Italia: rapporto su welfare ed esclusione sociale

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Presentato a Roma il rapporto su esclusione sociale e cittadinanza incompiuta "Vuoti a perdere" realizzato da Caritas Italiana e Fondazione Zancan di Padova. Il titolo ricorda le tante discariche autorizzate o meno che circondano le città del mondo occidentali come le aree della miseria e della fame. I "vuoti" sono i rottami, le cose usate e scartate, i contenitori un tempo pieni, con un valore riconosciuto, e che ora non lo hanno più. Ma dietro questi "vuoti a perdere" ci sono famiglie, interi gruppi sociali che cercano in qualche modo "di cavarsela".

Secondo i sociologi sono ormai mutati i concetti di rischio, esclusione e povertà. Mentre fino agli anni settanta-ottanta i fenomeni di patologia sociale interessavano determinate fette di popolazione, con particolari connotazioni di rischio (per esempio famiglie con storie croniche di analfabetismo, dipendenza dall'aiuto statale, continuità intergenerazionale della devianza, residenza in quartieri-ghetto ecc.), attualmente sono enucleabili delle situazioni di disagio che colpiscono la maggioranza e non la minoranza della popolazione: fenomeni comuni, non sempre avvertiti fino in fondo come espressioni di disagio sociale, e proprio per questo più pericolosi. Per esempio, le dipendenze da Internet, da gioco d'azzardo, da acquisti compulsivi, da lavoro, chiamate "dipendenze senza sostanze". La depressione connota sempre più gli stati d'animo delle nuove generazioni. Il lavoro precario e flessibile comporta un rischio diffuso di vulnerabilità sociale. Sempre più anziani soffrono di demenze e in particolare di Alzheimer, soprattutto donne.

"Una soluzione molto praticata dalle famiglie è il "debito differito" - afferma Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan - Le famiglie acquistano spostando in avanti nel tempo il problema di come pagare e sperando in tempi migliori. Questo consente di mantenere un tenore di vita apparentemente buono, salvo non sapere quanto potrà reggere. La questione del debito differito non riguarda solo i giovani con lavori flessibili ma anche altre fasce significative della società; per esempio, le persone che andranno in pensione dopo il 2008 non avranno la certezza di poter vivere dignitosamente con il solo reddito pensionistico". Il "Rapporto 2004 su esclusione sociale e cittadinanza incompiuta" contiene una voluminosa serie di dati statistici e informazioni. Ma cerca anche di dare soluzioni: è possibile affrontare e ricuperare le situazioni di esclusione sociale, passare dai "vuoti a perdere" ai "vuoti a rendere". "Riteniamo però che, per prendere coscienza dei lati oscuri di una società non è sufficiente elencare statistiche e percentuali di basso reddito, ma è necessario scoprire, oltre la facciata dei numeri, il degrado della qualità della vita, il fallimento di qualunque progettualità, l'esclusione dai benefici sociali teoricamente garantiti a tutti e dalla partecipazione" ha dichiarato Sac. Giuseppe Benvegnù Pasini - presidente Fondazione Zancan.

Per mons.Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana un individualismo senza confini verso l'alto e senza limiti verso il basso aumenterà la diffusione dei "vuoti a perdere". "Ecco perché è indispensabile una assunzione generale di responsabilità. Ormai comunque sono in campo tutti gli elementi sufficienti a dimostrare che la prosecuzione dello smantellamento del welfare, che colpisce innanzitutto i più poveri ed i più indifesi, non può essere sostituita da nessun atteggiamento "compassionevole" basato sull'elargizione delle briciole della mensa. E ci sono pure adeguate premesse utili a confermare che uno sforzo ragionevole per mantenere i caratteri universalistici ed ugualitari del welfare, a partire dal contrasto all'esclusione ed alle forme emergenti di povertà, non è uno spreco di risorse ma il presupposto di un futuro meno incerto e rischioso per i singoli, per la società e per gli stessi equilibri economici. È questa una sottolineatura che non può non tradursi in una preoccupazione sia con riguardo ad alcune tendenze di riforma istituzionale che postulano una sorta di autarchia regionale, per cui ciascuno spende per sé quel che produce, sia con riferimento alla manovra finanziaria in atto dove la spesa sociale non viene tagliata ma attraverso i prelievi locali se ne accolla ai cittadini una quota crescente". [AT]

Fonte: Fondazione Zancan

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