Il carcere ha bisogno della società

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Foto: Unsplash.com

"Rindo Reggina Celi c’è ‘no scalino, chi nun salisce quello non è romano. Non è romano e nemmeno tresteverino”. Lo stornello romanesco attribuiva alla frequentazione con il carcere la vera romanità, che partiva dal rione popolare e povero di Trastevere, per cui delinquere era l’orgoglio e il passaggio obbligato della cittadinanza maschile romana.

Da quando nel 1881 il Convento dedicato a Santa Maria di Via della Lungara 29 venne trasformato in Carcere, l’espansione della città dopo la Seconda Guerra mondiale riguardò anche gli istituti penitenziari, portando alla costruzione del Carcere di Rebibbia, nella periferia est, che dal 1972 occupa quattro istituti carcerari di cui uno femminile.

Dal 2017 fino 15 marzo scorso, Gabriella Stramaccioni ha sostenuto i percorsi delle persone carcerate come Garante dei diritti della persone private della Libertà per il Comune di Roma. Una vita da sportiva prima e da dirigente dell’UISP (Unione Italiana Sport per Tutti) poi, Gabriella conosceva il carcere sia per l’aspetto sportivo sia per la sua lunga esperienza nell’Associazione Libera. La incontriamo in una mattina primaverile, in uno storico palazzo del Centro Storico romano, per parlare della sua esperienza appena terminata. Infatti, non senza polemiche, l’incarico di Gabriella non è stato riconfermato dall’Assemblea capitolina, che le ha preferito l’attivista dei diritti umani Valentina Calderone. Ma i cinque anni di lavoro intenso e capillare, sempre dalla parte delle persone detenute anche e soprattutto durante il periodo dell’emergenza Covid, non sarà cancellato e speriamo sia portato avanti con la stessa capacità e precisione. Dall’esperienza di Gabriella Stramaccioni sono partite anche importanti denunce a cui la Procura della Repubblica di Roma ha dato seguito: l’ultima, qualche settimana fa, riguardante la morte nel 2021 di Abdel, giovane tunisino rinchiuso al CPR di Ponte Galeria e deceduto in stato di contenzione presso l’Ospedale romano San Camillo.

La più nota inchiesta riguarda l’appalto di vitto e sopravvitto al Carcere di Rebibbia, forniture affidate sempre alla stessa ditta, di cui aveva fatto denuncia anche la Polizia Penitenziaria riportando un articolo del quotidiano Domani (https://www.poliziapenitenziaria.it/carceri-italiane-il-business-del-vitto-appalti-vinti-sempre-dalla-stessa-azienda-a-cifre-stracciate/); la Procura della Repubblica, su sollecitazione di Gabriella, è intervenuta nel gennaio scorso. Ma soprattutto, Gabriella in quanto Garante ha sempre denunciato i tanti, troppi suicidi nella carceri romane e italiane, frutto di un sistema punitivo che non ha niente di sociale e di rieducazione...

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