Braccio di ferro tra "presidenti" in Kenya

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La gente qui non parla volentieri di quanto sta accadendo nel paese, mi confida un amico kenyano mentre ceniamo con pesce tilapia e brown ugali al Ranalo Foods, un locale frequentato dai Luo nel centro di Nairobi. Si sente defraudata un’altra volta dai leader dell’etnia Kikuyu, il gruppo più numeroso nel paese che detiene il potere con il Presidente Ururu Kenyatta, e teme di non riuscire a controllare la rabbia che sente dentro. Di questa tensione deve aver tenuto conto anche il Presidente, ad Addis Abeba per il Meeting dell’Unione Africana, quando ha deciso di non opporsi con la forza alla manifestazione non autorizzata di martedì scorso 30 gennaio che ha riempito Uhruru Park, la spianata davanti al Parlamento che storicamente ospita le più importanti proteste di piazza.

La polizia in assetto antisommossa, inizialmente schierata nei dintorni della piazza, si è ritirata al crescere del numero dei partecipanti lasciando il posto a una non meno numerosa ma discreta presenza di agenti in borghese. Di fronte a migliaia di supporter Raila Odinga, candidato Presidente della National Super Alliance (NASA) che si è rifiutato di partecipare all’ultima consultazione elettorale definendola una truffa, si è “insediato” autoproclamandosi “Presidente del popolo”. Una mossa simbolica e “distensiva” senza nessun effetto pratico da parte del Leader dell’opposizione, che voleva dimostrare al proprio elettorato di non aver mollato la presa, in maniera deliberatamente provocatoria ma con molta attenzione a non uscire del tutto dalla legalità.

Che il rivale Uhuru Kenyatta non sarebbe rimasto a guardare era chiaro, ma l’entità della reazione, applicata con decisione e con la stessa attenzione a rimanere in un’area grigia di quasi-legalità, è preoccupante. Tre fra le principali reti televisive del paese, NTVKTN E Citizen TV, che erano state “avvisate” dall’Autorità per le Comunicazioni di non coprire con una diretta la manifestazione “sovversiva”, sono state immediatamente oscurate e sono tornate “on air” solo una settimana dopo, nonostante un immediato pronunciamento dell’Alta Corte di Giustizia che chiedeva di rimettere subito le stazioni in condizione di trasmettere su tutto il territorio del Kenya.  Nonostante lo “shutdown” molti simpatizzanti, in particolare nelle roccaforti della Nasa Coalition nell’Ovest del paese verso il Lago Vittoria, hanno potuto assistere alla “cerimonia di investitura” grazie alla diretta streaming delle stesse emittenti.

Nella stessa giornata Fred Matiang’i  - Ministro dell’Interno – ha messo fuorilegge il National Resistance Movement, una componente della NASA che non ha mai nascosto una certa attitudine a modalità di mobilitazione e di protesta aggressive e paramilitari, inserendola nella lista delle organizzazioni terroristiche al pari di Al Shabab e Al Kaeda. Questa mossa ha permesso l’immediato arresto di alcuni dei capi di questa organizzazione, a partire da Miguna Miguna – avvocato vicino a Raila Odinga - autoproclamatosi “generale” del NRM e accusato di essere il principale organizzatore della manifestazione di investitura.  Dopo averlo tenuto in isolamento per cinque giorni, prendendo a pretesto il fatto che aveva acquisito anche la cittadinanza canadese, gli è stato revocato il passaporto kenyano ed è stato obbligato a prendere un aereo diretto in Canada. Altri tredici membri dell’opposizione si sono visti annullare il passaporto, revocare la scorta e il porto d’armi con la giustificazione “non possiamo permettere che dei terroristi che non hanno alcun rispetto per le istituzioni si armino o godano della protezione dello Stato”.  

I principali esponenti dell’opposizione non sono stati però interessati da queste misure e questo spiega forse la loro assenza alla “cerimonia di investitura”, che era stata dapprima interpretata come un mancato appoggio, una frattura all’interno della coalizione. Era infatti apparso molto strano che Odinga si presentasse sul palco senza i principali luogotenenti, in primis il suo vice Kalonzo Mushyoka. Ora è chiaro che la reazione del Governo era prevedibile e proprio per questo i leader della Nasa Coalition sono rimasti nella “legalità”, lasciando che si esponesse solo Raila Odinga, che gode di una popolarità tale da risultare intoccabile anche dalle forze governative. Volevano infatti mantenere intatte le loro possibilità di presentarsi come candidati alle prossime elezioni presidenziali nel 2022. Sanno infatti che Raila non potrà più presentarsi e – considerata ormai persa questa battaglia – si apprestano a preparare la prossima, fra quattro anni.

Intanto la gente del loro schieramento mastica amaro, e si ricorda di un altro tradimento, ai danni di Jaramogi Oginga Odinga, uno degli eroi della battaglia per l’indipendenza, che divenne Vice Presidente subito dopo l’indipendenza in tandem con Jomo Kenyatta – primo Presidente della Repubblica del Kenya. E’ opinione diffusa che Jomo Kenyatta gli avesse promesso la Presidenza, in una specie di staffetta fra i leader storici del paese, ma abbia cambiato idea ritenendolo troppo “populista” e inadatto a guidare il Paese. Arrestato e detenuto per due anni nell’ultimo periodo della Presidenza di Kenyatta, ha sempre avuto un ruolo di oppositore politico anche durante il periodo di “democratura” di Arap Moi, tentando di fondare diverse volte dei partiti di opposizione e finendo più volte in prigione per questo. A continuare la disputa per il potere fra queste due “dinastie” ecco in questi giorni il figlio Raila Odinga che subisce – secondo i sostenitori – un altro tradimento da parte di Uhuru Kenyatta, figlio di Jomo Kenyatta.

Cinquanta anni di lotte di potere con sullo sfondo, oggi come allora, la gente che, incapace di liberarsi della componente etnica, pensa ancora che questi “elefanti” lottino fra loro veramente per il bene comune

Pierino Martinelli

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