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In Israele e in Palestina è ancora violenza
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Foto: Robert Bye da Unsplash.com
Per il Ministero della Salute palestinese, questo 2023 è il più mortale degli ultimi 23 anni: 96 persone uccise dalle forze israeliane da gennaio, tra cui 16 bambini, al ritmo di quasi un decesso al giorno (dato diffuso l’11 aprile). Sono questi i numeri del sesto Governo Netanyahu, in carica dal 29 dicembre scorso e il più a destra di questi 75 anni della storia d’Israele. In tutto lo Stato ebraico, come anche in Cisgiordania, è un periodo particolarmente teso. I musulmani celebrano il mese sacro del Ramadan (termina il 21 aprile), gli ebrei il Pesach (la loro Pasqua), che quest’anno coincidono. Costanti gli scontri tra forze di sicurezza di Tel Aviv e palestinesi, come anche gli attacchi terroristici di questi ultimi, mentre le città dello Stato ebraico sono state attraversate dalle proteste contro la riforma della giustizia, definite le più imponenti e diffuse mai viste in Israele.
Il 31 marzo le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso un fedele palestinese di 26 anni davanti alla moschea di Al-Aqsa, sulla Spianata delle Moschee (il Monte del Tempio per gli ebrei) nella Gerusalemme Est occupata. Pochi giorni dopo, il 4 aprile, la polizia vi ha fatto poi irruzione, aggredendo i fedeli musulmani. Ne sono nati scontri, con 190 feriti e oltre 350 arresti. Scena che si è ripetuta anche il giorno successivo, con altri sei feriti e circa 150 fedeli musulmani barricati nella sala di preghiera di Qibli, per impedire alla polizia israeliana di portarli via con la forza. Tali azioni hanno suscitato l’indignazione internazionale (dall’ONU alla Lega Araba, passando per gli USA) e scatenato il lancio di razzi verso Israele dalla Striscia di Gaza, dal nord del Libano e dalla Siria (dove lo Stato ebraico occupa dal 1967 e ha annesso le alture del Golan), con successivi raid aerei israeliani di rappresaglia sui quei territori.
Alla Moschea di Al-Aqsa sono vietate, in base a decenni di accordi internazionali, le visite, le preghiere e i rituali, dei non musulmani se non richieste. Ma le forze di sicurezza israeliane vi sono entrate regolarmente per scortare fuori i fedeli, soprattutto durante la notte (lo Stato ebraico non consente la pratica religiosa dell’Itikaf al di fuori degli ultimi dieci giorni del Ramadan) e dopo l’abituale preghiera dell’alba, per garantire l’afflusso quotidiano dei coloni sulla Spianata che avviene al mattino presto.
“Gli ebrei devono poter salire al Monte del Tempio, che non è solo per gli arabi ma il posto più importante per lo Stato di Israele”, ha tuonato sollecitando le irruzioni il Ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben Gvir del partito di estrema destra Otzma Yehudit, in un’intervista televisiva. Per i palestinesi, Israele impedisce la loro libertà religiosa. Mentre per i gruppi ebraici ortodossi estremisti, come i Fedeli del Monte del Tempio, la moschea di Al-Aqsa andrebbe addirittura rasa al suolo, poiché ritengono sia stata sede in passato di due loro templi storici...