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Filiera della canapa: scorci di resilienza nel bellunese
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In questa località del comune di Ponte delle Alpi, ma come anche in molte altre zone della Provincia di Belluno, la coltivazione della canapa era praticata già dal 1400. Pochi lo sanno perché l’introduzione di leggi proibizioniste, l’avvento dell’industrializzazione e del culto del Made in China dopo, hanno contribuito a coprire di polvere la storia insita in questi posti e legata alla coltivazione della Cannabis sativa L.
Originaria dell’Asia centrale e a lungo coltivata in Estremo Oriente, la Cannabis sativa L. è probabilmente arrivata in Italia intorno al I secolo a.C., diffondendosi nel territorio nazionale a partire però dal Medioevo. La canapa è una pianta annuale, generalmente dioica (ovvero con piante maschili e femminili) e caratterizzata da un ciclo vitale particolarmente veloce (intorno ai 100 giorni). La semina avviene tra aprile e maggio, mentre la raccolta in autunno, tra settembre e ottobre. E’ una pianta che si adatta a condizioni ambientali diverse e, a differenza di altre coltivazioni da fibra tessile, ha un bassissimo fabbisogno idrico, specialmente nelle regioni del Nord Italia dove il clima non è particolarmente siccitoso. Inoltre, le capacità rinettanti della canapa (alta competitività con le infestanti) fanno sì che si presti a una coltivazione di tipo biologico: crescendo velocemente riesce a conquistarsi la luce e l’acqua di cui necessita a discapito delle altre infestanti.
La canapa industriale ha numerose proprietà nutritive ed è coltivabile in Italia in quanto certificata a livello europeo per il bassissimo contenuto di tetraidrocannabinolo (< 0,2%.), o thc, il componente psicoattivo e presente in quantità maggiori nella “sorella” indica. Si può dire che sia una pianta decisamente generosa in quanto non impoverisce i terreni dove cresce, contribuendo anzi ad arricchirli in azoto, e permettendo di essere utilizzata quasi interamente. I prodotti che derivano dalla sua filiera sono molteplici: gli steli possono essere lavorati e trasformati in fibra da tessere oppure impiegati in bio-edilizia o come biomassa, mentre dalla granella se ne può ricavare un’ottima farina ma anche olio da cucina ricco in acidi grassi essenziali omega-3 e omega-6.
Vicino a Canevoi, Manuela Pierobon, laureata in Scienze Ambientali, e la sua famiglia, stanno cercando di ridare valore a questa coltura. Partiti nel 2014 con un piccolo terreno e tante pratiche burocratiche da affrontare per favorire la coltivazione di canapa su piccola scala, producono oggi un ottimo olio da autoconsumo. Per la coltivazione non fanno uso di prodotti chimici, il raccolto è fatto a mano e la produzione dipende esclusivamente dalla variabilità climatica della stagione in corso. Anche per questo, può capitare di trovare molti germogli brucati da cervi e caprioli, mentre a maturazione, i tempi di raccolta vanno calcolati oculatamente per anticipare gli agguati diurni degli stormi di uccelli in circolazione.
Dall’altra parte della filiera, sempre nel bellunese, la tessitrice Sarah Sommavilla racconta: “Quando tesso la canapa non so mai quale sarà il risultato, dapprima sembra una stoffa rigida, poi si ammorbidisce al lavaggio e ancora di più con l'uso. Il filato naturale è vibrante, erbaceo, e profuma. Per 10.000 anni è stata stoffa, corda, carta, olio, farina, moneta di scambio. Necessitando di poche cure e zero trattamenti ha preservato la terra, l'ha ammorbidita, arricchita. Un'economia davvero green, che utilizza poca acqua, non inquina, rigenera il terreno e dona la vita.”
Il bellunese sta attraversando un periodo storico non propriamente felice, dovendo fare ogni anno il conto con le decine di giovani che lasciano le terre alte in cerca di opportunità lavorative altrove e un tasso di natalità di appena 6.3 nascite all’anno ogni mille abitanti (ISTAT 2018). A questo trend, se ne aggiunge un secondo, altrettanto preoccupante: le “nuove” condizioni climatiche stanno infatti consentendo l’impianto di vigneti gestiti secondo le convenzionali pratiche intensive da agricoltori che nel bellunese vi hanno intravvisto un “El Dorado” del prosecco. L’eredità che ne consegue può essere molto amara, con tutte le conseguenze che trattamenti a base di fitosanitari, anticrittogamici o dosi massicce di zolfo ramato possono lasciare su terreni e corsi d’acqua.
Ecco perché vale la pena sapere che un ritorno alla coltivazione di piante resistenti e legate alla storia locale è fondamentale, oltre che possibile. Come Manuela, ci sono numerose altre piccole realtà che antepongono l’ambiente al guadagno, dando importanza alla terra e alla salute dei consumatori. Piante come la canapa che non richiedono l’applicazione di pesticidi e danno la possibilità di riportare in vita i saperi, oltre che i sapori, di un tempo, sono vie percorribili per fare un passo verso una montagna viva e sostenibile. Come dice Sarah Sommavilla, “Grazie canapa, grazie di essere resiliente alle economie del profitto, del consumo, grazie di essere così forte, durevole ed indistruttibile.”
Lucia Michelini, classe 1984, è una professionista bellunese che si occupa di ambiente ed educazione.