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Il Corriere di Tunisi, un successo tutto italiano
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Si sa che il termine “corriere” è sinonimo di giornale in Italia. Lo stesso accade nella capitale della Tunisia, laddove “Il Corriere di Tunisi” nacque su iniziativa italiana, secondo una vicenda dai tratti avventurosi e romantici che sposano a pieno quelli più concreti (e al contempo creativi) che i fondatori rivelarono come giornalisti ed editori.
“Il Corriere di Tunisi” nacque per volontà e per passione di una famiglia di stampatori italiani i cui antenati si rifugiarono in Tunisia nel 1820 a seguito del fallimento dei moti carbonari e che aprirono la prima tipografia privata in Tunisia nel 1829, ad oggi esistente. Israele fu il capostipite di questa famiglia ma fu Giulio Finzi, rilegatore di professione, ad aprire la tipografia nel Palazzo Gnecco, all’interno della Medina di Tunisi, già sede della sezione tunisina della “Giovine Italia” di Giuseppe Mazzini. Fu cospicuo il numero di profughi fuggiti dall’Italia nel corso dei moti risorgimentali che si riparò sotto l’autorità del bey tunisino, scegliendo poi di continuare a risiedere in Tunisia anche dopo l’Unità d’Italia. Fu però solo nel 1956, con l’indipendenza della Tunisia, che i Finzi ottennero l’autorizzazione a pubblicare il giornale, permesso sino ad allora negato dalle autorità francesi che all’indomani della seconda guerra mondiale avevano vietato tutte le pubblicazioni in lingua italiana, chiuso le scuole e impedito ogni forma di vita associativa italiana.
Dalle 10mila copie settimanali di allora ai 5mila esemplari del mensile di oggi, nella ricorrenza del sessantenario di attività del Corriere di Tunisi non si contano i cambiamenti intervenuti ma la sua attività resta il testimone vivente della multiforme presenza della lingua e civiltà italiana nel Mediterraneo e del crogiuolo millenario delle sue genti. Contattata in occasione della ricorrenza la capo redattrice del giornale, Mafalda Posco, la sua intervista rilasciata a Unimondo è divenuta una occasione di scambio sull’informazione e sulla società tunisina di cui il giornale è riflesso e ponte verso l’Italia. Proprio questo ruolo di informazione della comunità italiana a Tunisi è uno dei primi temi affrontati, in quanto la riduzione del numero degli italiani in Tunisia (oltre alle difficoltà economiche del giornale) ha costretto in più occasioni ad allungare i tempi di pubblicazione. “Un tempo esisteva una vera collettività italiana. Attualmente di questa vecchia collettività resta ben poco e la nuova non può essere definita tale poiché, fatte alcune eccezioni, non ha radici profonde nel Paese. Ciò però non toglie che ancora tanti italiani, legati per motivi diversi alla Tunisia, conducano attivamente la vita associativa ivi presente.” Se si volesse fare un identikit degli italiani che oggi risiedono in Tunisia, questi avrebbero per di più il volto di un imprenditore, che talvolta vive a cavallo fra i due Paesi. “Ci sono poi quelli che vengono per lavoro” aggiunge la Posco, “tra questi non pochi giovani che si occupano di cooperazione o che operano nel sociale. Una nuova forma di immigrazione è rappresentata inoltre dai pensionati che decidono di trasferirsi o trascorrere la maggior parte dell’anno in Tunisia per ovvi motivi economici”.
A maggior ragione il giornale costituisce dunque uno strumento di raccordo tra Italia e Tunisia, anche a dispetto delle chiusure europee sul fronte immigrazione. Su questo punto la Posco conferma che “in alcuni ambienti, quelli più popolari dove l’informazione passa esclusivamente attraverso le reti televisive locali, l’Italia e l’Europa restano l’Eldorado, ma in generale i tunisini conoscono i limiti e le difficoltà di una vita negli Stati europei da ‘sans Papiers’, in Paesi che hanno un tasso di disoccupazione più elevato che nel loro e con un costo della vita maggiore. Senza parlare poi del razzismo”. Il suo è lo sguardo di una connazionale trasferitasi a Tunisi dal 2007 nel corso della stesura della tesi di laurea sulle associazioni femminili tunisine e da allora stretta collaboratrice di Elia Finzi, direttore storico del periodico venuto a mancare tre anni fa. Mafalda Posco continua poi l’intervista affidando a Unimondo alcune sue esperienze personali sempre sullo scottante tema dell’immigrazione. “Spesso alcuni giovani locali mi hanno chiesto il perché l’Europa rifiuti i migranti, e i tunisini nello specifico. In alcuni casi il mio passaporto italiano è diventato oggetto d’accusa perché io, in quanto italiana, ho il diritto di venire liberamente in Tunisia (per almeno 3 mesi) che sia io turista, studentessa o lavoratrice. Non posso ogni volta che confermare la palese ingiustizia”. Proprio la fondazione del Corriere di Tunisi narra una vicenda di accoglienza di esuli provenienti dai diversi territori del futuro Regno d’Italia, uomini a cui fu data la possibilità di creare infrastrutture e reti sociali pur non condividendone né religione, né lingua, né cultura. “Perché noi italiani, e l’Europa tutta, oggi rifiutiamo di accogliere chi si presenta sul nostro territorio con la semplice e umana ispirazione ad una vita migliore?”. La domanda resta nell’aria. Le risposte mancano, sempre più offuscate dai timori e dall’odio che i nuovi attentati di Bruxelles del 22 marzo hanno acuito.
La Tunisia sa bene cosa significa subire il terrorismo sul proprio territorio. A un anno dagli attentati al Museo del Bardo e sulla spiaggia di Sousse la popolazione vive con la preoccupante consapevolezza che un altro Bardo o un’altra Sousse siano eventualità probabili. Tuttavia, chiarisce bene la Posco, “quegli episodi hanno attirato l’attenzione internazionale ma in realtà i tunisini vivono quotidianamente con un terrorismo incalzante nelle zone più sensibili del Paese. Dopo la rivoluzione del 2011, si è avuto un eccesso di libertà, sfociata talvolta in una sorta di anarchia. Un percorso probabilmente obbligato in un Paese in cui con il presidente Ben Alì si parlava ‘sottovoce’ e si agiva ‘en cachette’, ossia in segreto. Lentamente la situazione era andata stabilizzandosi, ma l’avanzare dell’estremismo religioso e i recenti attacchi terroristici hanno fatto sì che si instaurasse nuovamente un clima di timore”.
La fase transitoria attraversata dalla Tunisia è anche quella della comunità italiana nel Paese, ben riflessa nelle pagine del Corriere di Tunisi che, fra le diverse iniziative indette per festeggiare i 60 anni di attività, ha organizzato la presentazione del libro “Storie e testimonianze politiche degli Italiani di Tunisia”, settimo volume della collezione sulla storia della collettività italiana nella trasformazione dai primi dell’800 ad oggi.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.