Congo: alleanza tra i ribelli e difficoltà Onu

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Dietro al massacro di Gatumba, in Burundi, in cui il 13 agosto hanno perso la vita 160 rifugiati congolesi c'è una nuova alleanza tra ribelli burundesi, rwandesi e congolesi che potrebbe destabilizzare l'intera regione. E' quanto emerge da un rapporto dell'ONUB (la missione ONU in Burundi), i cui punti principali sono stati resi noti dal segretario Generale Kofi Annan. Confermata quindi la tesi delle autorità burundesi, che sin dalle prime ore successive al massacro avevano accusato i ribelli Hutu rwandesi e congolesi di aver preso parte all'eccidio.

Questa alleanza potrebbe far aumentare di molto la capacità operativa dei tre gruppi, che potrebbero muoversi tra Rwanda, Burundi e Congo vista anche la difficoltà che hanno i tre stati nel controllare efficacemente le proprie frontiere. Il massacro è stato rivendicato dal Fronte di Liberazione Nazionale (FNL) - l'unico gruppo armato attivo in Burundi - ma tra i sopravvissuti molti dichiarano che erano presenti anche soldati del generale Buya Mabe insieme ai mai mai, i guerriglieri tradizionali congolesi, e interahamwe, gli estremisti hutu del Ruanda, rifugiatisi in Congo dopo il genocidio del 1994. Intanto sono state chiuse le frontiere con il Congo e i circa mille sopravvissuti sono stati condotti dalle forze ONU, in Muramvya e Rutana, a sud-est di Bjumbura, dove i militari delle Nazioni Unite si trovano ad affrontare anche un'emergenza cibo.

Ma anche l'Onu si trova al centro di accese polemiche in quanto il processo di pace avviato lo scorso anno dopo 5 anni di guerra civile sembra infatti sull'orlo del fallimento. In occasione dei funerali delle vittime, lo scorso 18 agosto, 200 persone hanno manifestato davanti all'Ambasciata del Congo e presso gli uffici delle Nazioni Unite a Bujumbura con slogan di protesta tra cui "ONU go home". L'Onu è presente in Congo con 10500 unità della missione di pace Monuc, che si sono dimostrate insufficienti a contenere le tensioni tra le diverse etnie della regione. Il presidente dell'International Crisis Group, Gareth Evanis, ha inviato una lettera ai primi ministri di Sud Africa, Francia, Belgio, Regno Unito e USA affinchè il Consiglio di Sicurezza adotti un'azione decisiva per prevenire il ritorno della guerra. Secondo il presidente dell'ICG, con un esercito debole come quello congolese la stabilità risulta un obiettivo impossibile da realizzare. Monuc dovrebbe incrementare il numero di unità ed essere autorizzato all'uso della forza per proteggere i civili e il personale delle organizzazioni umanitarie. Da Kofi Annan è arrivato la decisione di voler portare da 10500 a 23900 il numero di unità della Monuc, incremento necessario anche a garantire un regolare svolgimento delle elezioni politiche che si terranno il prossimo anno.

Un folto cartello di organizzazioni italiane tra cui Chiama l'Africa, Pax Christi Italia e i Beati i Costruttori di Pace chiedono in un appello che la Commissione indipendente d'inchiesta, avviata dalle missioni delle Nazioni Unite faccia al più presto chiarezza su autori ed eventuali mandanti in modo da non essere alibi per altri crimini o manovre politiche. In Congo ci sono reti intercontinentali che sfruttano illegalmente le ricchezze, offrendo in cambio sostegno economico e militare a una guerra che altrimenti non si spiegherebbe nella sua durata e nel suo dispiegamento di mezzi d'aggressione. Nell'appello viene rivolto all'Unione Europea una richiesta di dare un chiaro sostegno senza ripensamenti al processo di transizione e quello elettorale. Inoltre viene richiesto di far pressione sugli Stati cui appartengono le organizzazioni economiche e finanziarie coinvolte nello sfruttamento illegale delle ricchezze del Congo, come denunciato nei rapporti ONU, perché diano seguito a queste denunce con inchieste giudiziarie e decisioni conseguenti. Tra le richieste riguardanti tutti i paesi della Regione dei Grandi Laghi africani c'è la promozione in sede Onu di un embargo vigilato delle armi, attualmente limitato all'est del Congo. Al governo italiano viene chiesto di farsi portavoce di queste richieste e di adottare una politica estera coerente. [AT]

Altre fonti: WarNews, UN News Center, International Crisis Group

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