Iraq: tacciano le armi, reti di pace in azione

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In Iraq anche questa mattina sono continuati i bombardamenti americani su Falluja e almeno nove persone sono state uccise e dodici ferite. La città, roccafforte della ribellione sunnita in mano a insorti, è sotto assedio. Gli americani, dagli altoparlanti, hanno esortato la popolazione a cooperare con loro ed "espellere i terroristi dal centro della città". La giornata di ieri è una delle più sanguinose dal passaggio dei poteri il 28 giugno scorso, con un bilancio di almeno 110 morti. Secondo quanto riferito da fonti del ministero della Sanità di Baghdad, nella capitale si sono registrati 37 morti, 51 persone sono rimaste uccise a Tal Afar, nei pressi del confine con la Siria. A Baghdad si sono contate almeno sette autobombe, mentre gli insorti sparavano decine di colpi di mortaio e di razzi contro la ''zona verde''. Tre soldati polacchi sono rimasti uccisi e tre feriti a Hilla, a sud della capitale, mentre a Ramadi, roccaforte della resistenza sunnita, i bombardamenti americani hanno causato la morte di una decina di persone, tra cui donne e bambini.

Nessuna novità rispetto all'ultimatum lanciato via web dal sedicente gruppo terrostico che ha rapito le due ragazze italiane a Baghdad. Nonostante tutto questo gli appelli continuano a fioccare dal mondo italiano, europeo e arabo. Dal Comitato degli Ulema musulmani, la più importante organizzazione religiosa sunnita dell'Iraq arriva un appello che chiede la liberazione dei due ostaggi italiani e dei due iracheni che lavoravano con loro, così come dei giornalisti francesi. ''Voi conoscete la nostra posizione nei confronti del governo italiano, ma noi siamo amici del popolo italiano'' ha dichiarato il portavoce degli Ulema. Sabato i genitori di Simona Pari hanno scritto una lettera ai musulmani dell'Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii) che aveva invitato le famiglie Pari e Torretta a partecipare al loro incontro di Ancona per la liberazione degli ostaggi: "Simona - si legge nel messaggio firmato dai genitori e dal fratello di Simona - ci ha scritto che una settimana fa un papà iracheno ha voluto regalare a lei e all'amica Simona Torretta due margherite. Un dono accompagnato da queste parole: 'La margherita è l'unico fiore che cresce nella terra salata, con poca acqua. Dovete essere come questo fiore: continuate a fare il bene pur in condizioni avverse'. Abbiamo bisogno del vostro aiuto anche per realizzare un sogno di pace che ha le sembianze di una margherita". "Bisogna proteggere queste margherite: bisogna fare di tutto per tenerle al riparo da chi le vuole calpestare".

Dall'assemblea delle reti dei movimenti del Forum Sociale Europeo viene confermata una settimana di mobilitazione permanente e articolata in tutta Italia sulla base di una semplice piattaforma condivisa all'interno del Comitato Fermiamo la Guerra. Le iniziative si concretizzeranno con manifestazioni sui ponti, davanti alle sedi del governo e alle prefetture, incontri e iniziative con le comunità islamiche. Per sabato 18 settembre è prevista una giornata di mobilitazione nazionale con manifestazioni in tutte le città "per non essere tutti ostaggi della guerra permanente, del terrore, della barbarie". Da Enrico Euli, formatore alla nonviolenza legato alla Rete di Lilliput, parte una riflessione sull'attuale fase del movimento per la pace. "L'attuale nostro movimento non ha sviluppato strutturalmente le caratteristiche di lucidità, organizzazione ed efficienza. Mentre la situazione appare disperata e, probabilmente, senza sbocchi, è giusto provare a ragionare ancora su cosa sarebbe bene fare o non fare insieme. In questa fase l'azione pacifista e di cooperazione in Iraq non può contrastare il processo e rischia un effetto frustrazione. - commenta Euli, docente all'Università di Cagliari che continua - è necessario intervenire a livello adeguato con azioni di pressione forte e continuata sui luoghi che determinano il contesto e/o con la costruzione di metacontesti paralleli ed alternativi, ma autorevoli". [AT]

Altre fonti: Rai News 24,

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