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Energia: petrolio a picco e l'eolico resta in attesa
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Mentre il petrolio ha raggiunto il nuovo record di 58 dollari al barile portando all'aumento tutti i carburanti legati in Italia si sta zitti sull'aumento dell'oro nero. E' quanto lo scienziato Andrea Martocchia, membro del "Comitato scienziate-scienziati contro la guerra" e della sezione italiana dell'Aspo (Association for the Study of Peak Oil) associazione che riunisce scienziati ed esperti di varie discipline (fisici, geofisici, economisti, ecc) e che monitora a livello globale i problemi energetici, quelli petroliferi in particolare. "Il problema è l'impossibilità ad aumentare la produzione. Per la prima volta nella storia ci troviamo davanti a una situazione per cui la produzione non può più crescere" spiega Martocchia secondo cui ora c'è un problema di costi in quanto occorrono più investimenti per andare più in profondità. Anche su piazze petrolifere importanti, si riesce a produrre di più in percentuali minime, mentre la domanda cresce esponenzialmente. "A seconda delle stime, tra 20 o 30 anni la curva non potrà che essere a un livello inferiore a oggi. C'è chi ritiene che il picco sia già stato superato, altri che sta per esserci, altri ancora che è più lontano. Ma tutti concordano nel dire che entro il 2050 saremo certamente oltre il picco, anche tenendo conto delle stime ottimistiche più estreme. L'Aspo, che è un'associazione di ricercatori, lo prevede nel giro di pochissimo tempo".
A partire da questa analisi si deduce che è necessario investire per avviare il prima possibile una produzione su energie sostenibili, disponibili in loco, che non richiedano l'accesso a paesi che hanno la disgrazia di possederle, con il seguito di guerre e orrori che vediamo tutti i giorni. Greenpeace lancia il rapporto "Offshore Wind - Implementing a new Power House for Europe", secondo il quale l'eolico offshore potrebbe fornire il 10% del fabbisogno energetico europeo entro il 2020. Servono, naturalmente, azioni urgenti sul piano politico, tecnico ed ambientale per costruire centrali ecologiche.
Il rapporto spiega come una rete elettrica europea sia necessaria per integrare le centrali eoliche offshore nel sistema di produzione energetica. "È necessario integrare 70.000 MW di produzione energetica da eolico offshore, l'equivalente di 70 centrali a carbone, nella rete esistente. Servirà quindi una rete sottomarina europea che al momento non c'è. E' una delle risposte che possiamo dare alla minaccia del cambiamento climatico" afferma Roberto Ferrigno, direttore campagne di Greenpeace Italia. L'Europa si avvia ad una profonda trasformazione del proprio sistema energetico nei prossimi anni e l'eolico rappresenta una parte importante del nuovo sistema energetico.
In Sicilia il giudice amministrativo del Tar ha dato ragione alla società Enel Green Power contro la Regione Sicilia che aveva negato l'autorizzazione alla localizzazione di impianti per la produzione di energia eolica. L'insediamento della sequenza di pali e di eliche, la realizzazione del cavidotto e delle vie di accesso al cantiere e delle aree relative, secondo la Regione avrebbe comportato guasti irreparabili al contesto paesaggistico.
Ma il Tar ha richiamato la Regione a trovare un soluzione di compromesso tra le istanze industriali e produttive e quelle di tutela. Se continuerà a vincere queste battaglie l'eolico potrà confermare la tendenza del 2004, con 357 MW installati, avvicinandosi così agli obiettivi posti dal Libro bianco nazionale per il 2010-2012, individuati in 2.500-3.000 MW. Secondo l'Ises, sezione italiana dell'International energy society, la potenza eolica installata lo scorso anno porta il totale a 1.261,46 MW con un incremento annuale di quasi il 40% e di 3 volte superiore all'installato in tutto il 2003.
Del 47% delle emissioni globali di CO2 sono responsabili le nazioni che compongono il G8. Un tema che verrà affrontato dalla riunione annuale prevista in luglio in Inghilterra, paese che ha dimostrato che nel 2003 aveva ridotto le proprie emissioni di CO2 del 14% rispetto ai valori del 1990, e nello stesso periodo ha visto una crescita dell'economia nazionale del 36%. Intanto in Italia è stato presentato il Fondo Italiano per le riduzioni dei gas serra, iniziativa promossa dal Ministero dell'Ambiente, dalla Camera di Commercio di Roma e dalla Banca Mondiale. L'Italian Carbon Fund prevede la possibilità di acquistare riduzioni di emissioni investendo in progetti che apportino benefici all'ambiente e impieghino tecnologie sostenibili nei Paesi in via di sviluppo o con economie in transizione. Come funziona? I partecipanti al Fondo riceveranno una quota parte delle riduzioni di emissioni, proporzionale al contributo dato (pro rata), generate da progetti che il Fondo contribuisce a finanziare. Il contributo minimo previsto è di un milione di dollari rateizzabile. A fine vita del Fondo, il capitale restante sarà distribuito ai partecipanti secondo le quote di contribuzione, a meno di altri accordi con la Banca Mondiale. Ci si aspetta che il Fondo inizi già nel 2005-2006 a rilasciare riduzioni di emissioni, fino al 60% del totale delle riduzioni di emissioni generate al 2012. Per ora è partito un accordo con il Congo a cui faremo 'espiare' le nostre emissioni.[AT]
Altre fonti: Eco dalle città, La Nuova Ecologia