Imprese: crimini accertati per Unocal e Marghera

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Unocal, multinazionale americana del gas e del petrolio, ha annunciato di aver raggiunto un accordo, in via di principio, per un patteggiamento con le controparti, in relazione alla causa che la vedeva imputata di violazione dei diritti umani in Myanmar (ex-Birmania). Il processo avrebbe dovuto iniziare nei prossimi mesi. Pur accettando il patteggiamento, Unocal ha respinto ogni accusa di merito fatte da parte dei legali dell'International Labor Rights Fund in nome di 15 lavoratori birmani, rimasti anonimi, riguardo alle violenze commesse dai militari del Paese asiatico tra il 1993 e il 1998, durante la costruzione di un gasdotto verso la Thailandia, del valore di 1,2 miliardi di dollari. La rilevanza del processo era data dal fatto che, per la prima volta, un'impresa statunitense veniva chiamata davanti ad una giuria del proprio Paese, per rispondere di violenze commesse all'estero. I termini del patteggiamento sono ancora confidenziali ma, secondo un comunicato diffuso ieri da Unocal, compenserà i querelanti e fornirà risorse per migliorare le condizioni di vita, la salute e l'educazione delle popolazioni interessate dal metanodotto, proteggendone i diritti.

In Italia fa discutere la sentenza sul petrolchimico di Marghera che ha decretato che solo la prescrizione del reato salva gli imputati, le cui responsabilità morali in questo crimine permangono. Per Legambiente viene dimostrata la relazione tra il modo di impostare e condurre l'impresa e le pesanti conseguenze sulla popolazione e i lavoratori, fornendo uno strumento in più per il futuro: una riconversione della logica industriale che garantisca il rispetto della salute dei lavoratori e dei cittadini, dell'ambiente e della legge. "A Marghera si è operato un vero e proprio crimine ambientale e contro la salute umana - afferma Roberto Ferrigno, direttore campagne di Greenpeace - "questo fatto rafforza le ragioni del referendum consultivo contro la chimica del cloro a Porto Marghera, che è stato lanciato a novembre". Per Greenpeace è urgente adottare uno strumento giuridico internazionale sulla responsabilità delle aziende in modo da prevenire simili tragedie. Ancora oggi, in Italia e nel mondo, tanti lavoratori sono esposti a produzioni pericolose e le aziende non si assumono le loro responsabilità.

Greenpeace, giusto una settimana fa, a Mestre, con il seminario "Da Bhopal alla chimica del futuro" aveva denunciato il comportamento della Dow in occasione dell'anniversario del disastro di Bhopal in India, caso emblematico di crimine ambientale.

La Dow non ha perso l'occasione di ribadire ancora oggi che non intende assumersi la responsabilità della tragedia di Bhopal. "Non è moralmente accettabile che il settore pubblico si assuma l'onere dell'inquinamento prodotto da soggetti privati. In Italia, con 50 siti da bonificare, è partita solo quella dell'Acna di Cengio" ha detto Michele Vinello, vicepresidente della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti. "Quanto accaduto 20 anni fa deve costituire una lezione da non dimenticare" ha commentato Greenpeace mentre le istituzioni europee stanno discutendo della riforma della chimica in Europa - il sistema REACH - con l'obiettivo di promuovere una chimica sicura che sia in grado di tutelare l'uomo e l'ambiente dalle produzioni pericolose. [AT]

Altre fonti: Responasabilità sociale delle imprese

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