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L’Ucraina e don Lorenzo
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Foto: Don Milani
A cento anni dalla sua nascita, possiamo provare a leggere la guerra che avanza in Europa con il pensiero di don Milani? Naturalmente no, spiega Francesco Gesualdi, che del priore di Barbiana è stato allievo. Rimettere indietro gli orologi del tempo è operazione rischiosa e spesso strumentale, anche perché in tempo di guerra la prima vittima è sempre l’informazione. Eppure, nelle parole di don Lorenzo troviamo riflessioni e insegnamenti che ci aiutano in modo essenziale a interpretare ancora la realtà contemporanea. Da quelli espressi nella Lettera ai cappellani militari sulla loro accusa di viltà agli obiettori di coscienza fino alla rilettura critica del concetto di “patria”, parola chiave nella retorica della prosa dei destinatari di quella lettera così come in quella dei massimi esponenti del governo italico dei giorni nostri. Il punto da cui partire per capire le ragioni e le dinamiche della guerra scoppiata in Europa, guerra che nessun governo cerca davvero di fermare pensando solo a come poterla vincere, scrive Gesualdi, è che l’aggressione russa non è un fulmine a ciel sereno, ma il risultato di 30 anni di rapporti logoranti fra paesi occidentali e Russia. Il vero oggetto del contendere non è l’Ucraina ma il dominio del mondo. Il che ci porta su un altro piano, quello economico, la madre di tutti i nazionalismi
Nel centenario della sua nascita, in quanto ex-allievo, mi sento chiedere da molte persone cosa avrebbe detto il Priore, alias don Lorenzo Milani, rispetto alla guerra in Ucraina. Mettere parole in bocca ai defunti è sempre sconveniente, per cui rispondo che è impossibile dirlo e che tocca ad ognuno di noi assumerci la responsabilità di trovare le risposte agli avvenimenti in corso.
Ma nel contempo aggiungo che il Milani può esserci d’aiuto per individuare il metodo utile a formarci un’opinione. Il testo di riferimento è la Lettera ai cappellani militari scritta per contestare la leggerezza con cui quest’ultimi avevano condannato gli obiettori di coscienza.
Il comunicato dei cappellani militari era intriso della parola “patria”, un concetto che don Milani non condivide, ma che affronta solo marginalmente perché capisce che per dimostrare l’infondatezza di quanto affermavano i cappellani non deve restringere il campo di osservazione, bensì allargarlo in una prospettiva storica, politica, morale.
Così decide di passare in rassegna le guerre che hanno coinvolto l’Italia dal 1860 in poi, per dimostrare che la patria si serviva obiettando, non obbedendo. Rispetto alla guerra in Ucraina, se vogliamo formarci un’idea il più possibile vicina alla verità, dobbiamo fare la stessa operazione: dobbiamo abbandonare l’ambito ristretto degli avvenimenti contingenti e allargare lo sguardo alle origini del conflitto.
Che significa fare un viaggio a ritroso nella storia e analizzare gli interessi di tutte le parti in causa sotto ogni profilo: militare, politico, economico. Ricordandoci che in tempo di guerra la prima vittima è l’informazione, che non ci viene data proprio o ci viene data distorta e amputata.
Per ammissione generale la guerra in Ucraina non è solo fra russi e ucraini, ma fra Russia e Nato. Lo dicono gli sforzi profusi dai paesi Nato per sostenere l’Ucraina e le ragioni espresse da Mosca a giustificazione della sua aggressione. Secondo i calcoli del Keil Institute, dal gennaio 2022 al febbraio 2023, i paesi occidentali hanno stanziato a favore dell’Ucraina aiuti complessivi [in buona parte in spese militari] per 143 miliardi di euro, di cui 73 da parte degli Stati Uniti e 55 da parte dell’Unione Europea unitamente ai paesi che la compongono. Oltre un terzo dell’aiuto è stato per armi fornite principalmente da Stati Uniti (44 miliardi di euro) seguiti da Gran Bretagna (4,89 miliardi), Polonia ( 2,43 miliardi), Germania (2,36 miliardi).
Per di più alcuni paesi Nato ospitano soldati ucraini per corsi di addestramento e garantiscono servizi di intelligence nel teatro di guerra. Tanto impegno è giustificato con l’argomentazione che è doveroso intervenire a fianco di chi è aggredito.
Ma la credibilità viene meno quando pensiamo che molti di quegli stessi paesi che mostrano tanta solerzia verso l’Ucraina non hanno mosso un dito a sostegno di altri popoli aggrediti.
Peggio ancora hanno permesso alle proprie industrie di fornire armi agli aggressori. Tipico il caso del governo italiano che per anni ha autorizzato la fornitura di bombe e missili ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti che le utilizzavano per bombardare lo Yemen...