Italia: 'Un ponte per' risponde a domande e illazioni

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Da giorni circolano in internet email che asseriscono di conoscere il "vero stipendio" delle due Simone, "il prezzo del riscatto pagato ai rapitori", chi "davvero" comanda a 'Un ponte per', insieme a tante altre fantasie e illazioni. L'associazione "Un ponte per..." risponde oggi dal proprio sito.

Alla domanda "Quanto guadagnano le due Simone?" (e "Quanto paga 'Un ponte per...'?) rispondono i lavoratori dell'associazione che sottolineano che "la convinta adesione alla associazione, ed il continuo impegno da parte di tutti nel tenere basse le spese di gestione, ha prodotto nella nostra associazione una politica retributiva singolare". La regola generale è che viene pagato solo il lavoro che per richiesta di continuità, impegno, professionalità, non può essere svolto da un volontario. "Tutte le retribuzioni di Un ponte per⅀ hanno un unico riferimento salariale: il 3° livello del contratto commercio (1368,60 lordi mese per 40 ore settimanali). Un sistema che noi abbiamo chiamato retribuzione piatta". Eccezioni a questa politica ci sono state nella selezione del personale tecnico e specializzato per contratti temporanei, per i quali la retribuzione è stata stabilita contrattandola individualmente con il lavoratore. Altra eccezione, le retribuzioni del personale non inserito nell'organico dell'associazione ma assunto da Un ponte per⅀ per divisione di incombenze in seguito ad accordi con altre associazioni per progetti in comune. In questo caso le regole contrattuali vengono mediate con quelle degli altri partner. Tutti gli altri, il presidente, il portavoce, i responsabili paese o settore, i volontari nelle missioni brevi, i volontari delle tante attività (circa 50 persone) sono, come li chiamiamo noi, volontari puri. E cioè senza nessuna retribuzione.

Circa "Chi comanda a Un ponte per...", l'associazione nota che "una delle carattestiche fondamentali dell'associazione è quella di legare i progetti di aiuto e cooperazione alle campagne di sensibilizzazione e iniziative culturali cercando di inserire il tutto in un quadro politico coerente al conseguimento degli scopi statutari. Il risultato è una organizzazione amena, che a volte sembra una azienda e a volte un disordinato collettivo, in grado di rispondere alle esigenze di professionalità necessarie ai progetti e, nello stesso tempo, garantire autonomia e indipendenza al nostro agire. Sopra di tutto è l'assemblea dei soci, che si svolge di norma 2 volte l'anno. E' il momento in cui si "tirano le somme" e si fanno i "progetti per il futuro". L'assemblea dei soci delinea le linee politiche generali dell'associazione che saranno la base di lavoro annuale per tutta l'associazione. A vigilare e guidare nelle scelte operative è il Comitato Nazionale che si riunisce circa ogni 2 mesi. E' composto dal Presidente, da cinque volontari eletti in assemblea e dai rappresentanti dei Comitati locali.

Circa il "Chi vi paga?", 'Un ponte per' ricorda che il bilancio dell'associazione è pubblico, del 2003 è consultabile sul nostro sito. Il 30% proviene da donazioni di privati, il 65% da finanziamenti pubblici. La media complessiva delle donazioni di privati degli anni precedenti è stata di circa il 50%. Quello del 2003 è un bilancio "sbilanciato" dalla scelta di operare alcuni interventi di emergenza (potabilizzazione e distribuzione dell'acqua) col contributo rilevante dell'Ufficio per gli Aiuti Umanitari della Commissione Europea (ECHO). Questa scelta è stata vissuta da noi come atto di responsabilità nei confronti della popolazione irachena. Questo tipo di interventi hanno nella programmazione delle nostre attività carattere di eccezionalità.

E ribadisce: "Rimane da noi confermata la scelta condivisa con le tante associazioni del "Tavolo di solidarietà con le popolazioni dell'Iraq" di non accedere ai fondi Italiani per la ricostruzione dell'Iraq". Risponde inoltre a tante altre domande tra cui: "E' stato pagato un riscatto"?, "Perchè avete ringraziato il Governo?", "Perchè non avete ringraziato il Governo?".

Circa il futuro l'associazione sottolinea: "Non abbandoneremo l'Iraq. In questa vicenda abbiamo contratto un debito di riconoscenza verso la popolazione irachena. Ma non manderemo nemmeno gente allo sbaraglio a rischiare la vita in una situazione ove la percezione del confine tra umanitario e militare è stata ormai cancellata. Non abbiamo mai amato gli eroi. La situazione ci obbliga a ripensare le modalità del nostro lavoro. Ne stiamo discutendo".

Va ricordato che nei giorni scorsi Fabio Alberti (Presidente di "Un ponte per") aveva già ribadito la posizione dell'associazion nel suo intervento al Congresso nazionale dell'Arci.

Ed infine esprime la propria adesione alla Manifestazione promossa per il 30 ottobre dal comitato Fermiamo la guerra ed invita a mobilitarsi sin da ora per organizzare la più ampia partecipazione. [GB]

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