figli e figlie al tornaconto familiare e quindi la loro partecipazione al mercato del lavoro, quasi sempre informale.

Anche in questo aspetto la discriminazione di genere è netta: bambine e ragazze di stati socioeconomici inferiori corrono un rischio maggiore di non tornare a scuola. Nelle loro famiglie i genitori, oltre a non permettersi i costi della loro educazione, in molti casi lasciano le figlie a occuparsi della casa, della famiglia e delle faccende domestiche, mentre madri e maschi vanno a lavorare. Di fatto, le stesse ragazzine si ritrovano spronfondare in contesti rischiosi, che vanno dalla violenza e dagli abusi dentro e fuori casa, ai matrimoni precoci e alle gravidanze indesiderate.

Marcelo Pérez Alfaro, espondente del BID, alcune settimane fa sosteneva: "Secondo le nostre stime, 1,2 milioni di studenti nella nostra regione non tornerà a lezione quando le scuole riapriranno. Ció significa il 16% in più rispetto a coloro che erano già fuori dal sistema educativo”. Secondo l'economista e specialista dell'educazione, questo dato è una conseguenza del calo generalizzato del redditi, delle lacune nel livello di preparazione che avevano i sistemi educativi quando è arrivata la pandemia, e della disponibilità di strumenti e connessione a Internet delle famiglie. Ecco perché una delle principali sfide post-pandemiche sarà la ricerca attiva di studenti che hanno abbandonato la scuola e il loro reimpegno. Non ci si stanca di sottolinearlo: in un paese che perde i suoi alunni, perdono tutti.

Nonostante la maggior parte degli esperti concordino su un ritorno progressivo alle lezioni – dove gli studenti a gruppi alterneranno giorni di scuola presenziale a lezioni virtuali e cosi via -, si è espressa preoccupazione riguardo all’applicazione di questo approccio nelle aree più vulnerabili, soprattutto rurali e lontane dai centri urbani, e in America Latina ce ne sono parecchie. In queste aree, spesso, l’infrastruttura digitale non è assicurata, e i divari di apprendimento che si potrebbero generare dalla mancanza di accesso all'istruzione virtuale potrebbero essere molto pericolosi. I primi segni sono già visibili. Qui i governi nazionali giocano un ruolo determinante nel progresso tecnologico e nel miglioramento dei livelli di connettività della popolazione.

In ogni caso gli esperti ammoniscono che le lezioni virtuali non potranno in alcun modo sostituire totalmente le classi presenziali, l'apprendimento e le competenze acquisite mediante i nuovi mezzi saranno inevitabilmente inferiori alle attese. “Almeno in una prima fase il processo istruttivo sarà molto irregolare, e questa instabilità interesserà principalmente gli studenti che sono in una fase iniziale di alfabetizzazione", indicava Pérez Alfaro. Di qui la necessità di generare meccanismi per identificare le lacune educative, le disuguaglianze, ed istituire programmi di accompagnamento mirati per gli alunni più fragili. I prossimi esami PISA previsti per il 2022 daranno maggior luce sul tema.

Da queste parti, inoltre, lo scoppio della crisi, i suoi effetti più estesi nel tempo e la ricaduta sul mercato professionale incideranno ancora di più sui giovani che si apprestano ad entrarci il prossimo anno o tra due anni. Vi sarà una transizione molto più prolungata dalla scuola al lavoro, fermo restando che nell’istruzione superiore e universitaria per esempio, secondo un’indagine dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro (ILO), in America Latina un caso su sei ha dovuto interrompere i propri studi completamente, attendendo nuove disposizioni. Nella stessa indagine si è anche cercato di misurare l'impatto della crisi sulla salute mentale dei giovani, scoprendo che uno su due è "probabilmente" soggetto ad ansia o depressione, e un ulteriore 17% ne soffre. Vi è un filo conduttore che unisce idealmente il benessere mentale, il successo scolastico e l’integrazione lavorativa: è evidente che la sensazione di ansia e paura che ha sprigionato questa crisi nei giovani, ne minaccia una robusta formazione scolastica cosi come la possibilità di inserirsi nel sfera lavorativa.

L'Uruguay è, per ora, l'unico paese della regione in cui gli studenti sono tornati in classe, grazie anche a una più sapiente gestione epidemiologica, e ad uno sviluppo digitale del sistema educativo che era già florido da prima del COVID-19. Altre buone iniziative di continuità educativa sono emerse a San Paolo e Bogotà, dimostrando che il campo d’azione è ampio, almeno in teoria. Tuttavia in Bolivia si è dovuto concludere l'anno scolastico in anticipo, a causa di un governo che dichiara di non essere in grado di garantire l'accesso all'istruzione virtuale, soprattutto nelle zone rurali. Stesso discorso, ma con interlocutori diversi, per altri paesi andini come il Perù o l’Ecuador. Nonostante svariati sforzi, e marcate differenze da paese a paese, sembrerebbe che la fine anticipata dell'anno scolastico nell’emisfero australe “latino” sia uno scenario presumibile. Un danno che si ripercuoterà per anni e anni.

Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.

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