Kossovo: protesta verso l'Unmik alle elezioni

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La comunità serba in Kossovo si prepara a boicottare le elezioni parlamentari previste per il 23 ottobre nella Provincia della Serbia per protestare contro il rifiuto delle autorità locali e della missione dell'Onu di considerare il piano di Belgrado per la decentralizzazione e per la protezione dei Serbi nella Provincia. Questa forma di opposizione sarebbe motivata dall'adozione da parte della missione Onu in Kossovo (Unmik) e dal governo del Kossovo a predominanza albanese del progetto di riforma dell'autogoverno locale che secondo i serbi "non prevede alcuna misura per la protezione dei Serbi e delle altre comunità non albanesi". Questo progetto di riforma è visto come un alternativa al piano di Belgrado che è stato approvato durante la massiccia azione anti-serba del mese di marzo in cui ci sono stati 19 morti e più di 800 feriti, 29 chiese serbe ortodosse e 800 case distrutte, 4000 persone fuggite da casa. "L'Onu non vuole ammettere la sua sconfitta in Kossovo e considera le elezioni come mezzo di stabilizzazione. Ci saranno le elezioni, e io penso che i Serbi non parteciperanno. Sarebbe un fatto grave, perché prolungherebbe l'agonia del Kossovo e l'approfondimento della crisi istituzionale dell'Unmik" ha affermato Dusan Janjic, capo del Forum di Belgrado per le Relazioni Etniche.

In una prima sessione d'agosto dedicata al Kossovo, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha discusso, tra gli altri, il tema delle elezioni e, nonostante non sia stata presa una posizione ufficiale, la maggioranza dei Paesi membri ha raccomandato la partecipazione serba al voto. Appelli simili sono giunti dai funzionari dell'Unione Europea e dal Primo Ministro del Kossovo Bajram Rexhepi. E a prendere il posto di nuovo capo dell'Unmik è Soeren Jessen-Petersen che considera il Kossovo come la chiave per la stabilizzazione e la normalizzazione dei Balcani. A lui si è appellato subito Nebojsa Covic, capo del Centro di Coordinazione per il Kossovo di Belgrado che ha chiesto misure energiche per proteggere la comunità serba. Sempre Janic del Forum di Belgrado pensa che "Petersen ha perso troppo tempo per poter avere un atteggiamento più risoluto ora". Ufficialmente il suo predecessore Holkeri ha abbandonato l'incarico per motivi di salute, ma molti osservatori pensano che non sia un caso che se ne sia andato dopo la violenza di marzo per la quale l'Unmik e la Nato sono stati duramente criticati, tra gli altri anche dall'organizzazione Human Rights Watch.

A un anno dalla strage di Gorazdevac nel Kossovo occidentale in cui due ragazzini vennero uccisi nell'enclave serba, un commento sulla situazione attuale arriva dai volontari dell'Operazione Colomba impegnati in un progetto che mira a creare e rafforzare i legami tra le varie comunità della regione. "La gente vive in una doppia prigione: quella creata dalla situazione, ossia fuori da qui è pericoloso essere serbi; e quella creata da quelli della tua comunità che ti guardano storto se cerchi di contattare uno dall'altra parte". Anche gli albanesi vivono in una prigione un po' più grande dove i confini del Kossovo diventano sempre più impraticabili: attualmente nemmeno la Bosnia Erzegovina fa passare i kossovari muniti di passaporto Unmik con stampigliato sopra il simbolo delle Nazioni Unite. Nella lunga lettera scritta da Fabrizio Bettini dell'Operazione Colomba viene raccontata la storia di E., un serbo che vive nell'enclave di Gorazdevac e che "sogna i visti per poter consumare il passaporto alle frontiere".[AT]

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