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Primavera antirazzista
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Scioperare per un giorno a favore degli immigrati? I primi a chiederselo sono stati i francesi che stanno organizzando una vasta mobilitazione per il primo marzo. Poi, nel Bel Paese, ci sono stati i fatti di Rosarno e il caso Balotelli: ne è nato un gruppo per organizzare il primo marzo anche in Italia. Le adesioni sono state migliaia e s’è messa in moto una macchina che ha portato alla nascita di coordinamenti locali spontanei. Non ci sarà però, contrariamente alla provocazione, alcun sciopero.
Chiedere agli immigrati di scioperare sarebbe “intellettualmente disonesto”, come affermato dai coordinatori del comitato del capoluogo piemontese, Diego Castagno e Sherif El Sebaie : “perché qui, gli immigrati sono soprattutto commercianti, piccoli imprenditori, badanti, cioè categorie di lavoratori che difficilmente aderirebbero a uno sciopero così come accade anche per i loro colleghi italiani”. La Cgil, che ha appena ricordato Nelson Mandela come emblema contro ogni discriminazione, ha aderito in Piemonte all’iniziativa invitando i suoi iscritti a indossare in quel giorno una coccarda gialla. Il giallo è infatti il colore scelto per quella che è stata definita “una giornata dell’orgoglio antirazzista”.
Il primo marzo sarà l’inizio. È già nata, infatti, la primavera antirazzista tra il 1° ed il 21 marzo ove si collocheranno iniziative diffuse nei territori, utili a valorizzare il ruolo e la presenza migrante in Italia e la necessità di contrastare ogni forma di razzismo, il bisogno di estendere lo spazio dei diritti e di contrastare quello dello sfruttamento e delle mafie. Si tratterà di iniziative che interesseranno il mondo del lavoro, della scuola e i luoghi di socialità.
Vogliamo andare alle cause di tutta questa mobilitazione? Partiamo dai numeri. In Germania gli immigrati sono a quota 7 milioni ed in Spagna 5. Da noi vi sono oltre 4,5 milioni di persone che vivono ormai nella “paura”. Come ci ammonisce Roberto Mancini, da noi si parla di “prendere i fucili, di martiri pronti a tutto, di ributtare a mare gli stranieri, di curare gli omosessuali o sottoporre a controllo psichiatrico lo straniero. Ancora. Di prendere le impronte digitali ai bambini rom e di mandare via le loro famiglie dalle città forse rei, aggiungiamo noi, di essere i discendenti dell’unico popolo che non ha mai dichiarato guerra in Europa ad alcuno. Si vuol mandare via le prostitute dalle strade ed i mendicanti dal sagrato delle chiese, di riabilitare i combattenti fascisti di Salò, di fare la perizia psichiatrica ai magistrati e di porre i governanti al di sopra della legge.
C’è un vero e proprio abuso della violenza nella parola come ha sottolineato Savino Pezzotta all’Assemblea delle regioni del suo movimento citando, per l’appunto, un passaggio di Alberto Conci nel nostro portale.
Quando avevamo elaborato in Trentino la campagna “contro il pacchetto sicurezza” che ha raccolto centinaia di vostre firme pensavamo, errando, che fosse una campagna a difesa degli stranieri. Così non fu e non è. Mi spiego con un esempio: nel mio piccolo paese, alle pendici del Monte Bondone, esiste da decenni la “festa dei coscritti”. I ragazzi che compiono i 18 anni si ritrovano per “far festa assieme”. V’è usanza di scrivere i propri nomi per le strade accompagnati da disegni che nel giro di una stagione sono già scomparsi. I neo maggiorenni, ignari delle norme contenute nel “pacchetto sicurezza” si accinsero anche quest’anno a decorare la piazza con una bellissima coccinella di diversi metri quadri con attorno i nome dei coscritti. Alle 23.30 irrompe una gazzella dei carabinieri che allontanò i ragazzi dopo averne chiesto le generalità. Si trattò forse di “assembramento non autorizzato”? Poco male. La festa finì lì ed i ragazzi tornarono alle loro case un pò amareggiati per l’accaduto. Silenzio. Dal vicino comando dei carabinieri, a notte fonda, partirono altre volanti che andarono a prelevare i ragazzi presso le loro abitazioni. No. Tranquilli. Non siamo a Saigon e nemmeno nello Zimbabwe ma in Trentino che, nonostante l’Autonomia, deve rispondere al Ministero dell’Interno. Sconcerto e paura tra i genitori. Atto d’accusa: danneggiamento, deturpamento ed imbrattamento di cose altrui come da pacchetto sicurezza. Seguiranno interrogatori e processi ancora da venire.
Nota. A parte che i ragazzi avevano il permesso del prete a disegnare sul piazzale di proprietà la famigerata coccinella, l’accaduto conferma il fatto che se non saremo in molti a difendere i diritti degli ultimi toccherà, poi, ai penultimi. È già successo in passato e non ha alcun senso celebrare la “Giornata della memoria” se non saremo capaci di futuro.
Fabio Pipinato