www.unimondo.org/Notizie/La-distanza-del-Mondo-dalla-questione-palestinese-227379
La distanza del Mondo dalla “questione palestinese”
Notizie
Stampa

Foto: Unsplash.com
E’ sufficiente seguire l’andamento dei social network, di Facebook, Twitter e anche della maggioranza dei quotidiani più rispettabili e attenti in giro per il Mondo per capire che la “questione palestinese” interessa sempre di meno al grande pubblico e ancora meno nelle cancellerie. Persino i media israeliani appaiono quasi sorpresi nel dover raccontare e spiegare per l’ennesima volta attentati, morti, repressione come gli eventi tragici delle ultime settimane a Tel Aviv e dintorni, a Bersheva nel Sud del paese e, ovviamente, nei territori occupati della Cisgiordania. Gerusalemme, come tante volte da quando fu conquistata e occupata dalle truppe israeliane nel 1967, è il luogo che rappresenta, non sempre in modo chiaro e giusto, il comportamento del governo israeliano e dei coloni o la vita, i sogni, le rivendicazioni degli arabi palestinesi.
“Israele – scrive su Haaretz un noto giornalista – nega loro i diritti democratici fondamentali, demolisce le loro case e limita i loro movimenti. La polizia tratta tutti i palestinesi come un nemico e altre agenzie li discriminano in ogni campo: salute, istruzione, trasporti, infrastrutture. Quindi posso dire che l’occupazione a Gerusalemme è già abbastanza grave e non c’è bisogno di inventare bugie al riguardo”. Al collega del quotidiano (considerato la voce storica di chi tra gli ebrei d’Israele cerca una soluzione pacifica del conflitto) fa eco e aggiunge una spiegazione uno dei più noti e caustici editorialisti.
“Gli eventi che si sono svolti nelle ultime settimane nei territori occupati sembrano essere stati tolti dalla Bibbia. Tutto è immerso nella religione e nel fondamentalismo: il Monte del Tempio, la Tomba di Giuseppe, la yeshiva a Homesh, i pellegrini, i fedeli, il Ramadan, l’agnello sacrificale, il Tempio. Una guerra di religione tratta direttamente dai racconti biblici”, scrive Gideon Levy. E aggiunge: “Nonostante questo, non commettere errori, la religione è solome un oggetto di scena teatrale. Il motivo che guida i coloni e i loro sostenitori rimane ultra-nazionalista… Le aspirazioni palestinesi sono sempre state e rimangono nazionali: diritti, indipendenza, rimozione dell’occupante. Questo è ciò che sta alla base dei violenti disordini espressi dai giovani palestinesi sfrenati. La religione è usata da entrambe le parti solo come scusa. Nonostante tutti gli ornamenti, questa non è una guerra di religione, anche se potrebbe diventarlo”...