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L’oltraggio permanente al mondo in movimento
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Foto: Unsplash.com
È la concatenazione quella che crea i guai, nel senso della catena di eventi che, una volta messi assieme e saldati gli anelli, generano il problema. Ne sanno qualcosa le migliaia di persone che si trovano in queste ore a bussare alla porta d’Europa via Polonia, passando dalla Bielorussia. Sono soprattutto curdi iracheni, ma sono anche pakistani e afghani. Tutti vittime di catene di tragedie fatte di guerre, ingiustizie, miseria. Concatenazioni di problemi che li hanno fatti scappare da casa, fuggire lontano, in un domino che sembra non finire. Ora sono ammassati lungo una frontiera, al freddo, con l’obiettivo di arrivare, finalmente, in un posto sicuro, che garantisca un futuro. Eserciti, polizia, muri e politica glielo impediscono, creando un nuovo dramma umanitario.
La situazione alla frontiera fra Polonia e Bielorussia non è una novità ai confini orientali dell’Unione Europea. Un po’ più vicino all’Italia, fra Bosnia Erzegovina e Croazia, da anni i migranti della rotta balcanica sbattono contro le reti e i manganelli croati. I campi improvvisati in Bosnia, a Bihac, accolgono 8-10mila persone. Sopravvivono grazie all’aiuto di decine di associazioni e di volontari europei (come Nawal Soufi che apre con il suo reportage questa storia di copertina, ndr), ma il passo resta chiuso, proibito a suon di bastonate sulle gambe e furti da parte della polizia croata. Chi tenta di trovare un passaggio clandestino nella foresta che divide la Bosnia dall’Europa dei ricchi viene punito duramente. Altre migliaia di persone – forse 40mila – sono in Serbia. La Turchia, grazie ai contributi della Ue, blocca entro i propri confini almeno 5 milioni di esseri umani...
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Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009.