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Clima? È tutta colpa dell’uomo
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Foto: Pexels.com
Purtroppo ci sono ancora persone che stentano a crederci. Che oppongono resistenza all’idea di avere un peso e un ruolo in quello che sta accadendo, abbracciando invece scenari surreali, dalla “pazza natura” a qualche divino castigo che incombe sulla specie umana dai tempi del peccato universale. Persone che continuano a considerare gli effetti dei cambiamenti climatici da un punto di vista antropocentrico. Il che è vero d’altronde, se si legge questa affermazione con l’uomo al centro, ma delle responsabilità. Lo dimostra una recente ricerca che mette nero su bianco l’impronta dell’uomo sui cambiamenti climatici, segnalando come specifiche attività abbiano alterato la struttura della temperatura dell’atmosfera terrestre.
Le differenze tra le tendenze della temperatura della troposfera e della stratosfera inferiore sono state per molto tempo considerate un segnale dell’impatto umano sul clima, ma queste informazioni mancavano di indicazioni relative alle temperature della stratosfera mediana e superiore, distante tra i 25 e i 50 chilometri dalla superficie terrestre.
La ricerca, intitolata Exceptional stratospheric contribution to human fingerprints on atmospheric temperature e pubblicata sulla rivista scientifica «Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS)», offre nuove chiavi di lettura: “Includere nei dati raccolti le temperature della stratosfera mediana e superiore migliora il grado di analisi: la possibilità di migliorarne la rilevazione è data dal fatto che la stratosfera mediana e superiore mostra rilevanti segnali di raffreddamento causati dall’aumento di CO2 provocato dalle attività umane con minori disturbi legati alla naturale variabilità interna”.
Nella troposfera questi disturbi includono il meteo giornaliero, la variabilità annuale derivante dalle perturbazioni di El Niño e La Niña e naturali fluttuazioni più estese all’interno del clima. Nella stratosfera superiore invece i rumori di variabilità sono minori e i segnali delle variazioni climatiche provocate dall’uomo risultano più chiari ed evidenti così da essere percepiti in maniera più nitida. Cosa significa dunque? Significa che, come si legge nella ricerca, “estendere la rilevazione dell’impronta umana alla stratosfera superiore, con registrazioni della temperatura sul lungo periodo e modelli climatici migliorati, rende virtualmente impossibile spiegare la variazione dei trend nella struttura termica dell’atmosfera terrestre con cause naturali”. Per dirla in maniera più semplice, riprendendo le parole dell’autore principale dello studio, lo scienziato del Dipartimento di Fisica Oceanografica del Woods Hole Oceanographic Institute (WHOI) in Massachusetts Benjamin Santer, “Questa è la più chiara dimostrazione che esiste un segnale del cambiamento climatico causato dall’uomo associato all’aumento di CO2”. Un risultato che, grazie a oltre 30 anni di studi, smentisce quelle posizioni che sostengono che i cambiamenti nella temperatura dell’atmosfera e della superficie terrestre siano naturali, causati o dal sole o da cicli interni al sistema climatico e che zittisce chi pensa che il cambiamento climatico non sia una cosa da prendere sul serio perché parte di meccanismi del tutto naturali.
Uno studio motivato dal lavoro che, ancora nel 1967, impostarono gli scienziati Suki Manabe e Richard Wetherald, che usarono un semplice modello climatico per studiare come la CO2 derivante dalla combustione fossile potesse cambiare la temperatura atmosferica. Il loro modello aveva messo in luce una semplice ma distintiva caratteristica: un aumento nei livelli di CO2 portava a un maggiore accumulo di calore nella troposfera (lo strato dell’atmosfera più vicino alla Terra) e faceva in modo che meno calore arrivasse alla stratosfera, lo strato “confinante” con la troposfera. Questo scenario presentato dal modello, che dava l’esito del surriscaldamento della troposfera e del raffreddamento della stratosfera, è stato confermato poi più volte da modelli più complessi e comparati e verificato sia a livello satellitare sia con strumenti meteorologici.
“Le impronte umane nei cambiamenti della temperatura nella stratosfera mediana e superiore sono eccezionali per vastità e caratteristiche, in quanto differiscono profondamente dalle variazioni di temperatura dovute alla variabilità interna e alle naturali forze esterne e rendono possibile la rilevazione dell’impronta umana su un arco temporale di 10-15 anni” ha confermato Qiang Fu, coautore dello studio e professore al Dipartimento di Scienze dell’Atmosfera dell’Università di Washington.
Come sostengono gli stessi autori della ricerca, il risultato, seppur gratificante per il livello di precisione conseguito, è molto preoccupante perché stiamo di fatto modificando per le generazioni future la struttura termica dell’atmosfera terrestre, senza nessun elemento confortante e con la sola certezza che il mondo fino ad ora conosciuto sia stato modificato per cause in nessun modo naturali.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.