La movida alternativa di ARTE MIGRANTE

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A San Salvario, quartiere di Torino a due passi dal centro storico della città, convivono, a volte con qualche difficoltà, tante culture del mondo. Lo si sente nelle diverse lingue parlate in strada, lo si vede nel ventaglio multietnico di negozi, ristoranti e luoghi di culto. La zona è anche una delle mète più gettonate dai giovani per la movida e negli ultimi tempi è sempre più presente lo spaccio di stupefacenti.

In questo quartiere di mondi variegati e contraddizioni sociali, il gruppo “Arte Migrante” realizza una movida alternativa che due venerdì al mese coinvolge circa 150 persone: uno spazio in cui le vite di perfetti sconosciuti si intrecciano e formano un puzzle che non potrebbe essere più eterogeneo. E dove l’unico “stupefacente” di cui si fa uso è la conoscenza reciproca.

Lingue, culture, status sociali, storie di vita agli antipodi interagiscono, e l’arte e l’umanità ne sono il collante.

Quelli di Arte Migrante si definiscono gruppo informale, a sottolineare il carattere spontaneo e volontario dell’iniziativa. Il progetto è nato a Latina da un’idea di Tommaso Carturan ed è arrivato a Torino nel 2014, veicolato dall’associazione LVIA.

Il primo esperimento a Torino è stato attuato nei dintorni della Stazione ferroviaria Porta Nuova, poi con il passaparola il gruppo è aumentato ed oggi è ospitato nelle sale dell’Oratorio San Luigi. Studenti, lavoratori, senza fissa dimora e migranti da diverse parti d’Italia e del mondo si incontrano e realizzano spettacoli spontanei per condividere performance artistiche e culturali come musica, poesia, teatro, pittura, foto e altro.

«Dopo un primo gioco per conoscerci, mangiamo qualcosa tutti insieme e questo crea il clima giusto per la serata – spiega Vanessa Marotta, tra i promotori di Arte Migrante a Torino. – Nella sala c’è un tabellone bianco su cui ognuno si può prenotare per esibirsi o semplicemente condividere i propri pensieri. Non è mai successo che quel cartellone rimanesse bianco. Questo spazio libero è uno spazio potentissimo, ci sono ragazzi fragili che iniziano a condividere le proprie esperienze anche solo con i gesti. È una cassa di risonanza per persone che normalmente non hanno voce. In questa bolla di condivisione trovano spazio amicizie vere che vanno ben oltre gli appuntamenti del venerdì».

Sidi, 24 anni, arrivato a Torino nel 2011 dalla Costa D’Avorio, ha tanta voglia di parlare, di raccontarmi la sua esperienza in Italia. A quanto dice, Arte Migrante gli ha cambiato la vita: «Mi ha permesso di fare amicizia con tante persone e di conoscere meglio le regole della vita in Italia. Essere qui da solo è difficile. Le usanze sono diverse e, non conoscendole, noi africani facciamo crescere i pregiudizi negli italiani. Partecipo ad Arte Migrante da due anni, è così che ho migliorato il mio italiano e ora conosco tantissime persone a Torino. Quando siamo insieme, da tante parti del mondo, parliamo delle nostre vite; questo ci permette di cambiare punti di vista e mentalità, perché impariamo a conoscerci». Ad Arte Migrante Sidi si esibisce suonando lo djembè, il tamburo africano. Dopo questa esperienza, ha preso coraggio e con degli amici sta pensando di costituire un gruppo di teatro per bambini.

Lo scopo di Arte Migrante è di promuovere l’intercultura e l’inclusione sociale per contrastare l’indifferenza, il razzismo e abbattere i muri che sempre più alziamo intorno alle nostre vite. Ad Arte Migrante non ci sono muri, c’è spazio per tutti.

Gabriella, 60 anni, Torinese, partecipa alle serate del venerdì: «Ho trovato uno spazio di socializzazione libero dove posso conoscere persone di altre culture e Paesi. Ho cominciato a frequentare Arte Migrante per condividere il piacere di fare musica con persone diverse ed ho trovato un luogo in cui è possibile fidarsi, trovare relazione, entrare in amicizia con persone che hanno dei vissuti molto diversi dal mio. I partecipanti sono soprattutto i giovani, io ho quasi 60 anni ma mi trovo benissimo».

La carovana di storie ed esperienze di Arte Migrante è arrivata anche a Saluzzo, cittadina a 50 Km da Torino dove ogni primavera-estate centinaia di braccianti prevalentemente africani arrivano per la raccolta stagionale della frutta, senza una casa in cui vivere. Una situazione che a livello locale è sempre più difficile da gestire e provoca l’insofferenza di tanta parte dei saluzzesi. In questo contesto, la metodologia di Arte Migrante è stata portata nel 2015 e 2016 al campo solidale allestito dalla Caritas, in modo da favorire l’integrazione di questi “cittadini temporanei” e l’interazione con la cittadinanza locale, attraverso l’organizzazione di momenti di festa, musica e dialogo.

La sfida non è semplice, soprattutto in questi tempi di paure, di solitudini e nuovi muri. Ma per centinaia di persone a Torino, Bologna, Palermo e in altre città d’Italia, oggi Arte Migrante permette di vivere una “movida alternativa”: uno spazio autentico di umanità e di empatia.

Lia Curcio

Sono da sempre interessata alle questioni globali, amo viaggiare e conoscere culture diverse, mi appassionano le persone e le loro storie di vita in Italia e nel mondo. Parallelamente, mi occupo di progettazione in ambito educativo, interculturale e di sviluppo umano. Credo che i media abbiano una grande responsabilità culturale nel fare informazione e per questo ho scelto Unimondo: mi piacerebbe instillare curiosità, intuizioni e domande oltre il racconto, spesso stereotipato, del mondo di oggi.

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