Europa: un miliardo per la difesa, briciole ai Corpi di pace

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Un miliardo di euro per la ricerca nel settore della sicurezza, sarebbe quanto l'UE ha intenzione di stanziare per il finanziamento di progetti di ricerca dedicati a potenziare essenzialmente l'industria europea di difesa e dual-use, ovvero le applicazioni civili e militari. Finanziamenti che dovrebbero essere disponibili dal 2007, nell'ambito del futuro programma europeo di ricerca nel settore della sicurezza (ESRP). Questa decisione presa molto rapidamente è da considerarsi una prima risposta al gap di investimenti e ricerca che l'Europa ha rispetto ad altri attori internazionali, soprattutto gli Stati Uniti. Nei fatti, è assai scarso lo spazio dedicato agli interventi civili e praticamente nessuno alle attività di ricerca nel settore della prevenzione e gestione civile dei conflitti. Il Parlamento Europeo l'anno scorso ha approvato una nuova linea di budget che grazie a un subemendemanto potrebbe essere lo spiraglio con cui finanziare prime missioni di corpi civili di pace. La Commissione però, visto che la definizione di tale linea è obiettivamente confusa e di difficile gestione, ha fatto rimbalzare il dossier tra gli uffici, con un pericolo di insabbiamento.

Di forte interesse è lo studio di fattibilità per la realizzazione di una missione di caschi bianchi da parte delle amministrazioni pubbliche locali realizzato dal Centro Studi Difesa Civile (CSDC) in collaborazione con la Provincia e il Comune di Ferrara. "Dobbiamo ammettere, però, che chi sostiene la difesa e la sicurezza civile come indispensabile integrazione al militare, deve oggi pagare lo scotto della scarsa attenzione posta al ruolo che le tecnologie possono avere nel rafforzare l'approccio nonviolento e nonarmato, che è solo in parte dovuta alla scarsità delle risorse a disposizione" sottolinea Matteo Menin, responsabile delle politiche europee del Centro Studi Difesa Civile, che continua - "vi è infatti una tendenza crescente, in Europa e negli stati membri, a mescolare sempre più spesso strumenti civili e militari: pensiamo alle operazioni umanitarie affidate agli eserciti, alle azioni militari affidate società di mercenari, all'affievolirsi della separazione fra azioni militari e di polizia in un contesto in cui la risposta al terrorismo si è concentrata quasi esclusivamente sulle azioni repressive, e tutto questo quando i principi fondanti il diritto internazionale ed il ruolo delle Nazioni Unite vengono messi da parte". E proprio le Nazioni Unite contano un progressivo aumento da 59.000 a 82.000 delle proprie forze impiegate in operazioni di mantenimento della pace. Ma la maggior parte dei paesi occidentali si mostrano reticenti ad apportare risorse umane, in particolare per ragioni politiche e di sicurezza, e relegano la funzione di peacekeeping soprattutto ai paesi in via di sviluppo.

Secondo il quotidiano britannico Financial Times il segretario generale dell'Onu Kofi Annan sta esaminando la possibilità di assumere forze private di sicurezza, ma una smentita arriva da David Harland, del Dipartimento di operazioni di mantenimento della pace. Lo scorso aprile, il governo degli Stati Uniti ha raccolto applausi per la proposta di creare nei prossimi cinque anni una forza multinazionale permanente per il mantenimento della pace che sarebbe composta da 74.000 soldati essenzialmente non statunitensi. Si calcola che tra il 65 e il 75 per cento dell'iniziativa verrebbe finanziata dai sette paesi più industrializzati del mondo.

L'iniziativa intende "ampliare la capacità mondiale di passare per l'Onu o altri", ha affermato il sottosegretario alla Difesa statunitense, Douglas Feith. Peter W. Singer, esperto dell'istituzione Brookings, ha chiesto cautela da parte della comunità internazionale quanto alle forze di sicurezza private. "La nascita di un traffico mondiale di contrattazioni militari, più nota come 'industria militare privatizzata', è uno dei fenomeni più interessanti del settore, negli ultimi dieci anni", ha scritto Singer nell'ultimo numero della rivista "Humanitarian Affairs Review". Queste imprese - ha affermato - operano in oltre 50 paesi, e partecipano ai conflitti in Angola, Croazia, Etiopia, Eritrea e Sierra Leone. Tra il 1994 e il 2000, il Dipartimento (ministero) alla Difesa degli Stati Uniti ha firmato più di 3000 contratti con imprese militari private statunitensi, per un valore che ha superato i 300 miliardi di dollari. [AT]

Altre fonti: Centro Studi Difesa Civile

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