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Diritti umani: Darfur e Abu Ghraib l'emblema delle violazioni
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Il XVmo Rapporto di Human Rights Watch 2005 segnala un "significativo indebolimento" del sistema internazionale di protezione dei diritti umani a causa della crisi nel Darfur (Sudan) dove si registrano 70mila morti e 1,6 milioni di sfollati, e lo "scandalo di Abu Ghraib". "Nonostante la minaccia non sia equivalente" - nota il Rapporto - "solo la risposta decisa a queste atrocità cambierà gli scenari dei diritti umani. Durante la Conferenza stampa di presentazione, Kenneth Roth (direttore esecutivo di HRW) ha lanciato una pesante denuncia: "Il Governo Usa è sempre meno capace di fare pressioni per la giustizia a livello internazionale in quanto non intende praticare la giustizia in casa propria".
Non è un caso quindi che il Rapporto si apra con un approfondimento sul Darfur e Abu Ghraib. "Nella miriade di violazioni dei diritti umani durante il 2004" - scrive il direttore esecutivo Kenneth Roth introducendo il capitolo - "due pongono minacce fondamentali: la pulizia etnica in Darfur e la tortura dei prigionieri ad Abu Ghraib". "La prima rappresenta l'indifferenza della comunità internazionale di fronte ad una delle più inimmaginabili atrocità, la seconda è l'emblema di un governo potente che sorvola una delle proibizioni pià basilari". "L'uso della tortura da parte del Governo Usa nella prigione di Abu Ghraib in Iraq" pone un problema in quanto "il violatore è così potente" - sottolinea Kenneth Roth che ricorda come il Governo Bush abbia perso di credibilità nel chiedere ad altri Paesi di rispettare i diritti umani.
Per quanto riguarda il Darfur, il Rapporto mette sotto accusa l'indifferenza della comunità mondiale: "Il Consiglio di sicurezza dell'Onu - si legge nel rapporto - è stato frenato dal veto di alcuni membri permanenti, veto che non dovrebbe essere applicato nel caso di genocidio e tragedie umanitarie". Hanno pesato in particolare il veto della Cina, "più preoccupata di preservare i suoi vantaggiosi contratti petroliferi con il Sudan che di salvare migliaia di vite umane". Non meno colpevole la Russia, impegnata in "proficuo commercio di armi con Karthoum". Gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali, poi, hanno passato la "patata bollente" all'Unione africana, lavandosene le mani. Per mettere freno alla pulizia etnica, sostiene il Rapporto, è necessario un intervento dell'Onu nella zona e uno stop all'impunità dei responsabili del genocidio. Per quanto riguarda Abu Ghraib, secondo Kenneth Roth "il caso è emblematico di un governo strapotente che aggira e calpesta un divieto basilare".
Gli "interrogatori coercitivi" avvallati dall'amminsitrazione Bush hanno aperto la strada a una serie di gravi abusi fisici e mentali ai danni dei detenuti iracheni. Da Abu Ghraib a Guantanamo (definito da un recente documento di HRW "il Triangolo delle Bermuda dei diritti umani") l'approccio degli Usa alla questione "terrorismo" continua a ignorare le leggi internazionali sui diritti umani. Un fatto che finisce con fornire alibi ad altri Paesi a fare altrettanto. HRW ricorda come la Malesia, invocando Guantanamo, abbia giustificato e praticato la detenzione senza processo. E come l'Egitto abbia difeso la propria "legge di emergenza" sul terrorismo, lesiva dei diritti, facendo riferimento alla legislazione antiterrorsimo degli Usa.
Il Rapporto 2005 presenta inoltre il quadro delle violazioni dei diritti umani in 64 Paesi e, oltre ai rapporti suddivisi per singolo Paese, offre quattro approfondimenti su: la crisi nel Darfur, lo scandalo nel carcere di Abu Ghraib, religione e diritti umani, le differenze sessuali e l'attacco "culturale" ai diritti umani. [GB]
Fonte: Human Right Watch