Catturato Saddam, ma Bush intrallazza con altri dittatori

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Nonostante i proclami della Casa Bianca, la cattura del famigerato Saddam Hussein non è riuscita, almeno per il momento, a contenere l'orribile spirale di violenza che ancora travolge l'ormai desolata terra irachena. Dalla cosiddetta 'fine della guerra', decretata perlomeno in maniera affrettata, sono 321 i militari Usa rimasti uccisi (dopo i 138 caduti in 'guerra') e oltre 2.200 quelli feriti. Inutile dire che la legge della forza, contrapposta alla sapienziale forza del diritto, ha finora causato solo disastri. E mentre il presidente George W. Bush gioisce per la cattura del suo micidiale nemico, il mondo pullula di menti perverse che continuano a seminare morte e distruzione.

Non solo tra il Tigri e l'Eufrate ma anche in altre periferie del villaggio globale. Basti pensare a personaggi del calibro di Joseph Kony, leader dell'Esercito di resistenza del signore (Lra), che nel Nord Uganda non smette di ammazzare innocenti da mattina a sera, nella più totale indifferenza della comunità internazionale, Washington in testa. E dire che il numero uno della Casa Bianca, quando pochi mesi fa visitò l'Africa, si guardò bene dal redarguire il presidente ugandese, Yoweri Museveni il quale, per interessi suoi personali, non ha mai garantito l'incolumità dei civili in quella remota periferia infestata dai crudeli ribelli di Kony. Per non parlare del feroce Teodoro Obiang Nguema, amico di non poche diplomazie occidentali, che nel dicembre del 2002, per l'ennesima volta, ha avuto l'ardire di farsi rieleggere, con inciuci e brogli a bizzeffe, presidente della Guinea Equatoriale. Un personaggio, Nguema, che, oltre ad ammazzare ogni dissidente, ha fatto impazzire, con strane alchimie Vodou, chiunque scrivesse contro il suo regime. Una giornalista spagnola, tanto per fare un esempio, fu costretta a tornare in patria, sotto l'effetto di misteriose sostanze allucinogene, seduta in carrozzella, solo perché stava raccogliendo testimonianze lesive nei confronti del dittatore e della sua cricca.

Quando la verità viene asservita ad interessi economici o geopolitici, essa cessa d'essere verità e diviene inesorabilmente menzogna, una sorta di gelatina fatta solo per celare ingiustizie, sopraffazioni e quant'altro. Ecco che allora, mai come oggi, avvertiamo tutti quel bisogno istintivo di un'informazione libera, decisamente schierata dalla parte della società civile che qualcuno, dietro le quinte, vorrebbe soffocare. Ammettiamolo, proviamo tutti una repulsione immediata nel leggere certi giornali che danno spazio, sempre e comunque, alla voce del padrone.

La MISNA, in quanto agenzia di stampa missionaria, non può tacere, relegando il Vangelo in sacrestia per soddisfare il piacere di certi signori che vorrebbero una Chiesa silente, disincarnata dalla Storia dei popoli. Si domandava il grande Santo e Padre della Chiesa Agostino d'Ippona: 'Remota itaque iustitia, quid sunt regna nisi magna latrocinia?' ('Senza giustizia, che cosa sarebbero in realtà i regni, se non bande di ladroni?'). La citazione, tratta dal celebre 'De civitate dei', esprime un principio sacrosanto che ogni uomo, credente e non credente, è chiamato a difendere, a denti stretti, poco importa se laico, religioso o missionario. Dopo tutto, la cronaca del Sud del mondo non fa che confermare quanto il vescovo africano avesse ragione. Allora, anche Agostino faceva politica? Ebbene sì. e dire che non era né catto-comunista, né catto-americano.
di padre Giulio Albanese

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