Jeannine Nahigombeye: una donna in prima linea

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Quando un anno fa Jeannine Nahigombeye ha fondato a Bujumbura Radio Isanganiro, con quattro colleghi formatisi a Studio Ijambo, non immaginava di essere scelta dalle Nazioni Unite come testimonial dell'impegno delle donne in prima linea in situazioni di conflitto.

Il documentario intitolato "Peace by Peace: Women on the Frontline" è stato presentato a Washington alla fine di novembre, alla presenza di alcune delle protagoniste provenienti, oltre che dal Burundi, anche da Afghanistan, Argentina, Bosnia e Stati Uniti.

Fin da piccola Jeannine era attratta dalla radio come mezzo per trasmettere informazioni ed emozioni. Insieme alle sorelle aspettava con ansia la trasmissione della serie radiofonica ad episodi "Antologia dei Misteri", la registrava e ne sceneggiava poi gli episodi rappresentando di volta in volta diversi personaggi. Desiderava trasmettere i suoi sentimenti agli spettatori ma capì ben presto che nel Burundi degli anni '90 non era possibile vivere di teatro.

Dopo la laurea in Letteratura Francese all'Università del Burundi, ben sapendo che per l'85 % della popolazione dei Grandi Laghi la radio rappresenta l'unica fonte di informazione, istruzione e divertimento, ha deciso di prendere al volo l'occasione: Studio Ijambo, la stazione radio finanziata dalla ONG statunitense Search for a Common Ground, cercava giornaliste per la propria redazione.

Dall'esperienza di questa redazione, composta di giornalisti dei due gruppi etnici, che ha cercato di diffondere messaggi concreti di riconciliazione e di valorizzazione della diversità contro l'odio razziale, è nata la nuova esperienza di Radio Isanganiro, che in kirundi significa "luogo d'incontro".

I programmi affrontano i problemi concreti della gente, come le dispute per il possesso della terra, dando agli ascoltatori la possibilità di raccontare i propri problemi e di ascoltare i pareri giuridici di alcuni esperti. I loro consigli sono un misto di diritto e di metodi di risoluzione pacifica dei conflitti.
La gente comincia infatti a capire che la radio può diventare strumento di pressione per denunciare i piccoli soprusi e prendere coscienza dei propri diritti. Molte donne attraverso di essa hanno cominciato a denunciare le violenze cui sono sottoposte all'interno delle mura domestiche e a conoscere i propri diritti nei casi di separazione dal marito.
Piccoli successi che incoraggiano la redazione a continuare nella propria linea editoriale, anche se il governo non sempre gradisce il pluralismo dell'informazione e nello scorso settembre ha chiuso l'emittente per alcuni giorni.
Il caso è scoppiato quando, nel corso della trasmissione-dibattito "Mosaico", dedicata al processo di pace, sono state mandate in onda delle interviste che davano voce, oltre alle posizioni del governo, anche a quelle dei due gruppi ribelli che ancora non si erano seduti al tavolo delle trattative.
Alla radio è immediatamente giunta l'ingiunzione ad interrompere le trasmissioni per sette giorni. Non si è fatta attendere la solidarietà delle altre stazioni locali, che hanno bandito, per ritorsione, qualsiasi informazione di fonte governativa dai propri notiziari. Il braccio di ferro è durato cinque giorni, dopo di che il governo ha annullato l'ingiunzione, permettendo a Radio Isanganiro di riprendere le trasmissioni.
Nonostante questi episodi Jeannine afferma che, per il seguito che hanno i programmi radiofonici, la radio deve essere considerata "partner del governo nel processo di pace, perché, piaccia o no, la popolazione ci prende sul serio". E conclude il suo intervento con questa affermazione: "Insegnerò a mio figlio che ciò che conta non è l'appartenenza ad un gruppo etnico, ma quello che ciascuno porta nel proprio cuore."

Altre fonti: Washington Post

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