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Iraq: rapite due volontarie italiane di 'Un ponte per'
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Simona Torretta e Simona Pari, due cittadine italiane di 29 anni che operano in Iraq per l'organizzazione umanitaria "Un ponte per..." sono stati rapite insieme a due volontari iracheni, Raad Ali Aziz e Mahnaz Bassamun una donna che lavora per la ong italiana Intersos. Ne ha dato notizia la tv del Qatar, Al Jazira. Un commando di uomini armati è entrato nella palazzina dell'organizzazione umanitaria e ha rapito le due donne e i due volontari iracheni, secondo quanto hanno riferito alcuni testimoni - riporta Rainews. L'associazione "Un ponte per..." ha confermato al giornale Repubblica che due persone del suo staff sono state rapite in Iraq.
Sarebbero stati una decina i rapitori che hanno portato via le quattro persone dall'ufficio comune che tre ong italiane (oltre ad ''Un ponte per...' anche l'Ics e Intersos) hanno a Baghdad. L'ufficio si trova a circa dieci minuti dall'Hotel Palestine. A quanto si apprende il rapimento è avvenuto circa due ore fa senza colluttazione.
Simona Torretta è il capo missione dell'Ong e Simona Pari è responsabile di progetto. Secondo quanto si è appreso, Simona Torretta abita a Roma, mentre Simona Pari è di Rimini. Le due giovani lavoravano a un progetto in collaborazione con l'Unicef per il programma Farah e in particolare si occupavano della realizzazione di scuole e di attività integrative. A riferirlo è la stessa organizzazione di volontariato.
"Un Ponte per..." è un'associazione di volontariato nata nel 1991 subito dopo la fine dei bombardamenti sull'Iraq, con lo scopo di promuovere iniziative di solidarietà in favore della popolazione irachena, colpita dalla guerra e in opposizione all'embargo a cui il paese è stato per lungo tempo sottoposto". Attualmente l'Ong ha attivi una serie di progetti di natura sanitaria e per lo sviluppo in Iraq. Ha lavorato senza interruzioni a Baghdad da dopo la prima guerra nel Golfo. La presenza di volontari italiani è stata ridimensionata da aprile in seguito all'inizio della crisi dei sequestri e della rivolta sciita.
Sono 7 le Ong italiane presenti in Iraq: Ics, Intersos, Coopi, Cesvi, Cosv, Gvc, Un ponte per ed Emergency. 20 sono i volontari operanti nel territorio occupato dagli anglo-americani, nella zona di Bassora, a Bagdad e nel Kurdistan iracheno. I settori principali di intervento di cui si occupano gli operatori della cooperazione in territorio iracheno sono: sviluppo locale delle Ong locali, allestimento e organizzazione dei campi profughi e costruzione e manutenzione delle infrastrutture (acqua e sanità) e in particolare a Bagdad, le Ong italiane sono accanto ai bambini di strada, ai minori sfollati.
"L'organizzazione non governativa 'Un ponte per...' non ha alcuna intenzione di lasciare l'Iraq" - ha precisato in serata il portavoce dell'ong Lello Rienzi. Secondo Rienzi le due volontarie rapite nei giorni scorsi erano "assolutamente tranquille" e niente faceva presagire quanto è accaduto oggi.
Due giorni fa, però, due razzi avevano colpito un muro adiacente l'edificio che ospita l'organizzazione. Un fatto che, a posteriori, potrebbe essere letto come un segnale sottovalutato.
DICHIARAZIONI E COMUNICATI
Rete Lilliput/Un Ponte per.../Comitato Fermiamo la guerra
"Noi, movimento italiano per la pace, fratelli e sorelle di Simona Pari e di Simona Torretta, operatrici di pace in Iraq, chiediamo alle persone che le detengono insieme ai due operatori iracheni, Ra'ad Alì Abdul-Aziz e Mahnaz Bassam, di liberarli subito. Vi chiediamo di considerare quanto danno state provocando alla causa della pace e a quella del popolo iracheno. Come ha scritto l'Unione delle comunità islamiche in Italia, "testimoniate coscienza di un debito di riconoscenza nei confronti di coloro che hanno condiviso la sofferenza del popolo iracheno negli anni dell'embargo, che sono rimasti nel paese quando dal cielo piovevano le bombe, che non l'hanno abbandonato neanche in questi mesi orribili di confusione e violenza".
Vi chiediamo di non spezzare il filo di solidarietà che, nonostante e contro l'embargo prima e la guerra poi, nonostante e contro le scelte del nostro governo, persone come le nostre sorelle hanno mantenuto tenacemente e coraggiosamente, ad esempio rifornendo di acqua la popolazione assediata di Falluja e Najaf. "Un ponte per...", la loro Ong, insieme a centinaia di organizzazioni sociali e politiche del nostro paese, ha organizzato gigantesche manifestazioni a favore della pace e per il ritiro delle truppe straniere dall'Iraq, e ha cercato di non abbandonare gli iracheni all'arbitrio dell'occupazione militare.
In nome di questa lotta e della verità, vi scongiuriamo: liberateli subito. Al popolo iracheno e a tutti gli amanti della pace nel mondo, e in Italia, chiediamo di aiutarci nel tentativo di salvare la vita di Simona Pari, di Simona Torretta, di Ra'ad Alì Abdul-Aziz, di Mahnaz Bassam. Erano a Baghdad a nome di tutti noi. Nella loro prigione siamo anche noi, oggi. La loro liberazione sarebbe uno spiraglio di luce nel buio della violenza. Ancora in queste ore, in molte città irachene, la guerra miete vittime innocenti. Perciò continuiamo a chiedere con fermezza che tacciano le armi, che termini l'occupazione.
Ogni forma di mobilitazione, di pressione, gli appelli e le fiaccolate, i messaggi ai rispettivi governi sono i mezzi di cui disponiamo, noi popolo della pace. Usiamoli tutti, adesso. Al movimento italiano chiediamo di scendere in piazza, in ogni città, da subito, con i colori dell'arcobaleno e nel nome delle nostre sorelle e dei nostri fratelli sequestrati in Iraq.
Il Comitato italiano Fermiamo la guerra, organizzatore delle marce del 15 febbraio 2003 e del 20 marzo 2004
Un ponte per Baghdad
Associazione delle Ong italiane
"Questi terroristi sono i veri nemici del popolo iracheno" - dice l'Associazione delle Ong italiane. "E' stato un fatto inatteso, del quale non abbiamo avuto nessun segnale in precedenza, siamo molto preoccupati e stiamo valutando insieme a tutte le Ong la strategia migliore da mettere in campo, per arrivare al più presto alla liberazione delle due operatrici umanitarie. Siamo in contatto costante con l'unità di crisi della Farnesina per capire come comportarci nei confronti dell'altro personale presente in Iraq" - afferma afferma Sergio Marelli, Presidente dell'Associazione. "Dopo il rapimento e l'omicidio di Baldoni sembrerebbe esserci la volontà precisa di colpire le organizzazioni umanitarie che hanno come prima finalità quella di aiutare il popolo iracheno e che hanno dichiarato da sempre il loro no alla guerra anche con una vena di criticità nei confronti dell'occupazione anglo-americana. Questo terrorismo che colpisce indiscriminatamente, non solo è un fenomeno da condannare come sempre abbiamo fatto e da isolare ma oggi, probabilmente è anche il maggior nemico del popolo iracheno. Questi uomini armati non rappresentano assolutamente gli iracheni e non saranno queste atti tragici e drammatici a far cambiare le finalità delle Ong che stanno lavorando in Iraq per ricostruire il paese e per aiutare la popolazione in difficoltà".
Tavola della Pace
Di fronte al rapimento delle due volontarie, Flavio Lotti, coordinatore nazionale della "Tavola della pace", afferma che "il rapimento di Simona Torretta e Simona Pari ci mostra quanto sia profondo il caos nel quale è precipitato l'Iraq a causa di una guerra che, come avevamo previsto, invece di risolvere i problemi li ha aggravati. Prima i soldati, poi l'Onu, poi i giornalisti ed ora anche i costruttori di pace vengono travolti dal turbine della guerra e del terrore. Chi ha scatenato quella guerra, contro il buonsenso e il diritto internazionale, si è assunto questa grave, gravissima responsabilità". "Chi non lo avesse ancora fatto deve aprire gli occhi. Non si potrà mai mettere fine alla violenza aggiungendone dell'altra, come abbiamo fatto in Afghanistan, in Iraq, in Cecenia e in Palestina - aggiunge Lotti. L'Italia non può continuare a partecipare a questa guerra infinita e sperare di non esserne travolta". E il Coordinatore chiede "all'Italia, ai cittadini e alle istituzioni di unirsi per ottenere la rapida liberazione di queste due ragazze. Nulla deve restare intentato. Nessun minuto deve essere perso".
Ucoi: Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia
"Liberatele!": è questo l'appello ai sequestratori lanciato dall'Ucoii, l'Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia, appena saputo del rapimento di Simona Pari e Simona Torretta. "Chiunque voi siate e qualunque siano le motivazioni che vi hanno spinto a questo gesto, lasciate andare Simona Pari e Simona Torretta subito e senza condizioni, non lasciate che altra angoscia si assommi all' angoscia, testimoniate coscienza di un debito di riconoscenza nei confronti di coloro che hanno condiviso la sofferenza del popolo iracheno negli anni dell'embargo, che sono rimasti nel paese quando dal cielo piovevano le bombe, che non l'hanno abbandonato neanche in questi mesi orribili di confusione e violenza".
Articolo di Simona Pari per Carta: Le pagine bianche dei libri scolastici
INFORMAZIONI SU "UN PONTE PER..."
da Un ponte per...
Nata nel 1991 come campagna di raccolta fondi per le vittime civili della guerra del Golfo, 'Un Ponte per Baghdad' si è trasformata nell'associazione di volontariato 'Un Ponte per...'. Attualmente ha circa 500 aderenti e comitati locali in diverse città italiane. Le attività si basano principalmente sul lavoro volontario dei soci ed è finanziata con campagne pubbliche di raccolta fondi e contributi di Enti Locali.
Obiettivo dell'associazione - che è presente anche a Belgrado, Chatila, Diyarbakir - è "il contrasto della dominazione dei paesi del nord sul sud del mondo e la prevenzione di nuovi conflitti, in particolare in Medio Oriente, attraverso campagne di sensibilizzazione, incremento degli scambi culturali, delle relazioni di amicizia e della cooperazione allo sviluppo" e si considera parte di quel vasto movimento globale che si raccoglie intorno al World Social Forum.
Basata sul volontariato l'associazione è stata fondata appunto con lo scopo di promuovere iniziative di solidarietà in favore della popolazione irachena, colpita dalla prima guerra in Iraq e in opposizione all'embargo a cui il Paese è stato per lungo tempo sottoposto. Nel Paese del Golfo l'associazione, con il nome di "Un ponte per Baghdad", ha realizzato diversi progetti di aiuto nel campo sanitario, della depurazione delle acque e nel campo educativo in collaborazione con la Mezza Luna Rossa Irachena (IRCS), con alcune agenzie dell'ONU e dell'Unione Europea. Il lavoro e' stato svolto durante l'intero periodo dell'embargo, con l'organizzazione di numerose delegazioni di osservatori e pacifisti italiani e internazionali, e durante il periodo dei bombardamenti del 2003, con la realizzazione degli interventi di emergenza nelle aree piu' duramente colpite dalla guerra.
Dopo la guerra del 1991 accanto agli interventi umanitari "Un ponte per..." ha assunto l'obiettivo di sostenere lo sviluppo della società civile irachena e nel 1999, con il drammatico evolversi della situazione nei Balcani, l'Associazione ha lanciato un altro 'ponte' promuovendo - tramite la campagna "Un ponte per... Belgrado" - progetti per l'invio di medicinali e presidi sanitari agli ospedali della Federazione Jugoslava e per l'aiuto ai profughi dal Kosovo.
A queste sono seguite altre campagne tra cui "Un Ponte per⅀ Chatila" come azione di solidarieta' verso i profughi presenti in Libano, "Un ponte per Dyarbakir", in Turchia.
Altre fonti: Rainews 24, Repubblica