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Dove crescono l’amore, lo stupore e la saggezza
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Non sono mai stata molto brava con i pennelli. Adoro i colori, le forme e le consistenze di disegni e pitture, ma preferisco ritrarre con le parole, provare a raccontare storie per lettere anziché per immagini, conducendo così la mia personale e pacifica battaglia contro i mulini a vento di questo mondo sempre più immediato, dove le foto spesso dicono in un attimo quello che con le frasi si impiega minuti a evocare.
La storia breve che provo a raccontarvi oggi è quella di Lia Grippo, fondatrice e direttrice di un asilo a Santa Barbara che nel nome raccoglie tutte le sue intenzioni: Wild Roots, radici selvagge. E’ la versione americana di quello che in italiano chiamiamo “asilo nel bosco”, un’occasione di pre-scolarizzazione che si innesta in un movimento educativo che ha trovato spazi e sostegno nella penisola scandinava e in Gran Bretagna specialmente, ma che sta acquisendo sempre più credibilità negli Stati Uniti, in Canada e Australia. E anche in Italia.
La prima e più evidente differenza con un asilo come siamo abituati a concepirlo è data dal luogo di incontro, un posto dove “il cielo è il nostro soffitto, gli alberi le nostre pareti e il pavimento è la Terra pulsante”. In pratica, un asilo all’aperto, che combina con la tutela ambientale le idee di pensatori e pedagogisti illuminati sui temi dell’educazione, ruotando attorno alla persona ed essendo principalmente basati sul gioco (si pensi a Piaget, Steiner e Vygotsky per esempio). Recenti ricerche, tra l’altro in un campo che si sta sempre più espandendo, confermano gli effetti positivi della natura sul benessere dei bambini, e sono affermazioni che solo buon senso e tradizione potrebbero avvallare se non fosse che spesso, per noi incredule e sospettose anime contemporanee, non bastano. L’idea di base di questo filone di ricerca sta nella semplice constatazione che la natura e lo stare in mezzo alla natura abbia effetti molto positivi sui bambini, in particolar modo nel renderli creature buone nei confronti del mondo.
L’esperienza personale di Lia Grippo conferma esattamente queste considerazioni: “Gran parte di ciò che succede nei primi anni dell’infanzia afferisce a una “pre-memoria” che si situa nel profondo di ogni persona. Questo fa sì che un bambino cresciuto in mezzo alla natura non perda la propria connessione con essa anche nel caso ne venga allontanato”.
E non è tutto: come è stato dimostrato soprattutto da studi aventi come oggetto la pet therapy, è frequente che bambini che abbiano difficoltà relazionali e di apprendimento in aula, non le manifestino invece all’aria aperta. Fin dal 1996, anno della fondazione del primo asilo, in parte ancora legato a una struttura classica, Lia ha notato che proprio quei conflitti che in classe tendevano a emergere, nel bosco diminuivano notevolmente. Dal suo spirito di osservazione e dalla convinzione che la strada fosse quella giusta, è nata la decisione di trasferirsi all’aperto “a tempo pieno”, all’inizio con ovvie difficoltà legate per lo più a questioni assicurative. Ma la sfida raccolta ha dato presto i frutti sperati, e oggi alla Wild Roots i bambini si arrampicano sugli alberi, imparano a riconoscere la quercia velenosa, incontrano animali vivi e anche morti e accendono fuochi perfino sotto la pioggia. Sviluppano una sorta di saggezza innata, che li spinge a non cercare di farsi male: permettere loro di cadere, di graffiarsi e di prendersi qualche botta - ovvero permettere loro di rischiare - li spinge nel tempo a operare scelte informate. Avvisarli semplicemente di “stare attenti” senza le informazioni necessarie per proteggersi contribuisce soltanto a creare in loro emozioni stressanti, che allertano il sistema nervoso senza contemporaneamente individuarne le cause. Gli strumenti pedagogici utilizzati sono invece altri, che interrogano il bambino su quello che sta facendo, aiutandolo a ragionare sulle possibilità connesse: “il ramo sul quale ti stai aggrappando è vivo o morto?”.
Non si tratta di un cambiamento di mentalità che coinvolge solo l’educazione dei più piccoli, ma a che fare anche con una variazione di prospettiva nel mondo degli adulti, spesso spaventati da quei rischi che loro stessi hanno invece avuto la fortuna di poter affrontare. Lasciare che la comunità - gli asili sono all’aperto e i giochi dei bambini sono dunque “visibili” a tutti - si abitui a questi comportamenti aiuta a costruire relazioni consapevoli e ad attutire le percezioni degli adulti nei confronti della soglia di pericolo.
E questo è evidentemente un bisogno, un desiderio magari inconsapevole o ancora non identificato, una necessità che spinge sempre più genitori a informarsi sulle possibilità offerte dalle proprie zone e sempre più educatori a pensare a nuove sedi di asili nel bosco. Vedere i propri figli crescere a contatto con la natura è un modo per riconnettere i genitori stessi alla loro infanzia e ad apprezzarne gli effetti. Sono momenti gratificanti non solo per i piccoli e per i loro insegnanti, ma anche per gli adulti, che riportano alla luce legami autentici con la terra, mettendo in luce anche le complicate interrelazioni che esistono nella natura, a prescindere da quelle tra la natura e l’uomo. Si impara che si può aiutare, ma anche fare male. Si impara a prestare attenzione e a riconoscere comportamenti abituali, abilità che serviranno nella vita di ogni giorno. Si impara e si coltiva la compassione per le altre creature, ci si impegna a prendersene cura. Più di ogni altra cosa si regala un’opportunità: prima di chiedere agli adulti di domani di prendersi cura della terra, si lascia che imparino ad innamorarsene. Per poi, come invita a fare l’asilo Wild Roots, “incontrare il mondo con meraviglia”.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.