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Emergenza Myanmar
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Immagine: Atlanteguerre.it
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Onu sono circa 450mila gli sfollati del Myanmar di cui oltre la metà dovuti agli effetti del golpe di inizio anno: dal 1 febbraio 2021 infatti sono 177mila nel Sudest e nello Shan meridionale (103 mila nel solo Stato Kayah da fine maggio) cui se ne aggiungono quasi 18 mila sempre da altre aree dello Shan, sfollati sin da gennaio. Altri 20mila sono dello Stato Chin, del Magway e di altre regioni dove infuriano i combattimenti da maggio. Oltre 11mila sono sfollati interni dello Stato Kachin a causa degli scontri armati armati cominciati in marzo.
L’Humanitarian Response Plan dell’Onu prevederebbe un esborso di almeno 270 milioni di dollari ma resta finanziato solo per il 21%. Difficile nascondersi che aiutare gli sfollati è difficile visto che già lo era ai tempo della fragile democrazia birmana quando comunque Tatmadaw, l’esercito fedele alla giunta, controllava o impediva l’accesso in certe zone dell’assistenza umanitaria. Essenziale in una guerra iniziata ormai 5 mesi fa e che, oltre alla resistenza di gruppi di dimostranti in “abiti civili” (le cosiddette People’s Defence Force), vede impegnati eserciti e milizie regionali armate che non si sono piegate al golpe di febbraio (qui l’appello dell’inviata speciale dell’Onu per il Myanmar Christine Schraner Burgener).
L’esecutivo ombra di Aung San Suu Kyi (National Unity Government-Nug) chiede ora “un’assistenza umanitaria ampia e rapida per salvare la vita di chi vive in in Myanmar. “Il recente colpo di stato militare e le atrocità in corso commesse dalla giunta – dice il documento-appello – hanno gettato ancora una volta il nostro popolo in una complessa emergenza politica e umanitaria” con 3,4 milioni di persone senza cibo, 883 vittime e oltre 5mila detenuti politici. Ma c’è un ovvio problema politico. Bypassare la giunta? I problemi stanno a monte delle evidenti necessità di cibo, medicine, assistenza...
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