Guerra, pace e truppe mercenarie

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Foto: HIZIR KAYA da Comune-info.net

Alla notizia della moltiplicazione delle guerre nel disordine geopolitico attuale (papa Francesco le chiama “la terza guerra mondiale a pezzetti”) si accompagna la folta presenza, preoccupante, di truppe mercenarie. Per questo motivo viene spontaneo pensare al tempo nel quale queste ultime furono il principale strumento militare delle nascenti monarchie nazionali (1).

Ci trasferiamo nel Millequattrocento/Millecinquecento, periodo d’oro dei mercenari svizzeri, ma anche delle varie “compagnie di ventura”, che nel mosaico delle Signorie e dei Principati italiani trovarono le occasioni più propizie. Se scelgo questo periodo, non dimentico però che, già nel tempo antico, la pratica mercenaria era conosciuta e praticata, con la precisazione che presso i Romani si giunse al giudizio che dei mercenari bisognava diffidare e che “un buon soldo” con il senso civico avrebbero meglio contribuito alla salvezza della repubblica (Impero, successivamente). La considerazione fu recuperata da Niccolò Machiavelli, che, nell’Arte della guerra, argomentò in sfavore delle truppe mercenarie, consigliando al Principe, embrione del possibile Stato nazionale, più l’uso della dialettica alternanza di “virtù e fortuna”, assieme a disciplinate truppe nazionali. Su questo abbrivio, gli Stati moderni studiarono i modi del reclutamento e la logistica, anche se ebbero sempre “la spina nel fianco” della difficoltà a retribuirli (difficoltà dell’erario nascente). Dalla Rivoluzione francese in avanti, essa fu superata, in virtù dello “spirito nazionale”. Il quadro è cambiato radicalmente dopo la fine della guerra fredda, anche perché, nel frattempo, intervenivano profondi cambiamenti: nella tecnologia, nel riferimento geopolitico e, direi, nella antropologia.

C’è forse da aggiungere qualcosa che attiene la psicologia. La “psicologia del potere”, si è andata svincolando dall’orizzonte della sovranità territoriale e ha preso ormai una piega “imperiale” (Toni Negri, non solo lui, ha parlato dagli anni Novanta di Impero), combinandosi con ingredienti come: Grande Finanza e imprese multinazionali. Dall’altro, il fattore antropologico faceva venir meno il legante nazionale e crollare l’interesse al “servizio di leva“. Il piano geopolitico su accennato si trasforma, sulle prime, in presenza di un unipolarismo a guida statunitense; ma il passo è breve verso un disordine mondiale, dove implodono clamorosamente gli organismi internazionali, tipo Onu. A questo si deve aggiungere l’emergere della potenza cinese, possibile capobanda di paesi terzi aggregati. In questo scenario scoppiano (o vengono fatte scoppiare) la guerra contro l’Iraq, quella contro la Libia, quella intestina alla federazione jugoslava, quindi l’Afghanistan la Siria eccetera eccetera. La guerra ucraina si aggrappa a questo filare, anche se noi la leggiamo come guerra patriottica...

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