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È sufficiente piantare alberi per risolvere la crisi climatica?
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Foto: Unsplash.com
Ho la sensazione che si stia facendo confusione, forse presi un po’ dal panico per ciò che abbiamo causato. Sappiamo che la nostra impronta sul pianeta è incredibilmente pesante ma il panico ci porta a tentare di risolvere gli scompensi causati mettendo delle pezze invece di andare diritti alla fonte del problema. Si rischia, in questo modo, di falsare il periodo storico che stiamo vivendo con l’illusione di aver preso per mano il futuro dei nostri figli senza in realtà aver fatto nulla di concreto.
La COP 26 è stata giudicata un mezzo fallimento, un bicchiere colmo di auspici, ma povero di impegni concreti. Anche in questa occasione, però, una voce si è alzata verso la necessità di piantare alberi nel mondo, addirittura diverse centinaia di miliardi di alberi. Perché l’albero – e questo è ineluttabile – è uno strumento di naturale mitigazione del contenuto di anidride carbonica nell’atmosfera grazie al fatto che con quell’anidride carbonica la pianta vive, costruisce quelle sostanze che ne permettono la crescita. È sufficiente piantare miliardi di alberi entro il 2030? Qualcuno usa l’aritmetica e rivela che ogni giorno si dovrebbero piantare decine di milioni di alberi in ogni dove per raggiungere risultati così ambiziosi. Di certo rappresentano lo strumento che più rapidamente ci permetterebbe di rasserenare la coscienza.
Sappiamo bene, però, che l’unico serio contributo per affrontare la crisi climatica viene dal cambio di stile di vita dell’uomo che vive un ecosistema fatto di moltissimi altri esseri viventi. Basterebbe già prendere consapevolezza di essere solo parte di un sistema più complesso per cambiare prospettiva.
Piantare alberi sì, ma non solo
Intanto, dovremmo pensare anche alla qualità dei nostri suoli, sempre più degradati dalla chimica di sintesi che mette a dura prova la fertilità e l’attività naturale del sottoterra in cui trova riparo anche una buona fetta della anidride carbonica che produce l’uomo. Il suolo è una risorsa non rinnovabile, può avere natura diversa e cambiare le sue caratteristiche ma solo l’uomo con modelli di gestione non sostenibili ne può alternare irrimediabilmente le funzioni. La difesa della qualità dei suoli, della loro struttura fisica e chimica, è strumento di rafforzamento della loro capacità di trattenere il carbonio. Così come i nostri mari, spesso abbandonati all’inquinamento e al degrado causato dalla pesca industriale che distrugge la sua vegetazione, ignorando che è fondamentale per l’ossigeno del pianeta. E allo stesso modo i pascoli polifiti permanenti che dovremmo sempre più rafforzare facendo uscire gli animali dalle stalle intensive in cui non c’è mai alcun rispetto per il bestiame. Anche questa parte importante del nostro ecosistema può giocare un ruolo significativo nella mitigazione dell’effetto dell’emissione di gas serra in atmosfera.
Dunque, alberi si, certamente, ma anche altro. E sarebbe un errore concentrarsi sul numero di alberi perché bisogna soprattutto pensare al come. Piantare un albero sbagliato potrebbe fare un danno invece che garantire un vantaggio. Non si può pensare di costruire un’azione di diffusione così capillare della presenza di alberi nel pianeta senza parlare di una corretta pianificazione che parta dalla scelta della specie e dall’analisi della vocazionalità ambientale. Ogni ambiente ha le sue caratteristiche, ogni specie arborea vive bene in determinati ambienti. E poi c’è la biodiversità strumento centrale per il contrasto al cambiamento climatico, sia quando parliamo della biodiversità coltivata che quando parliamo della biodiversità arborea che ci aiuta a mitigare le nostre cattive abitudini di abitanti del pianeta. Piantare alberi senza una corretta pianificazione significa rischiare di compromettere la buona azione che vogliamo compiere facendone pagare le conseguenze all’efficienza del sistema...