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Europa: diritti violati nel Programma dell'Aia
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Il prossimo 5 novembre i venticinque Capi di Stato e di governo dell'Unione Europea si incontreranno a Bruxelles per decidere sull'adozione del cosiddetto "Programma dell'Aia" che delinea una politica quinquennale finalizzata a "rafforzare la libertà, la sicurezza e la giustizia" nell'UE. Ma per Amnesty International l'Unione Europea non sta promuovendo i diritti umani attraverso politiche efficaci, che risultino coerenti e siano sostenute da adeguate risorse. In una lettera aperta Amnesty esprime preoccupazione in merito alla proposta di costituzione di un'agenzia europea sui diritti umani che non dimostra la reale volontà dei singoli paesi ad affrontare la situazione dei diritti umani al loro interno. Come secondo richiamo Amnesty chiede maggiori garanzie comuni in tema di procedimenti penali: il Programma dell'Aia non prevede sufficiente bilanciamento tra la necessità di combattere il crimine in modo efficace e quella di proteggere i diritti fondamentali delle persone.
Altro tema centrale è la legislazione comune in tema di asilo, che secondo Amnesty si sta basando su un basso livello di condivisione e per questo sollecita gli Stati membri a modificare la direttiva sulle procedure di asilo in modo da assicurare il rispetto delle garanzie basilari. Gravi considerazioni vengono mosse sulle politiche di lotta contro l'"immigrazione illegale" che vedono le "partnership" con i paesi terzi come principale riferimento degli sforzi per impedire l'ingresso nell'Ue.
"Se l'Ue intende rispettare pienamente i propri obblighi di protezione, vi sono ancora molti aspetti da risolvere riguardo alla dichiarata ambizione dell'UE di controllare l'immigrazione, fornire assistenza umanitaria e sostenere il capacity building". La lettera aperta di Amnesty International mette in evidenza che le condizioni per la cooperazione dei paesi terzi sono state ammorbidite, con il cambio della formulazione da "seguire gli obblighi della Convenzione di Ginevra" a "dimostrare il sincero impegno a seguire gli obblighi".
E da Bruxelles un cartello di 138 organizzazioni, 98 rappresentati di partiti europei e 79 esponenti della società civile organizzata lancia un appello contro la creazione di "centri di assistenza" alle frontiere dell'Europa in cui sarebbero depositati, addirittura rinviati tutti gli stranieri che tentano di accedere al territorio europeo, chiedendo asilo o per altri motivi, per cercarvi una protezione o una vita migliore. "La proposta dei Ministri degli Interni della UE rappresenta un regresso senza precedenti" - hanno scritto le organizzazioni tra cui l'Arci e la Federazione delle Chiese Evangeliche. Presentati con il nome più tranquilizzante di "portali dell'immigrazione" o di "centri di assistenza", i centri di detenzione secondo i dirigenti dell'Ue rispondono ad una preoccupazione "umanitaria": per salvare la vita di coloro che, settimana dopo settimana tentano di raggiungere le coste europee, sarebbe sufficiente rinchiuderli in dei campi dall'altro lato del Mediterraneo.
E sull'accordo concluso con la Libia da parte del governo italiano tornano a parlare Asgi e Amnesty International secondo cui non si sa cosa vi sia scritto, né quali garanzie dovrebbero esserci relativamente al trattamento delle persone rimpatriate, né quali altri controlli possano essere effettuati rispetto al trattamento che la Libia riserverà - e sta già riservando -, alle persone respinte che non sono cittadini libici.
Nella lettera di critiche al Presidente del Consiglio e al Ministro dell'Interno, le due organizzazioni denunciano una serie di violazioni dei diritti umani fondamentali, con precisi riferimenti normativi sia alle norme italiane, sia alle precedenti denunce della Corte Costituzionale e, infine, a norme internazionali. In particolare si denuncia, innanzitutto, l'assenza di notizie e, soprattutto, la preclusione di qualsiasi attività di controllo anche da parte di organismi internazionali quali l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per Rifugiati (ACNUR).[AT]