E tu, di che sangue sei fatto?

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Si conclude oggi un Giro d’Italia del tutto speciale. Un tour che ha disegnato il perimetro dello Stivale con arrivo a Matera ed è stato proposto da FIDAS, Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue, che dal 1959 insegue il desiderio di costituire una comunità di volontari, promuovendo una diffusa coscienza trasfusionale, affiancandosi all’opera del Ministero della Salute per il coordinamento dei servizi trasfusionali italiani e diffondendo storie e opportunità concrete di solidarietà.

Il Fidas Tour 2019 ha preso il via lunedì 24 marzo da Torino, all’indomani del XX Meeting nazionale Giovani, e arriva oggi al traguardo, 26 aprile, in concomitanza con l’apertura del 58° Congresso Nazionale della Federazione.

Perché organizzare un percorso intorno alla Penisola? Non bastava il solito spot per le donazioni? No. E non perché quelli tradizionali non siano strumenti di comunicazione efficaci e utili. Dalle 25 tappe del Tour, però, preceduto da esperienze simili e vincenti come il FIDAS Coast to Coast nel 2013 e il FIDAS On the Road nel 2014, è confermata con decisione la previsione di FIDAS nell’organizzare la campagna: nella vita, per costruire relazioni ed esperienze di crescita, è necessario incontrarsi, farsi conoscere, condividere motivazioni e paure, mettere sul piatto progetti e riflessioni. Soprattutto, farsi incoraggiare dal sentirsi parte di una comunità che conta quasi un milione e ottocentomila persone solo in Italia e che ha nel sangue – e lo si può davvero dire – la generosità.

È così che si coglie anche l’occasione per celebrare traguardi importanti, come i 60 anni di vita della FIDAS (#FIDASessanta) che invita alla sua festa non solo i 435 mila donatori presenti in 18 Regioni d’Italia con 72realtà associative aderenti e1156 sezioni, ma chiunque comprenda l’importanza e al tempo stesso l’urgenza di diffondere un messaggio che rimane sempre attuale: il bisogno di sangue non ha scadenza, ed è fondamentale perché il futuro sia quello di tutti, non solo quello di qualcuno. Per garantire prospettive e salute a chi ne ha bisogno, ma anche per mantenere attiva l’autosufficienza nazionale per sangue, emocomponenti e medicinali plasmaderivati, fondamentali per coloro che ogni giorno hanno bisogno di terapie trasfusionali.

Oltre ai giovani e alle scuole che, come ha ribadito il presidente nazionale Aldo Ozino Caligaris, rimangono tra i destinatari principali della campagna FIDAS, il tour ha proposto attività di sensibilizzazione a tutto tondo, che hanno previsto il coinvolgimento delle istituzioni locali e la costruzione di preziose sinergie con altre realtà che abbiano il desiderio di condividere un’esperienza di solidarietà concreta e alla portata di tutti. Magari anche lasciandosi emozionare dallo spot realizzato per affrontare il tema con un linguaggio inedito come quello della danza, che mette in circolo un messaggio di speranza tra le arterie della società, non solo in quelle del corpo.

Tutti noi siamo potenziali donatori, ma anche potenziali fruitori di trasfusioni: una constatazione che ci invita a far sostare il pensiero sulla delicatezza del nostro stare al mondo, sulle fragilità che ci caratterizzano, diverse per tempi e modi, ma sempre possibili e in potenza. Un gesto quindi, quello della donazione di sangue, che attraverso lo spot dedicato non diventa un’adesione alla causa specifica di un’istituzione, ma una presa in carico di responsabilità a livello sociale, di comunità. 

C’è una cosa, in questo spot, che manca: quel senso di colpa foderato di pietismoche invade l’animo di chi, davanti ad appelli di sostegno anche economico, non avendo ancora donato per le ragioni più varie e personali, si sente comunque e irrimediabilmente in difetto. Nello spot di FIDAS non c’è nemmeno l’ombra dei sottili rimproveri tipici di ancora molte campagne di comunicazione sociale. Qui c’è aria nuova, che trasmette forza e positività. 

Nel comunicato stampa ufficiale si legge “Non c’è nulla di eroico nell’attività del donatore di sangue che semplicemente è una persona che compie responsabilmente un’azione a favore degli altri e di se stesso”. Non sono d’accordo. Siamo abituati a pensare agli eroi come a figure intrise di superpoteri fisici o psicologici, che compiono grandi azioni in modo vistoso ed eclatante, questo è vero. Di certo chi dona il sangue non appartiene a questa categoria di figure mitologiche o contemporanee, ma comunque, lasciatemelo dire, superate. Ciò non toglie che gli eroi dei giorni nostri possano ancora portare questo nome con orgoglio, anche e soprattutto quando nessuno li chiama per nome. Eroe oggi è e rimane chi mette in circolo energia. Che non è solo un invito a quello che si può fare, ma è anche il risultato, quello che succede quando ci si lascia contagiare dalla vita, che nel dono volontario, anonimo, gratuito e non remunerato raggiunge una delle sue massime espressioni.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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