Il Margine

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La rivista ci propone, nell'ultimo numero uscito, una interessante analisi (dopo poche settimane dalle elezioni amministrative) della situazione politica trentina, che però sottende spunti validi anche per il quadro nazionale.
Quale sarà la qualità della nostra democrazia in futuro?

ELEZIONI IN TRENTINO: UN SUCCESSO PER L'ULIVO?
di Piergiorgio Cattani

Il 26 ottobre scorso si sono svolte, nelle province autonome di Trento e di Bolzano, le elezioni provinciali. A Trento si eleggeva per la prima volta direttamente il presidente, con premio di maggioranza alla coalizione vincente. Il cosiddetto centro-sinistra autonomista ("Intesa democratica e autonomista") guidato dal presidente uscente Lorenzo Dellai, ha inflitto una sonora batosta al centro-destra, ottenendo quasi il doppio dei voti (61%, contro il 31% dello sfidante Carlo Andreotti). È meglio ridare la notizia, visto che le libere televisioni dell'era berlusconiana hanno appena accennato all'avvenimento, ed il Tg1 l'ha completamente oscurato: forse per non dare troppo spazio alla terza sconfitta consecutiva della "Casa delle Libertà" dopo quelle del Friuli-Venezia Giulia e della provincia di Roma.
Lorenzo Dellai prosegue nella sua fortunata carriera politica: è il primo governatore trentino eletto direttamente dal popolo, ha lanciato la "Civica Margherita" al 26% (il doppio di DS e Forza Italia, entrambi fermi al 13%), ha incassato i complimenti di Rutelli, di D'Alema e addirittura di Casini, ha ricevuto l'alta benedizione di Romano Prodi. Additato come l'Illy trentino, come ideatore di un partito territoriale autonomista, glocale e innovatore, come esempio per tutto il centro-sinistra d'Italia. Crediamo però che sia opportuno cercare di offrire ai lettori de "Il Margine", che in ampia misura non hanno modo di conoscere in modo più dettagliato il quadro, alcune chiavi di lettura di questo strepitoso successo, che porta con sé non poche ombre ed ambiguità.

Dimenticarsi dell'Ulivo per sfondare al centro
Come ha fatto il presidente Dellai ad ottenere un successo così ampio e indiscutibile?
Innanzitutto per l'inesistenza di un avversario credibile. Il centro-destra, già frammentato e debole di per sé, con forti divisioni interne alle singole forze politiche, ha svolto una campagna elettorale urlata e per nulla propositiva, segnata da errori macroscopici e da un minaccioso comizio di Bossi che ha regalato non pochi voti all'avversario. Inoltre il capolista di Forza Italia era Mario Malossini, l'ex presidente democristiano della Provincia, condannato nel 1993 nella tangentopoli trentina: un uomo amato da molti, ma ancora inviso alla maggioranza.
La vittoria del centro-sinistra autonomista è stata costruita negli ultimi tre anni da Dellai, che ha dipanato una strategia accorta e travolgente, ma anche contraddittoria ed ambigua soprattutto per quanto riguarda l'Ulivo. Non si è trattato, come descritto da alcuni osservatori, di un allargamento dell'Ulivo al centro, ma della creazione di un centro molto forte con una sinistra in quieto subordine.
Dellai, che nel 1998 aveva vinto in nome dell'Ulivo (formato da Margherita, DS, Verdi e laico-socialisti), a metà della legislatura ha cambiato strategia, cominciando una corsa territorial-autonomista-centrista, nel momento in cui il centro-sinistra nazionale andava incontro a una quasi certa sconfitta. Così facendo, allontanava la Civica Margherita dalla prospettiva nazionale dell'Ulivo. Non a caso i due senatori trentini della Margherita, a Roma, fanno parte del "Gruppo delle autonomie" insieme a Francesco Cossiga, Giulio Andreotti ed altri.
L'azione di sfondamento al centro è passata attraverso la scientifica azione di indebolimento dei partiti alleati, l'esaltazione dell'autonomismo e del ruolo degli enti locali, l'approvazione di scelte invise all'elettorato di sinistra, la volontaria rinuncia ad ogni richiamo all'Ulivo. Dellai ha così lanciato il progetto "Casa dei Trentini": un'alleanza forte tra moderati e autonomisti nata con lo scopo preciso e dichiarato di catturare i decisivi voti di centro. Nominalmente il centro-sinistra esiste ancora, ma sempre più sbiadito e per lungo tempo utile soltanto per ben figurare a livello nazionale. Con questa strategia ampi settori del centro moderato e dei poteri economici più influenti si sono uniti al presidente garantendogli le successive vittorie elettorali.
Il Trentino ha fama di essere un ottimo laboratorio politico per il centro-sinistra italiano, un modello a cui ispirarsi. Così, per esempio, afferma padre Bartolomeo Sorge nel numero di settembre-ottobre 2003 di "Aggiornamenti Sociali", ricordando la nascita della Margherita:

"Intorno a Dellai si creò un'intesa tra il PPI, i Comitati Prodi, i rappresentanti dell'etnia ladina e alcune liste civiche locali. Nacque la Civica Margherita, una lista (o meglio un'area) aperta a tutti quei riformisti che desideravano una politica fondata su un progetto nuovo, rompendo il vecchio bipolarismo bloccato".

Un'immagine virtuosa, o solo virtuale? Il fatto è che in Trentino si respira oggi un'aria politica ben diversa. Basta scorrere i titoli dei commenti sui principali quotidiani locali che, all'indomani della vittoria del centro-sinistra autonomista, facevano notare il pericolo di un'assenza di controllo e di opposizione, di un potere troppo grande nelle mani del decisionista Dellai, evidenziando la difficoltà di rinnovare davvero la politica locale. In verità ampi settori, sia di centro che di sinistra, pensano solo ai privilegi e alla conservazione; mentre tra i cittadini assistiamo ad un crescente deserto partecipativo.

Il partito territoriale e la sinistra tormentata
Territorialità. Questo è il termine chiave su cui da quasi cinque anni si snoda la politica dellaiana, che gli ha consentito di tagliare l'erba sotto i piedi a Forza Italia, alla Lega Nord e ai centristi dell'UDC, e che gli ha spianato la strada per intercettare il voto moderato e autonomista da sempre maggioritario in Trentino. Ma come si traduce in concreto questo legame con il territorio?
Per Dellai il partito territoriale è la risposta al crollo delle grandi ideologie e dei partiti di massa che mobilitavano i cittadini sulle grandi visioni del mondo contrapposte tra loro. Ora il cittadino, in maniera crescente rispetto al passato, è pragmatico, infastidito dai ragionamenti politici, vuole soprattutto risposte concrete a temi concreti, conoscenza precisa dei fatti, capacità di adattamento al di là di schemi precostituiti. Al fondo c'è un moderatismo solidale, una cultura democratica alpina ancora presente che è l'antitesi del localismo ruspante e xenofobo della Lega Nord e del peronismo pubblicitario di un Berlusconi.
La figura centrale che incarna l'idea stessa di partito territoriale è quella del sindaco, specie del piccolo paese di valle. Vicino alla gente per antonomasia, pragmatico di vocazione, il sindaco "territoriale" non è di destra né di sinistra, rifugge l'ideologia, non ama i vincoli ambientali, ma è attento al proprio territorio. In Trentino da anni non si parla d'altro che di territorio.
Nella Margherita c'è anche un'ala più ulivista e attenta al sociale, forte soprattutto nella città di Trento; mentre in altri centri ci sono pure sindaci di centro-sinistra che sono estranei alla logica territoriale. Queste forze faticano a bilanciare il gruppo dei sindaci e degli amministratori che rappresenta la struttura stessa del progetto "Casa dei Trentini". Questa è la carta vincente. Ma anche l'aspetto più discutibile del potere dellaiano.
L'ente-provincia, forte delle sue ampie competenze e del suo robusto bilancio (3500 milioni di euro l'anno per una popolazione di 480 mila abitanti), ha in Trentino un ruolo indiscutibile e indiscusso, paternalistico e ubiquo, burocratico e spesso clientelare. Tuttavia è una macchina ben oliata e funzionante che consente al Trentino di avere una società efficiente e un tenore di vita invidiabile. Il sistema assistenziale però porta gli enti locali a bussare costantemente alle porte della provincia, invocando contributi per ogni iniziativa. Così sindaci, imprenditori e potenti di valle vanno con il cappello in mano da chi tiene i cordoni della borsa, il quale concede con più solerzia i soldi a chi fa parte della "cordata".
Il potentissimo assessore ai lavori pubblici, che ha ottenuto nella Margherita il maggior numero di preferenze, fa di questo metodo la ragione della sua fortuna politica. Governare è asfaltare: i sindaci di ogni valle del Trentino, a prescindere dal loro credo politico, si precipitano intorno a Dellai e al potere provinciale pronti a far convogliare i voti sul partito del presidente. Questo sistema, criticabile di per sé, assume contorni preoccupanti anche perché sempre più spesso i sindaci sono stati eletti con una lista unica e con un sistema elettorale che praticamente cancella il ruolo delle opposizioni (quando almeno ci sono due liste concorrenti).
Si crea così una sorta di feudalesimo (non a caso Dellai è detto "il Principe") in cui all'apice della piramide sta la Giunta Provinciale, in mezzo i sindaci e i potenti di valle che filtrano il consenso e alla base i cittadini che, ogni cinque anni, eleggono direttamente il governatore.

E la sinistra? In questi anni è stata a guardare, travolta dall'attivismo e dalle intuizioni di Dellai, litigiosa e priva di una chiara linea politica. Molto spesso divisa al proprio interno, con accuse e bordate reciproche simili a quelle che si notano a livello nazionale, ha badato a una rendita di posizione scontentando gran parte del proprio elettorato. Incapace di elaborare idee forti,
debolissima di fronte alle spinte centriste della Margherita e intimorita dall'eventualità di creare una crisi della coalizione (anche se spesso ce n'erano i presupposti), ha vivacchiato per anni, indignata, tormentata, addormentata o supina, ma sempre con l'angoscia di perdere qualche posizione di potere.
Di fronte a questa stasi si era creato nel febbraio 2001 un movimento trasversale chiamato Costruire Comunità che aveva i suoi punti di forza nell'attenzione alle regole democratiche e alla partecipazione dei cittadini, nella tutela dell'ambiente, nel sostegno alla prospettiva dell'Ulivo, ma anche nella critica all'operato della Giunta Provinciale e al sonno dei DS. Questo movimento, anticipando in qualche misura le successive proposte di Prodi, era riuscito a far incontrare esponenti di Progetto Rete, tra cui Vincenzo Passerini, ambientalisti, democratici e socialisti storici come Walter Micheli, popolari e cattolici democratici, aderenti dei movimenti per la pace e per la giustizia. Forse proprio questo fruttuoso incontro, che va nella direzione di un Ulivo unitario, ha fatto percepire Costruire Comunità come il fumo negli occhi da parte dell'ala più moderata della Margherita e dallo stesso Dellai.

La politica dei rapporti di forza
Il nuovo corso, sperimentato da tempo, è stato reso operativo da Dellai due mesi prima delle elezioni. L'allargamento al centro è perfettamente riuscito: il presidente poteva contare sull'appoggio di ben nove liste tra le quali c'era un partito sostenuto, tra gli altri, dal senatore Gubert, eletto nel parlamento nazionale per la "Casa delle Libertà". Dellai, in nome della nuova legge elettorale, si è autopresentato come candidato, ha costruito la coalizione in due settimane, ha dato 72 (settantadue) ore di tempo alle forze politiche ed alla società per visionare il suo programma politico: il tutto al limite della scadenza di presentazione delle candidature.
E, come plastica testimonianza di quanto scritto più sopra, è entrato pesantemente nella scelta dei candidati della lista dei DS (detta "Sinistra democratica e riformista", poiché conteneva in sé varie anime e sensibilità) imponendo di eliminare uno dei due candidati di "Costruire Comunità" (l'ambientalista Casanova, mentre l'altro candidato era l'autore del presente articolo) perché giudicato incompatibile e provocatorio, inviso a lui e a molte cordate sotterranee. Se la sinistra non avesse ceduto, Dellai minacciava di rifiutare qualsiasi apparentamento. O la capitolazione o l'opposizione. Un fatto che la dice lunga sull'effettivo modus operandi dellaiano. I DS hanno ancora una volta ceduto e subìto l'onta di una lista nata sub iudice, mentre "Costruire Comunità" che non accettò di sostituire Casanova, fu espulsa dalla competizione elettorale. Così anche nella successiva composizione della Giunta Provinciale i DS uscirono sconfitti, ma pronti ancora a inghiottire amaro.
Nel regime maggioritario e presidenzialista che ha contagiato il Trentino, l'appiattimento ossequiente alle decisioni del Principe è una condizione necessaria per far parte del centro-sinistra. Chi critica apertamente è fuori. Lasciamo al lettore il giudizio se sia questo il modello del nuovo Ulivo.[MDT]

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