Intersos: grazie, ora occorre continuare

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Il momento tanto atteso è giunto. Simona, Simona, Mahnaz e Ra'ad hanno potuto riabbracciare i propri cari e ricongiungersi a noi. Grazie a tutti quelli che hanno collaborato a questo meraviglioso risultato; grazie a quanti si sono mobilitati, facendo sentire la loro vicinanza e la loro partecipazione; grazie a quanti ci sono stati vicini: è stato, per gli amici di Un Ponte per e di Intersos, uno straordinario segno di solidarietà che ci ha permesso di coltivare, anche nei momenti più difficili, la speranza.
Grazie al governo ed alle altre istituzioni italiane, grazie a tutte le forze politiche, alle organizzazioni, associazioni e reti della società civile, alle ong della solidarietà e del volontariato, alle organizzazioni religiose, ed in modo particolare a tutte le comunità musulmane d'Italia.
Grazie a quanti, governi, istituzioni, organizzazioni, comunità religiose del mondo arabo e musulmano hanno preso a cuore la sorte dei quattro volontari.
Grazie alle moltissime persone che, in Iraq, hanno espresso indignazione di fronte al tentativo di cancellare quel ponte di solidarietà e di comprensione costruito da Simona, Simona, Mahnaz e Ra'ad e dal mondo del volontariato che essi stanno così degnamente rappresentando; grazie a quanti, sempre in Iraq, visibili o nascosti, hanno contribuito ad alimentare la nostra speranza e a giungere a questa felice conclusione.
Le "nostre margherite" - il fiore simbolo dei nostri quattro volontari - ancora una volta sono cresciute lì dove la terra è arida e salata, lì dove sembrava impossibile. La loro forza e quella di chi li ha sostenuti è prevalsa. È la forza e il messaggio del volontariato, dei valori della solidarietà, del dialogo, della comprensione, della conciliazione, della convivenza tra diversi, anche nella nostra Italia. È la forza dei "ponti". Ponti che, in questa pur infelice situazione, sono stati riscoperti e che ora occorre mantenere solidi: con la politica e con la condivisione delle responsabilità di fronte alle sfide del terrorismo, delle ingiustizie globali, della fame, delle malattie, dell'ignoranza.
In questo momento di grande gioia rimane il dolore per tutti coloro che sono stati barbaramente uccisi e per le persone innocenti colpite dai bombardamenti; rimane l'angoscia per gli ostaggi di ogni nazionalità ancora in mano ai sequestratori; rimane il pianto dei familiari delle vittime ed il dolore di quanti, come noi, non cessano di credere nel valore di ogni essere umano. Rimane la sofferenza del popolo iracheno, che non vede né pace né futuro, che rifiuta il terrorismo e che non ravvisa nella guerra, nell'occupazione armata e nei bombardamenti alcuna reale possibilità di cambiamento e di democrazia e resiste ad ogni forma di violenza. La strada della politica e del dialogo negoziale, quella che costruisce e consolida "ponti", deve riuscire a fare tacere le armi.
Occorre quindi continuare. Per quanto ci riguarda, manteniamo l'impegno preso con le popolazioni irachene nel restare al loro fianco, proseguendo e sviluppando le attività umanitarie che la situazione impone.

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