Il sangue “risparmiato”

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In un libro molto bello uscito nel 2013, dal titolo “La conta dei salvati”, la storica Anna Bravo ci ricorda, attraverso alcune dettagliate ricostruzioni che vanno dalla Grande Guerra alle battaglie autonomiste del Tibet, che il sangue risparmiato fa storia (o almeno dovrebbe farla) come il sangue versato. Il racconto delle gesta di chi si è speso per salvare delle vite in tempo di guerra mi è tornato insistentemente in mente mentre leggevo i risultati di uno studio realizzato dal Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale (Cergas) dell’Università Bocconi di Milano per quell’arzilla novantenne che è oggi l’Associazione dei Volontari Italiani del Sangue (Avis). Presentata lo scorso 20 febbraio a Roma, presso la Camera dei Deputati, l’indagine è contenuta nel libro “La VIS di AVIS. La valutazione dell’impatto economico e sociale dell’Associazione Volontari Italiani del Sangue”, curato dal presidente nazionale Avis Vincenzo  Saturni, assieme al professor Giorgio Fiorentini e alla dottoressa Elisa  Ricciuti dell’Università Bocconi e ha voluto approfondire e quantificare i benefici sanitari, sociali e relazionali prodotti dai donatori volontari di Avis attraverso le risposte di un campione di 1.023 donatori di 4 diverse sedi.

I risultati? Molto interessanti per i donatori abituali, ancor di più per chi non ha mai preso in considerazione l’ipotesi di diventare un donatore. In ambito sanitario, infatti, “circa il 13% dei volontari del sangue ha potuto usufruire di una diagnosi precoce di qualche patologia attraverso i test di qualificazione sierologica e le visite medico specialistiche che precedono la donazione di sangue”, un servizio che oltre ad informare in anticipo il donatore sulle sue mutate condizioni di salute, permette di fare prevenzione con significativi risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale. Ma i benefici riscontrati non si fermano qui e hanno riguardato anche le abitudini alimentari dei volontari, visto che il 56,8% dei donatori ha affermato “di aver cambiato in meglio le proprie abitudini nutrizionali proprio in virtù dell’appartenenza a un’associazione di volontariato del sangue. Il 37,8% ha ritenuto importante diminuire il consumo giornaliero o settimanale di alcolici. Il 42,3% del campione ha affermato di aver modificato i propri comportamenti come fumatore, o eliminando del tutto l’abitudine oppure riducendo il consumo giornaliero di sigarette”. Se qualcuno avesse ancora dubbi sui benefici apportati dall’essere un donatore di sangue aggiungiamo il dato sull’attività fisica: “con il 26,2% degli intervistati che dichiara di aver aumentato spontaneamente le ore settimanali dedicate alla corsa o ad altri sport”. 

L’analisi del Cergas ha cercato infine di capire gli eventuali benefici maturati dai donatori Avis in campo relazionale e sociale, scoprendo che il 30% dei donatori volontari ha stretto rapporti interpersonali con altri associati, con una media di 5,1 persone nuove conosciute. Inoltre è stato di circa il 70% il campione di donatori e volontari che hanno affermato “di aver accresciuto il proprio senso di soddisfazione e autorealizzazione dalla partecipazione alle attività dell’associazione”, sviluppando una maggiore sensibilità anche nei confronti di altre organizzazioni di volontariato, tanto da far dichiarare al 32% del campione “la propria disponibilità a collaborare per altre Onlus” e al 23% “la volontà di incrementare le proprie erogazioni liberali”. Ma come si traducono le percentuali dei benefici sanitari, sociali e relazionali prodotti dai donatori volontari di Avis e con buona probabilità anche di una parte consistente dei donatori delle altre realtà che in Italia compongono il Coordinamento Interassociativo dei Volontari Italiani del Sangue (Civis) cioè Avis, Fidas, Fratres e Croce Rossa Italiana

Nel tentativo di quantificare il valore che viene attribuito all’esperienza della donazione, lo studio ha determinato in 8 Euro la cifra restituita in media alla comunità per ogni Euro che viene investito nelle attività del volontariato del sangue e in 17,85 Euro il costo risparmiato per ogni donazione di sangue, un valore ottenuto dalla somma dei costi di spostamento per arrivare al centro trasfusionale o all’unità di raccolta dell’associazione, dal costo in termini di rinuncia ad altre attività personali o lavorative e da un’ipotetica disponibilità a pagare per l’attività di volontariato. Il metodo di valutazione usato nella ricerca, cioè quel Social Return on Investment (Sroi) meglio conosciuto in italiano come Ritorno Sociale sugli Investimenti, ha misurato quindi la capacità di un’associazione come Avis di generare un valore economico per la collettività, attraverso la promozione delle attività di donazione e/o volontariato all’interno dell’Associazione.

Tutto qui? Certo il ritorno economico non solo sulla sanità pubblica è importante, ma la ricerca ha mostrato che vi è molto di più dietro l’organizzazione e il prelievo del sangue dei donatori. “Per quanto il volontariato non sia nella sua essenza quantificabile - ha dichiarato il presidente Saturni - con questa ricerca abbiamo voluto svelare le ricadute positive sanitarie e sociali del volontariato del sangue, frutto anche di una organizzazione attenta, capillare e basata sulla programmazione. Ci auguriamo che questo testo possa fungere da strumento di approfondimento e di lavoro per tutti i soggetti interessati, a partire dai decisori politici ai vari livelli, Governo e Ministeri competenti, Regioni, Enti Locali, per il mondo dell’associazionismo, per gli operatori sanitari del settore trasfusionale e non solo”. In questo senso il volume di Avis offre un interessante punto di vista sul cosiddetto “superamento del PIL” rilanciando, a partire dal sangue donato, la convinzione che esista un modello di valutazione sociale che misura, quantifica e comunica con parametri non solo e sempre economici.

Ma cosa c’entra tutto questo con la lezione della storica Anna Bravo? “Sarei felice - ha scritto la Bravo nel primo capitolo del libro che ho ricordato in apertura - se questi racconti servissero a ribadire due preziosa ovvietà: che fare qualcosa o non farlo dipende dai rapporti di forza, ma quasi altrettanto dalla forza interiore; e che il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato”. Per quanto il libro racconti le vite salvate in tempi di guerra, mi sembra di poter trovare un filo conduttore anche in tempo di pace nell’opera di tutte le associazioni e le federazioni impegnate, grazie alla loro capillare rete di donatori, nella quotidiana e spesso poco conosciuta raccolta di quel “sangue risparmiato” per chiunque ne abbia bisogno. Un contributo sanitario, civile e sociale importantissimo, che va ben oltre l'aspetto meramente economico e che spesso fa di un gesto isolato ed emotivo un’abitudine di vita come è stato per Fratel Vasco Santi, dal 1975 coordinatore del Gruppo Donatori “San Leone Magno” dell’Ematos-FIDAS e nominato lo corso 2 febbraio all’età di 89 anni Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana “per il suo straordinario contributo nella promozione e organizzazione delle campagne di donazione del sangue”. Tra le onorificenze conferite “motu proprio” dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella quella a Santi è stata “Un giusto riconoscimento - ha ricordato la Fidas - per chi ha dedicato una buona parte della propria vita educando gli studenti alla solidarietà, attraverso la donazione volontaria, periodica, responsabile, anonima e gratuita del sangue umano e dei suoi componenti”. 

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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