Groenlandia, i ghiacci si sciolgono e svelano tesori e nuove rotte

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Groenlandia, i suoi ghiacci considerati perenni si stanno sciogliendo, e non è soltanto dramma ambientale. Effetto nefasto dei gas serra che trattengono il calore nell’atmosfera. Primo effetto dello scioglimento dei ghiacciai, una enorme quantità d’acqua. Secondo uno studio condotto dall’American Geophysical Union, la fusione dei ghiacci della Groenlandia contribuisce all’innalzamento del livello del mare con circa 270 miliardi di tonnellate di acqua all’anno.

La guerra per le risorse

Una sciagura che per le potenze internazionali rappresenta anche un’opportunità. Lo scioglimento della calotta di ghiaccio ha scoperto vaste porzioni di territorio che nascondono grandi risorse. Una preda ghiotta per un mondo affamato di minerali e combustibili (si parla di 90 milioni di barili di greggio). E’ iniziata così una guerra non dichiarata che si svolge a colpi di progetti di sfruttamento e che muove masse di denaro enormi. Tanto per rendere l’idea, la collocazione geografica della Groenlandia (in lingua autoctona “terra degli uomini”) è praticamente strategica. Si tratta di un’isola (la più estesa del pianeta) situata nell’estremo nord dell’oceano Atlantico tra il Canada a sud-ovest, l’Islanda a sud-est, l’Artide e il Mar Glaciale Artico a nord. Geograficamente parlando, appartiene al continente americano, mentre, dal punto di vista politico, costituisce una nazione in seno al Regno di Danimarca.

Dark zone

La ‘dark zone’. Il centro di ricerca norvegese Norway’s Centre for Arctic Gas Hydrate, Environment and Climate ha infatti scoperto lembi di terra ricoperti da uno strato finemente distribuito di polvere e carbone nero, sostanze che forniscono nutrimento per alcune specie di alghe scure. Una sorta di rivelazione naturale di segreti dal sottosuolo. Se ne sono accorti i cinesi che con azzardate locuzioni si considerano “stato quasi artico”. Non solo miniere ancora da scoprire, ma anche rotte marittime. A Pechino piacciono vie alternative per il commercio e così hanno dato il via a quella che chiamano, la ‘Via polare della seta’. Una rotta che potrebbe portare merci dalla provincia orientale costiera della Repubblica Popolare, Zhejiang, la municipalità di Shangai, verso i mercati europei ed americani, bypassando il canale di Suez. Un bel risparmio di strada e naturalmente denaro. Per questo i cinesi hanno mostrato interesse alla costruzione di infrastrutture per due aereoporti (Nunk e Ilulissat) e la realizzazione di un terzo scalo di sana pianta a Qaqortog.

Preoccupazione Usa e intervento danese

Così gli Usa, che non hanno la stessa rapidità di investimenti cinese, ma comunque  dispongono di una base militare a Thule, nel nord, hanno subito presentato le loro rimostranze al governo danese. D’altro canto Oslo si è preoccupata temendo di rimanere tagliata fuori da quello che sta succedendo. In “fin dei conti” si tratta di un affare da mezzo miliardo di euro. Non è stata comunque un’impresa semplice in quanto, nel 2008 la Groenlandia tramite un referendum, ha di fatto imboccato la strada dell’indipendenza dalla Danimarca, e in molti non vedono di buon occhio l’interessamento di Copenhagen. Oslo ha usato argomenti convincenti entrando con un 33% in una società groenlandese che gestirà i vari progetti. Una spesa da 90 milioni di euro.

Arrivano i russi

In questa maniera la Groenlandia non dovrebbe chiedere soldi ai cinesi che comunque hanno già avviato diverse imprese in altri paesi artici. In allerta anche i russi, sempre sulle nuove vie marittime che si aprono con ritirarsi dei ghiacci.  Ne scrive il Financial Times che racconta di come il 21 agosto di quest’anno dal porto russo di Vladivostok sia partita una porta container danese (multinazionale Maersk) che ha seguito la rotta verso lo stretto di Bering percorrendo la costa artica russa. Segnali che, come detto, non fanno piacere a Washington. Ma al di là della guerra commerciale forse agli Usa preme ben altro. Con lo scioglimento dei ghiacci potrebbe riemergere il passato della guerra fredda e alcune misteriose basi militari finora occultate dalla calotta polare.

L’eredità della guerra fredda

Negli anni ’50 del XX secolo gli Stati Uniti approntarono diverse basi clandestine con circa 600 missili nucleari balistici a medio raggio puntati su l’Unione Sovietica. Per dissimulare ciò che era comunque illegale, venne costruita una stazione scientifica a Camp Century che doveva fungere da paravento. Il progetto Icewarm però non vide mai un suo vero completamento lasciando però una pericolosissima eredità. Sepolte sotto il giaccio erano rimaste moltissime sostanze chimiche ma lo scioglimento potrebbe riportarle alla luce. Un enorme pericolo per l’ecosistema marino, per non parlare del potenziale incubo diplomatico che potrebbe verificarsi tra gli Stati Uniti e il paese ospitante.

Alessandro Fioroni da Remocontro.it

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