(Im)preparati di fronte alla pandemia: il punto dell’Accademia nazionale dei Lincei

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Immagino: Unsplash.com

La commissione Salute dell’Accademia nazionale dei Lincei – ovvero la più antica accademia scientifica del mondo, che annovera tra i suoi primi soci figure del calibro di Galileo Galilei – un documento che affronta con criteri «profondamente ed esclusivamente medico-scientifici» tutti gli aspetti del coronavirus Sars-Cov-2 e della Covid-19 con cui l’Italia e il mondo stanno facendo i conti. Nella prima edizione di questo documento (che sarà aggiornato mensilmente) sono molti i temi toccati, tra i quali emerge quello della preparedness come di particolare interesse.

«L’esperienza della Corea del Sud suggerisce – spiega il documento – che il grado di preparazione (la preparedness) del Paese associato ad approcci tecnologici possono giocare un ruolo molto importante nel controllo della diffusione delle infezioni». Tra i fattori che hanno contribuito al maggior grado di preparazione della Corea del Sud di fronte all’avanzare dell’epidemia da Sars-Cov-2 c’è sicuramente la recente esperienza storica del Paese, che è stato investito sia dalla prima epidemia da coronavirus scatenatasi dall’inizio del millennio (Sars, nel 2003) sia – soprattutto – dalla seconda (Mers, 2015). L’Italia non ha provato sulla propria pelle le medesime esperienze, ma anche altre lacune hanno certamente influito sul grado di (im)preparazione col quale il Paese – come molti altri – si è trovato a fronteggiare la pandemia. Riportiamo di seguito le riflessioni espresse dall’Accademia dei Lincei nel merito (qui il documento integrale)

Preparedness o l’essere preparati

Di fronte all’enorme tragedia di morte e sofferenza provocata dalla pandemia di COVID-19, di fronte al disastro sociale ed economico che sta causando, è inevitabile chiedersi quanto il mondo nel suo complesso e l’Italia in particolare erano o avrebbero dovuto essere preparati. Secondo il “2019 Global Health Security Index ranking” l’Italia non era particolarmente attenta ai problemi posti dalla diffusione delle malattie infettive.

È giustificato questo giudizio? In poche settimane oltre 50 medici e 50 infermieri in Italia hanno perso la vita a causa della pandemia e un numero ancor maggiore è stato posto in isolamento perché infetto. È una perdita gravissima che non dovremo mai più permetterci. Certamente si sarebbe potuto fare di più, in numerosi aspetti di cui alcuni molto importanti e relativamente semplici. D’altra parte, molti altri paesi e gli stessi organismi internazionali si sono mossi in modo poco coordinato, spesso confuso e a volte contraddittorio.

Non bisogna dimenticare, però, che solo pochi mesi or sono l’ipotesi di destinare energie e risorse per essere meglio preparati verso una possibile, ma comunque ipotetica pandemia non avrebbe avuto la forza di superare indifferenza, scetticismo, atteggiamenti anti-scientifici e sospetti di oscuri interessi e corruzione. Come sarebbe stato possibile indurre un paese che ha difficoltà a convincere una quota elevata della sua popolazione dell’importanza delle vaccinazioni basilari dell’infanzia, a destinare una parte significativa delle risorse per essere preparati verso un evento mai visto, come una nuova pandemia? Quasi tutti i paesi del mondo hanno questo tipo di problema che declinano ognuno in modo diverso sulla base della propria cultura.

Una valutazione di come l’Italia ed il mondo potevano essere meglio preparati e di come si sta reagendo di fronte alla pandemia, potrà essere fatta solo quando la pandemia sarà finita. È comunque probabile che in futuro la preparedness sarà molto più al centro dell’interesse nella politica della salute pubblica.

La lezione sui pericoli di atteggiamenti anti-scientifici e sugli errori nell’allocazione delle risorse che l’Italia ed il mondo stanno vivendo è complessa e durissima, così dura che oggi non si può avere un’idea chiara del “dopo” che ci sta aspettando.

Da Greenreport.it

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