Costruire 42 gabbiani (di legno) sognando la libertà

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Foto: Pexels.com

Un giorno è entrata nel nostro salone del carcere di Port’Aurea di Ravenna (Ra) una ragazza. L’educatrice del carcere dove stiamo scontando la pena, Daniela Bevilacqua, ci ha spiegato che aveva intenzione di creare insieme a noi un progetto artistico. Era un’esperienza nuova per tutti. Lì per lì eravamo un po’ stupiti, ma chi vuole fare un progetto artistico in carcere? Poi dalla sorpresa siamo passati alla curiosità e abbiamo ascoltato il racconto. Giorgia Pettinari, in arte Pettigio, è una giovane di Senigallia (An) che ha studiato a Ravenna alla scuola di mosaico e si è laureata all’Accademia di Belle Arti. Ci ha fatto subito una bella impressione, si capiva che amava l’arte in generale, nelle sue forme, e che era appassionata del suo lavoro. Sorridente, un po’ timida, Giorgia si è fatta spazio e ci ha spiegato cos’era «L’eco del fiume», un progetto di arte urbana da lei ideato, nato con il desiderio di far rivivere il passato di città d’acqua di Ravenna. Nonostante Giorgia non sia di Ravenna, proprio come alcuni di noi, si è innamorata di questa città. Come far rivivere il passato? Attraverso un’installazione temporanea in una caratteristica via del centro storico, dove un tempo scorreva davvero un fiume, il Lamone. La via dove avremmo costruito insieme a Giorgia il nostro progetto si chiama Vicolo Gabbiani. 

Sorpresi dalla giovane età di Giorgia e dalla sua buona volontà di renderci partecipi, sette di noi si sono iscritti al progetto «L’eco del fiume». Nonostante solo due di noi avessero già lavorato il legno o dipinto, ci siamo subito sentiti a nostro agio. Il nostro compito era quello di realizzare a mano 42 gabbiani di legno, ciascuno dipinto in modo diverso e unico. Lavorare insieme è stato veramente bello, più stavamo dentro al laboratorio interno alla Casa Circondariale di Ravenna, più i gabbiani prendevano forma e più il progetto dell’Eco del fiume ci prendeva. A volte ci sembrava di costruire proprio un’opera d’arte, questi gabbiani erano leggeri e con le ali lunghe, ci davano una bella sensazione e avevamo voglia di vederli finiti.  

Giorgia diceva che era merito della nostra forza, della nostra energia di detenuti, che si sprigionava per realizzare un vero stormo di gabbiani liberi, sospesi tra sogno e realtà. Ovviamente il confronto fra noi, chiusi in carcere, e i gabbiani, liberi in volo, ci dava forza e ci faceva anche sognare la libertà, come nel libro di cui ci ha parlato la direttrice Carmela De Lorenzo, Il gabbiano Jonathan Livingston. Per realizzare i gabbiani ci abbiamo messo cinque mesi. Il laboratorio era sempre rumoroso e pieno di vita, si sentivano muoversi le tavole in legno, i seghetti traforavano, i colori, i pennelli...Non vedevamo l’ora di vedere l’installazione. I nostri gabbiani hanno preso il volo nel mese di ottobre. Soddisfatti ed entusiasti del lavoro svolto, abbiamo avuto un certo rammarico per non poter essere lì con Giorgia, il giorno dell’inaugurazione, a presenziare. Ci hanno raccontato che chiunque passava di lì, lungo il Vicolo Gabbiani, alzava gli occhi ai cielo, turisti, passanti curiosi, residenti, tutti ammiravano i nostri gabbiani sospesi in volo (nella foto) tra le mura degli edifici del centro storico e ascoltavano un audio che trasmetteva i suoni dell’antico fiume. Dev’essere stato proprio bello! Il rumore del fiume doveva riportare i passanti a una dimensione antica, come se tornassero al passato. Abbiamo poi visto le foto dell’inaugurazione, tutto è andato a buon fine, il risultato è stato ottimo: e chi l’avrebbe mai detto?!

Grazie Giorgia, grazie a chi ha permesso tutto questo. Un po’ è anche merito nostro, se questo eco del fiume è stato apprezzato. Siamo consapevoli di aver dato tutti noi stessi come contributo, perché abbiamo creduto in questo sogno. Il progetto ci ha fatto crescere e ci ha dato la forza di non smettere di credere che nella vita si può cambiare.

Emanuel Bianchi da Corriere.it

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