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Balcani: media alternativi e crisi di Le Courrier
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In un interessante articolo per l'Osservatorio sui Balcani Ilija Petronijevic svolge alcune considerazioni sul potenziale di cambiamento nei confrontio dei processi di globalizzazione a partire dalle aree cosiddette ai "margini" del sistema mondiale come i Balcani e presenta alcuni dei principali centri, media alternativi e case editrici che nella ex Jugoslavia si occupano di movimenti "alterglobal" e di tematiche legate alla globalizzazione.
"Benché sia difficile sostenere con argomentazioni razionali il ragionamento che vorrebbe i Paesi "periferici" detentori di un maggior potenziale per il cambiamento, nei Balcani ci sono effettivamente importanti centri teorici e di iniziativa all'interno dei quali si produce talvolta anche un pensiero critico sulla questione della globalizzazione" - nota l'articolista. Tra questi segnala, in Slovenia, Radio Student, che nei trentacinque anni di vita si è affermata come un importante centro di produzione di pensiero critico; il Centro Culturale Metelkova che offre lo spazio a diversi gruppi per realizzare i propri progetti; la scuola lacaniana di teoria psicanalitica di Slavoj Zizek (professore alla Università di Ljubljana) che ha avuto una diretta influenza nella formazione di una nuova generazione di intellettuali che non si sono collocati nel quadro della nazione. E ricorda inoltre il portale Kontrapunkt di Belgrado che offre informazioni sulle iniziative che riguardano movimenti alternativi alla globalizzazione nei Balcani e nel mondo e la produzione della casa editrice Samizdat creata in risposta alla chiusura di radio B92 (stazione radio indipendente di Belgrado), durante il regime di Slobodan Milosevic.
E sempre l'Osservatorio sui Balcani segnala che "Le Courrier des Balkans", una delle voci europee più autorevoli sulla penisola balcanica, rischia di chiudere perché nessuna istituzione, pur utilizzandolo, ritiene utile sostenerlo. "Il motivo è la situazione finanziaria - riporta una nota della redazione di Le Courrier - che è ad oggi in una situazione più che precaria". Dal marzo scorso Le Courrier opera senza l'apporto di alcun salariato: la newsletter di Le Courrier e la messa on-line degli articoli, come l'aggiornamento del sito sono garantiti dall'opera di volontari mentre solo alcune delle traduzioni sono retribuite.
Dal 1998 Le Courrier ha saputo attirare l'attenzione dei principali soggetti francofoni della regione: tra i media, le istituzioni governative, le imprese delocalizzate, le Ong, le università tutti conoscono - e riconoscono - il lavoro di Le Courrier. "Ciononostante i contributi finanziari a nostro favore sino ad oggi sono stati quelli di individui singoli, studenti, membri della diaspora, professori, giornalisti. Raramente organizzazioni di una certa forza hanno deciso di contribuire al lavoro di Le Courrier che, ciononostante, è da loro utilizzato quotidianamente" - riporta la nota. "Le Courrier des Balkans può funzionare con un budget annuale minimo di 100.000 euro, cifra microscopica per un'avventura di questo respiro. Attualmente la cassa è a secco e le ultime domande di sovvenzione hanno ricevuto esito negativo. Spetta ora solo a voi, aziende, media, istituzioni governative di permettere a Le Courrier des Balkans di esistere ancora il prossimo settembre". Appello che estendiamo anche ai nostri utenti. [GB]