Colombia: inchiesta sui sindacalisti uccisi

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Lo scorso 5 agosto ad Arauca in Colombia sono stati uccisi tre sindacalisti per mano del Gruppo di cavalleria meccanizzato e altri due sono detenuti. L'impegno dei sindacalisti era volto a rivendicare i diritti delle comunità con azioni di rivendicazione davanti agli enti locali, dipartimentali e nazionali. In seguito i sindacalisti sono stati perseguitati con false e tendenziose imputazioni in un processo penale che ha visto come conseguenza l'abbandono dell'attività pubblica e il rifugio nelle comunità con la continuazione della attività organizzativa all'interno di quelle. Un coordinamento di organizzazioni sindacali di Arauca rifiuta le dichiarazioni fatte dai comandi militari, nel tentativo di giustificare l'atroce massacro, con le quali affermano che i dirigenti sociali assassinati erano terroristi e che sono stati abbattuti in combattimento. Le organizzazioni sindacali chiedono un'inchiesta che persegua i responsabili di questi fatti e hanno lanciato un appello internazionale per aumentare la pressione via email sulle autorità competenti.

Richiesta rinforzata anche dalla Confederazione Internazionale dei sindacati (Icftu) che in una lettera mandata al presidente colombiano Alvaro Uribe, ha espresso forti dubbi rispetto alla versione fornita dal governo sui fatti del 5 agosto e ha richiesto un coinvolgimento nell'inchiesta delle organizzazioni indipendenti per i diritti umani colombiane. Da segnalare negli ultimi anni i numerosi attacci di calunnia da parte del governo colombiano verso organizzazioni locali e internazionali tra cui la Comunidad de Paz de San José de Apartado, il Collectivo de Abogados José Alvear Restrepo, le Peace Brigades International (PBI) e Amnesty International. Questo ultimo episodio fa salire a 30 i sindacalisti uccisi in Colombia nei primi otto mesi del 2004. Secondo i dati forniti dall'Icftu all'Organizzazione Mondiale del Lavoro, dal 2002 sono circa 700 i campesinos che sono stati uccisi dopo la forte militarizzazione dell'area. Tra i settori più colpiti ci sono quelli dei servizi, dell'agricoltura, dell'industria alimentare, servizi telefonici, minerario e dell'insegnamento professionale.

In Colombia è sotto i riflettori il caso della Coca Cola su cui incombe un processo internazionale e una campagna di boicottaggio che vuole denunciare la politica repressiva della multinazionale responsabile di otto omicidi. Accuse confermate anche da un rapporto della delegazione di New York City che lo scorso gennaio si è recata in Colombia per indagare sulle accuse dei lavoratori della Coca-Cola. La delegazione ha incontrato funzionari e lavoratori della Coca-Cola, come pure diverse rappresentanze governative, dei diritti umani e religiose.

La delegazione ha chiesto alla compagnia di porre immediatamente rimedio alla situazione e fa appello alla coscienza di tutte le persone perché partecipino alla pressione nei confronti dell'azienda per ottenere questo risultato. L'appaltatore per l'imbottigliamento della Coca-Cola, la messicana FEMSA ha rifiutato di trovare un nuovo impiego per i 91 lavoratori, ex lavoratori della Panamaco, che sono stati licenziati dopo che lo scorso anno la produzione è stata fermata in 11 dei 16 impianti di imbottigliamento colombiani. Il ministero della Protezione Sociale ha recentemente autorizzato i licenziamenti, nonostante il contratto collettivo stipulato tra Coca-Cola e il sindacato Sinaltrainal prevedesse che FEMSA dovesse ricollocare i lavoratori rimossi in nuovi impieghi. Più della metà dei lavoratori disoccupati sono leader sindacali. Il conflitto lavorativo arriva nel momento in cui l'azienda sta macinando profitti record. I suoi affari a livello mondiale fatturano 1,3 miliardi di dollari nel primo quadrimestre del 2004, ed è la prima volta che i guadagni quadrimestrali superano il miliardo di dollari. Queste entrate rappresentano un incremento del 35% rispetto allo scorso anno. [AT]

Altre fonti: Organizaciones sociales de Arauca, Rete boicottaggio Coca Cola

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