La crescita? Solo con il lavoro dignitoso

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Foto: Do Nhu su Unsplash.com

La segretaria confederale Cgil Scacchetti spiega perché al centro delle mobilitazioni unitarie di maggio c'è il tema del contrasto alla precarietà sul lavoro. “Vogliamo cambiare il volto delle politiche economiche e sociali e delle scelte strategiche di questo Paese. Il lavoro buono e dignitoso non è un esito della crescita, semmai è il contrario: la crescita è possibile solo se il lavoro è dignitoso, qualificato e anche ben retribuito”.

Parola di Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil, per la quale il contrasto alla precarietà è il tema centrale della piattaforma unitaria e delle tre mobilitazioni di maggio decise da Cgil, Cisl e Uil. Perché senza pratiche inclusive, senza solidarietà e senza la riunificazione delle condizioni di lavoro non si va da nessuna parte. “Nelle assemblee la dico così: dobbiamo fare una battaglia che veda i lavoratori alzare la testa per rivendicare il giusto posto del lavoro nella creazione dei processi di emancipazione ma anche nella costruzione della società del futuro”.

La precarietà è data da tanti elementi e altrettanti fattori, dall’abuso dei tirocini extracurriculari ai part-time involontari, dalle false partite Iva alla discontinuità. In che modo è possibile depotenziarli?

Le leve sono sostanzialmente tre. La prima è il cambiamento del modello di sviluppo: gli investimenti e la logica che accompagnano le scelte non devono più essere basati sulla competizione sui costi e sui diritti, dove il lavoro paga il prezzo più alto. I grandi piani di assunzione, gli investimenti pubblici e privati devono essere basati sul principio della piena e buona occupazione, sul contrasto per esempio alla cooperazione spuria, allo sfruttamento dei lavoratori, al lavoro nero e sottopagato. In questo senso pensiamo a un diverso ruolo dello Stato.

E il secondo asse?

È di tipo regolativo e giuridico. Veniamo da anni nei quali la legislazione ha favorito la logica della frammentazione, la riduzione dei diritti è stata la chiave per rendere il nostro Paese competitivo. Dobbiamo invertire la tendenza, disboscare le forme precarie, rafforzare quelle che mettono insieme lavoro e formazione, a partire dall’apprendistato come unica forma di ingresso nel mercato per le giovani generazioni.

E poi c’è una terza leva. Qual è?

È quella contrattuale. I luoghi di lavoro, dove si costruiscono e si rivendicano con azioni forti tutti gli interventi, devono diventare sempre più luoghi di vertenze collettive, dove la condizione dei singoli si pone come rivendicazione di tutti. È questa la pratica della contrattazione inclusiva, che ha l’obiettivo di allargare ed estendere i diritti, di unificare le condizioni lì dove queste sono altamente frammentate. Solo così possiamo dare una prospettiva diversa al nostro Paese.

Quello dell’inclusività è un aspetto molto importante, che però chiama in causa direttamente i sindacati promotori della piattaforma. Qual è il ruolo di Cgil, Cisl e Uil?

Sappiamo che il processo dell’inclusione è difficile e credo che la Cgil sia un po’ più avanti rispetto alle altre organizzazioni confederali. Naturalmente ogni categoria è titolare della contrattazione nella propria specifica area di rappresentanza. Ci sono molti esempi e pratiche che dimostrano come quando si tengono insieme condizioni diverse anche per rappresentanze diverse, si producono effetti migliori sulla contrattazione, più duraturi e solidi. Penso ad Amazon, ai rider, alle vertenze dei metalmeccanici, al settore della ceramica.

Il mercato del lavoro oggi si presenta frammentato e destrutturato. Quali interventi sono necessari per contrastare questo fenomeno?

La stabilizzazione dei lavoratori nei cicli produttivi è fondamentale. L’abuso del tempo determinato e del part-time, del lavoro autonomo e del finto autonomo ha portato a questa destrutturazione. Ma la nostra contrattazione ha punte di avanzamento molto più ampie di quelle che riusciamo a raccontare. È una strada da cui non si può tornare indietro e sulla quale dobbiamo insistere, affiancandola con la contrattazione sociale territoriale, lo sviluppo che favoriamo sul territorio e per il territorio sui temi fiscali, dei diritti, del welfare...

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