www.unimondo.org/Notizie/Cile-l-APEC-al-vertice-senza-confronto-sociale-60608
Cile: l'APEC al vertice senza confronto sociale
Notizie
Stampa
Il 20 e 21 novembre si svolge in Cile l' annuale summit dell' A.P.E.C., l'organizzazione di cooperazione economica Asia-Pacifico, di cui fanno parte numerosi e importanti paesi dell' area (tra cui U.S.A, Giappone, Taiwan e l' Australia e da ultimo la Russia e la Cina )o per le sue dimensioni, rappresenta oggi la più importante organizzazione che punta a mantenere il livello di crescita regionale e mondiale, rafforzano il commercio multilaterale e la riduzione delle barriere doganali tra le economie membre. Nata nel 1989 a Canberra in Australia, l'A.P.E.C. fin dai suoi primi vertici ha sottolineato l' esigenza di dare forza alla liberalizzazione economica. Fu così che nel 1994 a Bogor in Indonesia si approvò la cosiddetta "Dichiarazione di Bogor sui propositi comuni", dove ci si accordò per l' apertura totale dei mercati nazionali: per i paesi più industrializzati si fissò la data del 2010 mentre per i paesi in via di sviluppo il 2020. L' anno successivo ad Osaka si arrivò a realizzare un' Agenda per realizzare tutte le decisioni sin lì prese. Ma la cosa che balza subito agli occhi è l' enorme disparità fra le economie dei vari paesi membri: si va dalla Papua Nuova Guinea agli stessi U.S.A., passando per paesi come Taiwan o il Cile con i suoi 15 milioni di abitanti e un PNL/pro capite di circa 4.500 dollari.
In occasione della Seconda Conferenza su Commercio Sicuro nella regione APEC, tenutasi in marzo proprio in Cile, il Ministro alla difesa cileno, l' on. Michelle Bachelet ha affermato che: "i mezzi per combattere il terrorismo non possono tradursi in una barriera per il commercio". Nel 2001 a Shanghai durante il vertice APEC, gli Stati Uniti affermavano che si doveva continuare a sostenere la liberalizzazione economica globale ma assicurando un elevato grado di sicurezza ai trasporti di merci e soprattutto di capitali. In terra cinese si definirono quindi le nuove linee strategiche a favore del "commercio sicuro" (un complesso di norme note con la sigla STAR in inglese), cioè impostare una serie di iniziative che limitano la minaccia terrorista, come migliorare il trasporto di merci aereo e marittimo, così come migliorare le strutture di inteligence per sorvegliare i movimenti di capitali. Per quanto riguarda invece i movimenti di persone la linea è sempre la stessa: mano dura contro i clandestini, mentre i cervelli asiatici dell' informatica potranno continuare a lavorare sotto ricatto negli States, così come manodopera a costo zero continuerà a migrare dalle aree rurali verso le megalopoli asiatiche. Ma non bisogna dimenticare che la dottrina di "guerra al terrorismo" ha ricevuto enormi consensi tra l' establishment politico finanziario dei paesi APEC: infatti la facilissima omologazione fra terroristi e opposizione antisistemica presta il fianco a facili repressioni dei diritti civili e politici in nome della sicurezza nazionale.
Ed ecco qui il ruolo del Cile, uno dei pochi paesi latinoamericani che sostiene senza veli le politiche di liberalizzazione e per questo vuole raggiungere gli "obiettivi di Bogor", e allo stesso tempo difendere la versione originale dell' ALCA, opponendosi di fatto a quanto proposto dal Brasile che non vuole svendere le ricchezze nazionali. Ma il modello, definito "light", per poter invece continuare a favorire Washington prevede la firma e la contrattazione di TLC bilaterali, in cui il Cile a partire dallo scorso anno è stato uno dei precursori. Di fatto il Comitato APEC per il Commercio e gli Investimenti ha definito le priorità per l' APEC 2004, senza alcun consulto con le varie espressioni del mondo del lavoro e della società civile. In contemporanea al summit si terrà il Forum Sociale Cileno che ha già raccolto l'adesione di oltre 150 organizzazioni sociali, tra ONG, collettivi, movimenti di cittadini vari. Un percorso aperto e partecipato che ha visto centinaia di iniziative in tutto il Cile, tra seminari, conferenze e tante iniziative culturali. Il tutto inizierà il pomeriggio del 19 novembre con una manifestazione colorata e pacifica a cui seguiranno attività simultanee di dibattito, scambio di esperienze, di coordinamento per azioni comuni, di proposte su un nuovo Cile possibile. Tra le realtà che hanno favorito lo sviluppo dei social forum vanno segnalate Attac e il Coordinamento per la promozione dei Diritti del popolo.
Secondo René Báez, professore di economia alla Pontificia Università Cattolica dell'Ecuador, i trattati di libero commercio che gli Stati Uniti, di fronte alle difficoltà incontrate dall'Alca (Area di libero commercio delle Americhe), stanno cercando di imporre ai Paesi latinoamericani - prima il Cile, poi il Centroamerica e ora i Paesi andini - rappresentano "statuti sovracostituzionali che concedono garanzie e privilegi al grande capitale statunitense e restringono in maniera drastica le libertà cittadine, i diritti umani e la sovranità di popoli e Stati". Tra gli esempi più significativi e allarmanti, Báez cita "l'apertura di tutti i settori dell'economia all'intervento dei capitali stranieri, inclusi quelli considerati essenziali per il benessere della popolazione (come salute ed educazione)" o l'obbligo da parte dei Paesi interessati a "versare cifre milionarie alle imprese statunitensi quando queste non guadagnino secondo le proprie aspettative".
Ma anche l'Unione Europea sta provando a legare con i paesi del Mercosur (Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay) dopo l'interruzione dell'accordo prima della scadenza del mandato della vecchia Commissione europea. A rischiare di più, nei negoziati con la Ue, è senza dubbio il governo brasiliano, oggetto delle convergenti pressioni dell'agrobusiness dei negoziatori europei e dei delegati degli altri Paesi del Mercosur, i cui apparati produttivi sono assai più semplici di quello del Brasile: "l'economia più diversificata, più completa, è quella brasiliana - sottolinea in un'intervista rilasciata a "Carta Capital" l'esperto di politiche agricole internazionali Carlos Mielitz - e dunque è quella che ha più da perdere in una concorrenza aperta con l'Unione Europea. Il Brasile ha un settore industriale più diversificato, un'industria automobilistica ed elettronica importante. Questi settori sarebbero i più fortemente colpiti". [AT]