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Grandi Laghi: verso la pace?
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C'era un insolito fermento il 2 ottobre scorso all'Hotel Sorgenti del Nilo di Bujumbura. Un gruppo di donne del "Comitato Nazionale delle Donne del Burundi" stava discutendo nella hall. Ricordavano le violenze subite nei dieci anni di "guerra a bassa intensità" del Burundi: un conflitto che ha provocato 300.000 morti, la maggior parte civili. Ma ad animarle non era tanto il ricordo di quegli eventi, quanto il bisogno di trovare se non una soluzione, un motivo per guardare al futuro. Alla fine della giornata hanno concordato di inviare un messaggio alla "Conferenza Internazionale sulla pace e sicurezza nella Regione dei Grandi Laghi" di Dar es Salaam, in Tanzania. Messaggio che è stato sottoscritto da altri gruppi di donne del Rwanda, della Repubblica Democratica del Congo, della Tanzania. Chiedono ai Capi di Stato e di Governo delle undici nazioni della Regione di istituire una "Commissione per la verità e la riconciliazione" che si occupi dei crimini a sfondo sessuale e di definire una legislazione comune che protegga i diritti delle donne. Per coordinarsi hanno creato un "Forum permanente delle donne della Regione".
L'impegno dell'Onu e dell'Unione Africana, che hanno condiviso la gestione della Conferenza di Dar es Salaam, è iniziato molti mesi fa e ha visto un susseguirsi di incontri preparatori regionali. La Conferenza di sabato scorso ha concluso una settimana di presenza in Africa del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, riunitosi lunedì a Nairobi per esaminare la situazione del Darfur. I membri del Consiglio di Sicurezza hanno visitato Kenya, Burundi, Rwanda, Repubblica Democratica del Congo e Uganda. "L'Africa dei Grandi Laghi volti le spalle ai demoni della divisione, del dominio e dello scontro così presenti nel suo recente passato" - ha chiesto Ibrahim Fall, Coordinatore della Conferenza e Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell'Onu per i Grandi Laghi. Per la prima volta i Capi di Stato e di Governo delle undici nazioni della Regione si sono seduti intorno allo stesso tavolo. Un grande passo avanti se si pensa che solo pochi anni fa gli stessi governi si contrastavano appoggiando militarmente le due fazioni che, nello sterminato campo di battaglia dell'ex-Zaire, combattevano la "Prima Guerra Mondiale Africana". Una guerra che ha provocato oltre tre milioni di morti.
Le attese delle popolazioni sono alte. Si auspica una sorta di "Road map", un percorso che guidi le politiche dei singoli stati verso un comune obiettivo: la pace e la stabilità regionale. Kofi Annan ha espresso la speranza che la Conferenza rappresenti l'inizio di "una nuova era per milioni di africani, uomini, donne e bambini che sono passati attraverso molte sofferenze".
La Dichiarazione di Dar es Salaam affronta perciò argomenti spinosi: pace e sicurezza, governabilità e democrazia, sviluppo economico e integrazione regionale, questioni sociali e umanitarie. "Il testo è stato adottato senza problemi" - ha affermato Ibrahim Fall nella conferenza stampa conclusiva. Fra le molte priorità, particolare rilevanza è assegnata alla gestione del disarmo e della reintegrazione delle decine di migliaia di combattenti che si sono scontrati sotto diverse bandiere. Ma il documento sottolinea anche la necessità dell'educazione alla pace, alla tolleranza, al multilateralismo. Anche il rispetto dei diritti umani, almeno a parole, è considerato una priorità. Il documento approvato prevede inoltre l'impegno dei governi per una cooperazione regionale sulla base della fiducia reciproca, con azioni concrete per il disarmo dei gruppi armati ancora attivi e la creazione di una forza di sicurezza regionale che, secondo il presidente tanzaniano, dovrebbe avere possibilità di intervento.
Un primo passo, coraggioso, è stato fatto da Kofi Annan. Durante la Conferenza ha ammesso che operatori umanitari della missione di peacekeeping - civili e militari - nella Repubblica Democratica del Congo sono colpevoli di abusi sessuali sulla popolazione africana. "E' vergognoso per l'Onu dover ammettere fatti del genere. Mi sento profondamente oltraggiato" - ha detto il Segretario Generale - promettendo di estirpare quelle pratiche non solo nella missione Onu in Congo (Monuc), ma in tutte le missioni di pace. Annan aveva appositamente nominato l'ambasciatore giordano all'Onu, il Principe Zeid Raad Al Hussein, come suo consigliere personale sul problema degli abusi. Un segnale importante. Un raggio di luce per le donne dell'Hotel Sorgenti del Nilo di Bujumbura.
di Pierino Martinelli
(Unimondo)
LA SCHEDA
Indetta sotto l'egida dell'Onu e dell'Unione Africana, la Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (IC/GLR) ha visto la partecipazione degli undici Capi di stato della regione oltre a quelli del Sudafrica, Zimbabwe e Nigeria, presidente di turno dell'Unione Africana. Presenti anche le delegazioni di altri Paesi africani e circa 300 osservatori di 39 Paesi del "Friends of the Great Lakes" tra cui vari stati europei, Brasile, Cina e Canada.
La Regione dei Grandi Laghi è stata insanguinata da conflitti che durano da oltre un decennio.
La Repubblica Democratica del Congo (ex-Zaire) è stata teatro della "Prima Guerra Mondiale Africana" che è costata la vita a tre milioni di persone. Dopo la cacciata del trentennale dittatore Mobutu Sese Seko (1997) da parte di Laurent Desirè Kabila, appoggiato dal Rwanda, la guerra è divampata nuovamente nel 1998 fra le fazioni interne alla coalizione. Per tre anni si è combattuto nell'indifferenza della comunità internazionale, mentre sono fioriti i traffici per sfruttare le ingenti risorse minerarie del Paese. Nel 2005 si dovrebbero tenere nuove elezioni.
Il Rwanda è uscito dai "100 giorni" del genocidio del 1994 con circa 800mila morti fra tutsi e hutu moderati e 3 milioni di profughi. Ha preso il potere la minoranza tutsi del Rwandan Patriotic Front guidato dall'attuale presidente della Repubblica, Paul Kagame. Dopo aver governato come uomo-ombra fino al 2000, Kagame è stato nominato presidente con un voto parlamentare ed eletto nel 2003 con un risultato plebiscitario fortemento criticato dagli osservatori dell'Ue.
Il Burundi non vede la pace dall'uccisione del Presidente Ndadaye che diede inizio alle violenze etniche che continuano da undici anni con una "guerra a bassa intensità" che ha provocato 300.000 morti, la maggior parte civili. Il processo di pace è ad un punto delicatissimo e le elezioni si dovrebbero tenere nei prossimi sei mesi.
Una nuova Conferenza internazionale è già prevista a Nairobi per il giugno 2005 per esaminare l'applicazione della dichiarazione di Dar es Salaam e preparare un vero "Patto" tra i Paesi della regione. [PM]