Iraq: crimini di guerra a Falluja, i soccorsi devono entrare

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I marines americani oggi hanno dichiarato ormai virtualmente "conclusa" l'offensiva scatenata l'8 novembre, insieme alle forze regolari locali, contro la roccaforte sunnita di Falluja, una sessantina di chilometri a ovest di Baghdad. Stando tuttavia a fonti giornalistiche al seguito delle truppe statunitensi, di primo mattino nella parte meridionale della città sono riesplosi violentissimi scontri. Almeno nove morti e 15 feriti nei combattimenti che dalle prime ore di oggi infuriano nel pieno centro di Ramadi tra guerriglieri sunniti e truppe Usa-irachene, appoggiate dalle forze regolari irachene.

"Le recenti notizie provenienti da Falluja sollevano forti timori che nella città irachena stiano avendo luogo gravi violazioni delle leggi di guerra a protezione dei civili e di persone armate messe "fuori combattimento"- dichiara Amnesty International. Secondo il network statunitense Nbc, i soldati americani hanno ferito cinque iracheni all'interno di una moschea; il giorno dopo, sabato 13, altri marine sono entrati nella moschea e uno di loro ha sparato alla nuca ad uno dei feriti, senza che questi fosse apparentemente armato. Non è chiaro cosa sia accaduto agli altri quattro feriti.

Le autorità statunitensi hanno affermato di aver allontanato dal campo di battaglia un soldato e che verrà aperta un'indagine. Amnesty International ritiene che debbano essere prese misure urgenti per impedire ogni ulteriore violazione. "Devono essere impartiti o ribaditi ordini perentori ai soldati Usa e iracheni e al personale civile sul corretto trattamento dei combattenti disarmati e feriti. Le forze statunitensi e irachene devono avere ben chiaro che in base al diritto internazionale esse hanno l'obbligo di prestare le cure mediche necessarie ai feriti che non costituiscono più una minaccia, così come alla popolazione civile" - ha dichiarato un portavoce di Amnesty International. "L'uccisione deliberata di combattenti disarmati e feriti che non pongono un'immediata minaccia è un crimine di guerra di diritto internazionale e ne consegue l'obbligo, per le autorità statunitensi, di indagare su tutti i casi del genere e di portare i responsabili di fronte alla giustizia. Chiediamo che queste indagini siano aperte e trasparenti, che ogni eventuale testimone sia protetto e che i risultati siano resi pubblici".

Amnesty aveva già chiesto alle autorità Usa di indagare su un caso analogo a quello rivelato dalla Nbc, denunciato dall'emittente televisiva britannica Channel 4. L'organizzazione chiede alle forze statunitensi e irachene di assicurare che tutte le persone ferite nei combattimenti di Falluja, sia civili che uomini armati, ricevano tempestive e adeguate cure mediche. Inoltre, dovranno essere prese misure immediate per affrontare la drammatica situazione umanitaria della città.

Attualmente, in città mancano acqua ed elettricità e non c'è un piano per evacuare i feriti, i quali non stanno ricevendo assistenza sanitaria. La Società della Mezzaluna irachena ha potuto raggiungere gli ospedali alla periferia di Falluja ma non le è stato ancora consentito di fornire cure e soccorsi alle persone che si trovano all'interno della città. La maggior parte della popolazione civile è chiusa nelle proprie case o si nasconde in luoghi riparati. Non vi è alcuna informazione sulle vittime civili. "A Falluja c'è un disperato bisogno di aiuto. E' urgente consentire alla Mezzaluna irachena e alle altre organizzazioni umanitarie di entrare in città" - ha aggiunto Amnesty International. I combattenti hanno a loro volta violato le leggi internazionali di guerra: "I gruppi armati hanno l'obbligo di rispettare le norme fondamentali del diritto umanitario. Anche nascondere esplosivi in mezzo ai cadaveri è un crimine di guerra".

Non si spegne intanto l'emozione suscitata dall'esecuzione dell'anglo-irachena Margaret Hassan, la prima donna ostaggio uccisa in Iraq, dove da anni era responsabile delle attività di soccorso dell'organizzazione umanitaria Care. "L'assassinio dell'operatrice umanitaria Margareth Hassan, reso noto nello stesso giorno in cui è stata diffusa la fotografia dell'uccisione a sangue freddo di un prigioniero da parte di un soldato statunitense, testimonia ancora una volta quale baratro la guerra abbia scavato" - sottolinea un comunicato di "Un ponte per". "Conoscevamo Margareth, il suo amore per il popolo iracheno, la sua dedizione al lavoro umanitario, era una di noi. Non conosciamo invece i suoi assassini mascherati, ma siamo certi, chiunque essi siano, che non lavorano per la democrazia in Iraq. Non conosciamo nemmeno i tanti civili iracheni periti sotto le bombe, anche loro sono parte del nostro popolo, il popolo della pace" - nota il comunicato. 'Un ponte per...' ribadisce che "l'Iraq ha bisogno di pace e la pace non si fonda con la guerra". "E' urgente che la comunità internazionale assuma le sue responsabilità verso la popolazione irachena ponendo fine alla occupazione e alle atrocità di cui è responsabile e favorendo il dialogo tra tutte le componenti del popolo iracheno. Solo questo dialogo può aprire la strada ad elezioni giuste, ad una vera sovranità e nel contempo isolare i terroristi che lavorano contro la stessa popolazione.
'Un ponte per...' ha promosso a Roma (15 - 30 novembre) nell'ambito dell' esposizione delle opere dei maestri calligrafi iracheni, una mostra fotografica sulla "violazione della cultura irachena, patrimonio dell'intera umanità". [GB]

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