I mondiali di Eto’o

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«Samuel, i Mondiali saranno un’occasione anche per l’Africa?». Eto’o, in fuga dai cronisti sportivi e dalle telecamere si blocca. Si gira, lo sguardo netto e preciso come se dovesse fare goal, dice: «L’occasione che ha l’Africa è dimostrare che siamo capaci di organizzare un evento importante come i campionati mondiali di calcio. E dal mio punto di vista sarà il Mondiale migliore giocato fino ad oggi».

«Sono nato in un angolo sperduto dell’Africa, e ancora più sperduto del Camerun dove solo un ragazzo su dieci riesce ad arrivare a un buon livello di istruzione» aveva esordito qualche minuto prima l’attaccante dell’Inter. «Dio ha voluto che partissi da là e che arrivassi a essere la persona che sono ora. Sono molto credente, e un giorno mi sono detto: “Se Dio mi ha dato queste possibilità perché non devo condividere quello che ho con gli altri?”». Eto’o è il mito di ogni bambino africano che sta aspettando i Mondiali di calcio, che si giocheranno dall’11 giugno all’11 luglio in Sudafrica. Eppure a Nkongmondo, sobborgo della città camerunese di Douala dov’è nato, dicono che da piccolo non emergeva più di tanto in mezzo agli altri ragazzini che sfidavano sé stessi e gli altri nel campetto di terra battuta del quartiere. Insomma, uno come tanti. Ed è così che si è presentato a Milano, il 21 febbraio, in jeans e maglioncino nero, per ricevere l’“Altropallone”, premio nato in alternativa al “Pallone d’oro” perché si assegna non per i meriti calcistici in senso stretto ma per il “fair play” e per le attività di solidarietà svolte fuori dal campo. Quest’anno, accanto al premio giunto alla tredicesima edizione, è stata lanciata la campagna “Altrimondiali”, un’iniziativa di sensibilizzazione di CoLomba, associazione che riunisce un centinaio di ong italiane che hanno sede a Milano e in Lombardia.

Eto’o in Camerun ha dato vita a un fondazione non profit che porta il suo nome, che ha avviato progetti che puntano a educare i bambini attraverso il calcio, organizzando tornei in giro per il Paese. Nel carcere Douala, il peggiore del Camerun per condizioni di vita dei detenuti, ha organizzato un centro di formazione per i minori.

«Ho scoperto che quello che mi fa più piacere nella vita è condividere quello che ho altre persone» afferma il calciatore. «Nei confronti dei ragazzi del mio Paese poi mi sento una sorta di fratello maggiore, così a un certo punto ho voluto formalizzare questo impegno e creare una fondazione per aiutare più persone a ritrovare una strada, attraverso le relazioni e anche attraverso lo sport». Eto’o è orgoglioso del lavoro fatto nella prigione di Douala: «Qui, mentre raccolgo questo premio, sono il volto visibile di chi lavora con me e che con me è riuscito a fare qualcosa per i minorenni in prigione» dice. «Quando sono andato nel carcere di Douala ho trovato ragazzini anche di nove anni incarcerati insieme agli adulti in condizioni difficilissime». Sul sito della fondazione si legge che i minorenni, magari incarcerati per aver rubato frutta al mercato, rimangono in prigione per molto tempo solo perché non possono pagare la tassa giudiziale che equivale a 10 euro. «Stiamo combattendo perché questo non accada più» afferma Eto’o, «nel frattempo abbiamo creato una scuola nel carcere, con professori, computer, attrezzature e per me la più grande soddisfazione è stata vedere un ragazzo che ha preso la maturità in carcere. Io non giudico mai, è Dio solo che può giudicare perché un bambino sia in prigione. Quando mi hanno detto che avevo vinto il premio, ho pensato ai ragazzi che aiuto. La mia famiglia, oggi, è aumentata, non è stretta al mio nucleo personale. Ho pensato a questo ragazzo, che adesso è all'Università».

E in Italia? Sul razzismo negli stadi in Italia, Eto'o si scalda: «Lo stadio è il riflesso della società. Chi viene a gridare “negro” lo fa per ignoranza, non ha avuto la possibilità di viaggiare e conoscere altre culture, altrimenti saprebbero che siamo bianchi, neri, rossi ma siamo uno. Perché io ho lo stesso sangue che hai tu, se mi ferisco sarà rosso come il tuo. È necessario aiutare queste persone a comprendere, ma certe posizioni non le può prendere il singolo giocatore. Spetta ai governanti, è una questione sociale e politica». In Italia Eto’o afferma di non avere avuto difficoltà da questo punto di vista, «ce le ha Mario (Balottelli, ndr), che però, guarda caso, è italiano». Il momento più duro per il calciatore camerunese è stato a Saragoza, in Spagna. «Solo lì mi è capitato che mi facessero il verso della scimmia. Mi sono sempre chiesto perché queste persone comprano un biglietto per venire a vedere giocare una scimmia».

 

Cos’è l’ “AltropalloneÈ il premio annuale alternativo al Pallone d'oro e contro il pallone duro. Viene assegnato a chi nel mondo dello sport si è adoperato per azioni di solidarietà a tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, per uno sport equo, solidale e popolare, contro il razzismo, per l'integrazione e la multiculturalità, lo sport come strumento di coesione sociale e partecipazione.

La Giuria è formata da giornalisti, operatori del mondo dell'informazione e del volontariato ai quali ogni anno si aggiungono i vincitori del premio. Nel corso degli anni l'assegnazione del premio ha generato la necessità di una struttura tecnica per gestirne gli aspetti organizzativi, essa si è informalmente costituita nel 2000 nelle persone di Michele Papagna e Federico Ceratti, promotori del premio e Gianni Di Domenico, promotore del quadrangolare l’Altromondiale nel giugno 1998.

Altropallone è cresciuta nelle edizioni delle manifestazioni Altrimondiali 2002 e 2006, un’alternativa ai Mondiali per promuovere una partecipazione giovanile che sia conoscenza, interculturalità, educazione attraverso lo sport fra il Nord e il Sud del mondo.

L’Altropallone ha inoltre promosso campagne volte alla sensibilizzazione verso lo sfruttamento del lavoro infantile nell'economia delle attrezzature sportive.

 

Cosa sono gli “AltrimondialiÉ una campagna di sensibilizzazione giunta alla quarta edizione. Quest’anno si avvarrà della collaborazione di CoLomba, coordinamento che riunisce un centinaio di ong che hanno sede in Lombardia. «Il 40 per cento dei progetti di cooperazione internazionale del nostro coordinamento si svolge in Africa» afferma Emanuele Pinardi, presidente di CoLomba. «Si tratta di quasi mille iniziative, e tante usano il calcio e lo sport in generale come mezzo educativo con i ragazzi». I mondiali di calcio nel 2010 si terranno per la prima volta in Africa: «Per noi è un’occasione imperdibile» afferma Pinardi. «Partiremo da questo evento per raccontare questo continente e i progetti di cooperazione internazionale». Il modo è decisamente originale: «Percorreremo l’Africa via matatu, ovvero con il piccolo pulmino che usa la gente per spostarsi in molti Paesi» spiega Pinardi. «Partiremo da Nairobi e precisamente dal Yassets football club, gruppo di calciatori ex ragazzi di strada nato grazie all’attività del missionario comboniano padre Kizito Sesana, e arriveremo fino in Sudafrica, incontrando nei diversi Paesi la gente, i volontari delle ong, i progetti che usano il calcio come mezzo di riscatto sociale».

Emanuela Citterio(Vita)

(Emanuela Citterio partirà presto per il Sudafrica inviata da Vita e Unimondo. Seguitela on line sul nostro portale)

 

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