Il Risiko pericoloso alle frontiere ucraine

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Foto: Unsplash

Si spera ancora in un “grande bluff di Mosca”, ma intanto la Nato si muove. Concretamente, mobilitando uomini e mezzi ed è la prima volta. Sembra sempre più un immenso buco nero la crisi ai confini con l’Ucraina, capace di inghiottire la pace mondialeRussia e Stati Uniti, assieme agli alleati della Nato, si fronteggiano lungo la frontiera del Donbass, terra massacrata da dieci anni di conflitto separatista. I 100mila uomini ammassati da Mosca – alcuni osservatori dicono 170mila – stanno creando un Risiko pericoloso. Sul fronte diplomatico, i colloqui diretti fra Biden e Putin hanno avuto ad oggi il senso di tenere aperti i canali. Mosca dice di non voler invadere, ma fa capire di volersi fermare solo se verrà accettato da Washington il memorandum mandato in dicembre: stop dell’allargamento Nato a est, Ucraina fuori dall’alleanza Atlantica, garanzie scritte per il futuro. Biden ha detto no, ma la risposta scritta arriverà a giorni.

Nel frattempo, il presidente Usa cerca di tenere insieme l’Alleanza. Gli europei non appaiono granitici, soprattutto sul fronte sanzioni. La Germania dipende, per la propria produzione industriale e per la vita quotidiana, dal gas russo. Se Putin chiude i rubinetti, per Berlino sono tempi duri, quindi sul fronte sanzioni non c’è alcuna unità.

Sul fronte militare le cose si muovono più rapidamente e con molti più protagonisti. Gli Stati Uniti stanno dislocando almeno 5mila uomini sul Baltico. Altri 8.500 sarebbero pronti a raggiungere Kiev in qualsiasi momento. La Svezia ha mobilitato l’esercito e la Finlandia sta seriamente considerando – per la prima volta – l’ipotesi di entrare nella Nato. La risposta russa è stata, come sempre, d’astuzia e destabilizzante. Mosca ha spostato uomini anche in Bielorussia, ufficialmente per manovre militari, ma c’è chi dice che a Putin non spiacerebbe annetterla direttamente. Ha poi annunciato di avere trovato nuove intese e di voler avviare “missioni militari” con Cuba e con il Venezuela per “azioni congiunte in campo internazionale”. Ha, insomma, creato azioni di disturbo, diversivi. Gli stessi che molte cancellerie vedono anche nell’insistente crisi nata, in dicembre, in Bosnia Erzegovina: i serbo ortodossi della Repubblica Srpska, da sempre vicina a Mosca, hanno messo in atto azioni evidenti per distaccarsi dalla federazione nata dalla pace di Dayton del 1995, mettendo in apprensione l’Unione Europea.

Molti fronti aperti, che tolgono energia all’avversario. Washington in settimana ha annunciato l’evacuazione delle famiglie dei diplomatici di stanza in Ucraina. Lo stesso hanno deciso Gran Bretagna e Australia, Paesi che con gli Usa fanno parte di Aukus, la nuova alleanza politico-militare del Pacifico, nata all’indomani della fuga dall’Afghanistan. Londra, per altro, sta trasportando a Kiev missili anticarro, mentre il Canada è pronto a schierare proprie forze speciali in Ucraina.

Sta diventando, insomma, un enorme Risiko questa crisi. Un campo di gioco in cui, appunto, l’Unione Europa sembra disorientata e poco coerente. In settimana, l’Alto rappresentante europeo Josep Borrell prima dell’inizio del consiglio Affari esteri a Bruxelles, ha dichiarato che la crisi non va drammatizzata e che  “l’Ue non ritirerà il suo personale diplomatico dall’Ucraina”. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, da parte sua ha annunciato aiuti finanziari all’Ucraina per “1,2 miliardi di euro”. Il leader ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato, ma ha anche mandato un messaggio esplicito: restate uniti. Fate in modo che tutti i 27 Paesi dell’Unione difendano la “sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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