Il genere e il pensiero della Meloni

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È curioso vedere come in questi giorni, molti personaggi pubblico-mediatici, politici, ma non solo, donne, ma non solo, di destra, ma non solo, sottolineino positivamente e si felicitino del fatto che, per la prima volta in Italia sia stata nominata una premier donna. Che Giorgia Meloni sia donna sembra prevalere sulla sua ideologia politica.

Da un lato, questo atteggiamento sottende una sorta di discriminazione positiva basata sul genere, come se esistesse un “pensiero femminile” condiviso da tutte le donne. Difficile pensare che la premier, Nilde Iotti, Tina Anselmi, Liliana Segre e molte altre possano essere accomunate da un idem sentire per il fatto di essere donne. Supporre che esista un pensiero di genere, si configura in modo simile alle concezioni razziali.

Da un altro lato, allargando lo sguardo, questo atteggiamento rivela un progressivo prevalere del presunto “naturale” sul culturale. Essere donna o uomo non è una scelta. Pur aderendo all’idea, sempre più diffusa, della fluidità di genere, rimane il fatto che qualunque genere si voglia adottare – compreso il non-genere – questo non presuppone un pensiero comune e condiviso.

Ipotizzare che esista un pensiero, per quanto fluido, legato a un genere, anche temporaneo, significa “naturalizzare” quel genere, attribuendogli la capacità di condizionare il pensiero, nello stesso modo in cui si pensa che una presunta “razza” possa determinare una cultura...

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