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Congo: la figura dell'Onu nel riacceso conflitto
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Si sono interrotti i combattimenti a Kanyabayonga nel Nord Kivu tra l'esercito regolare congolese e i gruppi di militari dissidenti che secondo il governo di Kinshasa vedono l'appoggio dei soldati rwandesi. In un incontro con il governatore del Nord Kivu Serufuli, una delegazione degli ufficiali ammutinati si è recata a Goma per incontrare la delegazione governativa arrivata da Kinshasa. La Missione delle Nazioni Unite in Congo (Monuc) ha ribadito di aver inviato a Kanyabayonga due squadre di 'caschi blu', provenienti da nord (Lubero) e da sud (Goma). Intanto il ministro per la cooperazione del Belgio (ex potenza coloniale), Amand de Decker, ha cercato di gettare acqua sul fuoco soprattutto nelle relazioni tra Congo e Rwanda, accusata di essere, a vario titolo, dietro le violenze che sono tornate a sconvolgere l'est congolese. Il ministro belga ha però sottolineato che se la situazione dovesse degenerare il suo Paese e gli altri partner europei sono pronti a reagire e a fare pressioni nei confronti del Rwanda. Decker ha citato l'esempio della Svezia che ha deciso di congelare gli aiuti politici ed economici verso Kigali.
Le tensioni fanno seguito alle dichiarazioni rilasciate alcune settimane fa dal presidente del Rwanda, Paul Kagame, il quale aveva minacciato di invadere il Congo - come già accaduto nel 1998 - per dare la caccia alle milizie Interahamwe e agli ex-soldati rwandesi (Far) - entrambi considerati responsabili dei massacri del 1994 - che dai loro campi-base nelle foreste congolesi stavano preparando nuovi attacchi contro il Rwanda.
Secondo il governo congolese di transizione, insediato a Kinshasa, da più di un anno, si prevede una guerra contro il Rwanda. Prospettiva disastrosa quest'ultima, alla luce anche dei calcoli fatti dall'International Rescue Commitee, secondo cui oltre 3.800.000 sarebbero le persone morte in Congo negli ultimi sei anni di guerra. Il vescovo di Butembo-Beni (Est della RDC) monsignor Melchisedec Sikuli Paluku, ha lanciato un appello per far cessare immediatamente gli scontri e ridare sicurezza e stabilità alla popolazione.
Il 'Coordinamento per la Pace in Congo', rete informale di molteplici associazioni ha rilanciato insieme alle 40 Associazioni della Rete Europea per l'Africa Centrale (EurAC) un appello affinchè sia bloccata sul nascere la nuova avventura militare del governo rwandese nella Repubblica Democratica del Congo, in particolare nel Kivu. "Cessi lo sfruttamento delle ricchezze, che vede il Rwanda tra i maggiori esportatori di minerali che non possiede, con la complicità, più volte denunciata dall'Onu, di forze e economiche e politiche internazionali. L'avvio di un dialogo interrwandese, che includa l'opposizione interna ed esterna, come, pur fra tante incertezze, si è realizzato quello burundese e congolese, è essenziale per la stabilità della Regione e la Comunità internazionale ha i mezzi per promuoverlo". Per il coordinamento per la Pace l'opposizione rwandese presente in Congo ex-Zaire chiede di tornare in patria in sicurezza e di partecipare a un reale dialogo nazionale. Negli ultimi giorni la società civile e le confessioni religiose che in questi giorni hanno manifestato nelle città di Bukavu, Kinshasa, Kisangani e Goma e anche con l'attesa di libertà della popolazione rwandese.
Una pace difficile anche per le missioni Onu nei Grandi Laghi che oltre alle frequenti accuse di non essere in grado di proteggere la popolazione civile dagli attacchi dei vari gruppi armati operanti nella zona, sono state travolte nelle ultime settimane dalle pesantissime accuse di stupri, pedofilia e sfruttamento della prostituzione perpetrati contro la popolazione civile dai propri soldati. Ben 150 casi in Congo, solo 2 in Burundi, dove la scorsa settimana due Caschi Blu etiopi sono stati sospesi con l'accusa di aver violentato alcune ragazze locali. Lo scorso mese Kofi Annan è stato costretto ad ammettere gli abusi commessi dalle truppe ONU in Congo, aggiungendo però che le persone coinvolte sarebbero un numero esiguo. Il comportamento non certo esemplare tenuto dai Caschi Blu in Congo non è sfuggito alla popolazione civile, che negli ultimi mesi ha organizzato numerose manifestazioni di protesta per il comportamento dei soldati della MONUC, accusata di essere incapace di bloccare gli scontri in Ituri ed in Kivu anche perché dedita ad attività più "redditizie" quali contrabbando di armi, estorsione, violenze contro i civili, abusi sessuali. [AT]