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L'esodo silenzioso nella regione dei Grandi Laghi e il fantasma del genocidio
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Una nuova fuga in massa di disperati, provenienti dai paesi della regione dei Grandi Laghi, si sta registrando da mesi, nel silenzio della comunità internazionale. A costringere migliaia di persone ad abbandonare tutto ci sono una serie di ragioni:
a) - il rischio concreto di genocidio in Burundi, dove le uccisioni di oppositori del governo si susseguono quotidianamente e non sembrano destinate a fermarsi;
b) - le nuove violenze nella Repubblica Democratica del Congo a ottobre, dopo l'annuncio del governo del rinvio delle elezioni presidenziali, sostenendo che il Paese non era pronto ad affrontare il voto;
c) - la tensione crescente in Ruanda per la vittoria del sì al referendum sul terzo mandato del presidente Paul Kagame.
In Ruanda
L'opposizione contesta il referendum per il terzo mandato di Kagame. Il leader del Partito verde ruandese, Frank Habineza, ha criticato il referendum per la modifica della Costituzione del Ruanda che consentirà al presidente Paul Kagame di candidarsi per un terzo mandato alla guida del paese in occasione delle elezioni del 2017. Habineza, a capo dell'unica forza politica di opposizione riconosciuta dalle autorità ruandesi, ha contestato l'organizzazione della consultazione "troppo frettolosa", che "non ha permesso di fare campagna elettorale".
Il testo sottoposto al referendum era stato già approvato da entrambe le camere del Parlamento negli scorsi mesi, nonostante le proteste di diversi paesi stranieri e organizzazioni internazionali. Tra i critici più in vista Samantha Power, ambasciatore degli Stati Uniti all'Onu, che aveva invitato Kagame a riconsiderare l'idea di candidarsi nel 2017. Il presidente ruandese, per tutta risposta, ha invitato gli Usa a "non interferire negli affari interni" di Kigali.
In Burundi
E' l'emergenza che preoccupa di più le Nazioni Unite. Ma l'emergenza che preoccupa di più, e al momento la sola su cui il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha manifestato interesse, è quella in corso in Burundi che ha già causato oltre 200mila sfollati. I profughi stanno attraversando in massa il confine con la Tanzania, dove trovano riparo nelle strutture scolastiche e nelle chiese del Paese. Il governo tanzanese ha annunciato l'apertura di nuovi campi di accoglienza ma lancia l'allarme: non possiamo ospitare tutti. Ad oggi è stata garantita assistenza a circa 90mila persone ma né le organizzazioni governative né le associazioni umanitarie intrnazionali sono in grado di rispondere adeguatamente all'emergenza.
Le scelte di Nkurunziza
Da aprile 2015, quando il presidente uscente Pierre Nkurunziza ha annunciato di volersi candidare per un terzo mandato presidenziale, decisione considerata da molti una violazione della Costituzione e degli accordi di pace che nel 2005 avevano posto fine a 12 anni di guerra civile, in diversi quartieri di Bujumbura abitati da esponenti dell'opposizione si sono susseguite sparatorie e lancio di granate. La crisi ha causato centinaia di migliaia di sfollati e molti ancora sono in marcia verso i paesi confinanti: le notizie delle ultime ore fanno presagire che il flusso aumenterà.
Nella Repubblica democratica del Congo
Qui c'è la corsa contro il tempo per frenare le violenze. Sono ripresi gli scontri nell'area orientale del Paese, dove una quarantina di differenti gruppi armati si contrappongono alle forze militari governative e perpetrano violenze a danno della popolazione. L'unica speranza che si possa frenare la nuova escalation è legata alla possibilità che il governo predisponga una nuova legge elettorale. Il presidente del Congo, Denis Sassou Nguesso, per riportare la calma nel Paese ha assicurato che farà "il possibile per permettere lo svolgimento delle presidenziali nel primo trimestre del nuovo anno", smentendo quanto annunciato, pochi mesi prima, dal suo stesso esecutivo: l'intenzione di rinviare il voto rispetto alla scadenza del secondo mandato di Nguesso.
L'incognita e gli auspici della nuova legge elettorale
Il progetto di legge è stato elaborato in base agli orientamenti espressi dal presidente Nguesso che ha ribadito di voler chiamare a contribuire ad esprimersi sullo stesso tutte le realtà politiche, di maggioranza e di opposizione, nonché le organizzazioni della società civile. Un auspicio beneaugurante ma quanto realistico? Le prossime settimane saranno decisive. Intanto l'emergenza umanitaria peggiora e l'esodo continua.
Antonella Napoli da Repubblica.it